Archivio della categoria: Perizie e CTU

LE CARTE TRUCCATE DELLA PSICOLOGIA GIURIDICA-I

Circolano in rete innumerevoli carte, protocolli e linee guida messi a punto dagli psicologi giuridici.
Che valore normativo hanno queste carte? Pari a zero.
Che valore scientifico hanno queste carte? Meno di zero. Tranne in qualche caso, non riportano alcuna bibliografia che supporti le affermazioni ivi contenute; le stesse sono solo pareri personali di chi le ha scritte. Si basano ancora sul medievale principo di autorità; ne ho parlato qui.

Ma c’è di più.
La psicologia giuridica italiana vede tra i suoi membri alcuni avvocati e alcuni psicologi-psichiatri-neuropsichiatri infantili in qualità di consulenti.
Gli avvocati che ne fanno parte si ritrovano molto spesso a difendere presunti pedofili, in casi di presunti abusi sessuali sia singoli sia collettivi. Compito dell’avvocato è, ovviamente, quello di difendere al meglio il suo cliente; avvocati che assumono la difesa di presunti pedofili debbono, ovviamente, industriarsi al meglio delle loro capacità per tirare fuori dai guai il proprio cliente. E fin qui non ci piove.
Le cose cominciano a essere meno logiche quando questi avvocati, e i loro consulenti, spacciano per protocolli o carte o linee guida a tutela dei minori quelle che sono, necessariamente, carte, protocolli, linee guida per difendere al meglio i propri clienti; che sono, non va dimenticato, presunti pedofili e, più di recente, presunti violenti o maltrattanti in famiglia.
Si tratta di manipolazione pura e semplice.

Ma c’è ancora di più.
In molte di queste carte vengono espresse opinioni che oltre a non essere supportate da riferimenti bibliografici precisi e puntuali, contengono concetti non corrispondenti ai documenti ufficiali, cui pure fanno riferimento, o totalmente privi di validità scientifica.
Prendiamo l’esempio della cosiddetta Carta di Civitanova Marche; si tratta di un documento che risale al 2012, firmato da una quindicina tra avvocati e consulenti.
A un certo punto si legge:

Nel richiamato art. 9 della Convenzione di New York si legge invece:

Quello che per le convenzioni internazionali è un diritto del fanciullo (“non essere separato dai suoi genitori“) per gli psicologi giuridici e i loro consulenti che hanno firmato la Carta di Civitanova diviene un diritto degli adulti (“diritto di ciascun genitore di non essere separato“).
È questa l’interpretazione che loro danno della legge 54/2006 ed è questo che sostengono nelle CTU e che porta ai disastri che vediamo (bambini allontanati dalle madri protettive e affidati ai padri violenti o abusanti). Perché gli psicologi giuridici e i loro consulenti tutelano i diritti degli adulti e se ne infischiano dei diritti dei bambini; lo hanno scritto chiaramente pervertendo una convenzione internazionale.

Agli psicologi giuridici piace vincere facile; ma per vincere facile bisogna truccare le carte. Ed è quello che loro fanno con estrema disinvoltura.

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SEGUE

IL PIRIPACCHIO

Il termine ‘piripacchio’ (che non significa assolutamente nulla) è stato usato da uno dei più noti talebani della PAS, o alienazione parentale, in una recente esternazione: «se non vogliamo chiamarla “alienazione” chiamiamola “piripacchio”, non importa», ha scritto.
Sarebbe a dire che non importa quale parola si utilizzi, purché il fine della CTU sia sempre quello di togliere i figli al genitore protettivo (di solito la madre) per consegnarlo al genitore violento o pedofilo (di solito il padre).

E costui è uno che ha studiato; immaginiamoci gli altri.
Non ama i dibattiti; infatti scrive pure: «Tutte queste polemiche e questi pubblici dibattiti su “alienazione sì-alienazione no” sono tristemente scoraggianti e non offrono una bella immagine di come sono affrontate le questioni familiari nel nostro Paese, integralmente spostate sul piano ideologico e politico».
Fa finta di non accorgersi che chi è integralmente spostato sul piano ideologico sono proprio quelli come lui che continano a sostenere l’insostenibile, cioè la cosiddetta alienazione parentale, contro ogni evidenza logica prima che scientifica.

E si considera un vero esperto, lui; scrive ancora: «La discussione si è talmente volgarizzata e imbarbarita che i veri esperti che hanno studiato il problema se ne tengono accuratamente fuori, lasciando campo aperto alle rozzezze dei polemisti di varia estrazione».
Cioè, non avendo ormai più argomentazioni per controbattere le critiche contro la cosiddetta alienazione parentale dice che se ne tiene, olimpicamente, fuori.

Eh no! Non può pensare di cavarsela così a buon mercato.
Lui sostiene che: «È ovvio che se un figlio / una figlia rifiuta un genitore maltrattante o trascurante non si può parlare di alienazione e la sua volontà va rispettata».
Sta quindi affermando che maltrattamenti e trascuratezza (io ci metto pure violenza e abusi sessuali) sono criteri di esclusione della cosiddetta alienazione parentale.
Ma poi, nel descrivere i criteri per riconoscere la cosiddetta alienazione parentale, il primo degli otto loro criteri è la cosiddetta ‘campagna di denigrazione’ che comprende, appunto, le accuse di violenza, abusi sessuali, maltrattamenti, trascuratezza. E non può negarlo, lo ha scritto chiaramente in un articolo pubblicato da Psicologia contemporanea, forse lo ha dimenticato, ma noi no.

Questi soggetti devono fare pace con la logica, ovvero con il proprio cervello: violenza, abuso sessuale, maltrattamento, trascuratezza, sono criteri di esclusione dell’alienazione parentale o sono il primo dei cosiddetti otto criteri per riconoscere la cosiddetta alienazione parentale?
Tutte e due le cose non possono essere; A non può essere non-A.
Poi, visto che ha studiato, dovrebbe avere la bontà di spiegar-si cosa c’entrano le strutture dissipative con tutto questo discorso.
No, perché qui l’unica cosa che stanno dissipando, con la cosiddetta alienazione parentale, è l’etica; in omaggio a questo concetto perverso stanno consegnando i bambini proprio al genitore violento o abusante. È vero, fanno molti soldi con questa faccenda dell’alienazione parentale; ma poi che se ne fanno di tanti soldi quando scoprono, per esempio, che una figlia che avrebbe dovuto laurearsi non è nell’elenco dei laureandi perché … non ha sostenuto nemmeno un esame? O, altro esempio, un figlio si impicca a un albero? O uno di loro ammazza il fratello passandogli sopra con l’auto più volte?

Nemesi è sempre in agguato, se lo ricordino.
Non sono le separazioni conflittuali il vero problema di salute pubblica ma la violenza e gli abusi sessuali sui minori, che sono sempre più diffusi in tutti gli strati sociali. Certo, li fanno assolvere i pedofili e i violenti, con le loro carte di Noto, ma poi ci pensa Nemesi a compensare il dare e avere.
Dice bene alla fine, mala tempora … , ma per loro e i loro concetti perversi.

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I TELOMERI E IL RIFIUTO DI UN GENITORE

Cosa sono i telomeri?
È spiegato abbastanza bene qui; una spiegazione più scientifica si trova qui.

Detto questo, cosa c’entrano i telomeri con le separazioni coniugali in cui un figlio rifiuta un genitore?
Praticamente nulla, sono questioni di livello logico differente che non dovrebbero essere confuse tra loro. Ma c’è chi di questa confusione dei linguaggi ne ha fatto un brand; si tratta del pediatra di Varese ossessionato da bigenitorialità, residenza alternata, ecc.
Spinto da questa sua ossessione rastrella il web alla ricerca di studi che possano essere utilizzati per sostenere le sue tesi. Tra questi studi ne ha trovato uno sui telomeri e lo ha citato in un suo articolo pubblicato su una rivista a pagamento; cioè tu gli paghi 1.500 dollari e loro ti pubblicano l’articolo.

L’articolo da lui citato è questo; il titolo in italiano suona più o meno così: “Gli eventi avversi infantili aumentano l’impatto dello stress assistenziale in età avanzata sulla lunghezza e sull’infiammazione dei telomeri“.
Sul momento non ho dato eccessiva importanza a questa citazione, conoscendo la scarsa capacità del soggetto di saper leggere e interpretare la letteratura scentifica.

La citazione, in un testo che sto leggendo, di un lavoro analogo mi ha spinto a rileggere il lavoro citato dal soggetto di cui sopra.
L’obiettivo del lavoro era quello di studiare se l’abuso infantile e altri eventi avversi infantili potessero avere conseguenze durature anche nella tarda età, circa l’infiammazione e l’invecchiamento cellulare, e potessero essere distinti dallo stress cronico per il carico assistenziale riveniente dal dover assistere un familiare affetto da demenza.

Come si vede, nulla a che fare con le separazioni coniugali, la bigenitorialità e la residenza alternata, sue fissazioni monotematiche.
Naturalmente, credo che il soggetto non abbia letto, non dico l’articolo, ma almeno il riassunto; avrebbe così scoperto che l’obiettivo del lavoro non era quello che lui cercava, ma, soprattutto, leggendo l’intero articolo, che per indagare gli eventi avversi infantili gli autori dell’articolo hanno utlizzato la scala CTQ (Questionario sul Trauma Infantile – Childood Trauma Questionnaire).
La scala CTQ è un questionario autosomministrato che consta di 28 item che indagano gli eventi avversi infantili e cioè l’abuso fisico, l’abuso sessuale, l’abuso emotivo, la trascuratezza fisica e la trascuratezza emotiva. Nessun item riguarda il rifiuto di un genitore o la bigenitorialità o la residenza alternata.
Naturalmente, in una Italia caratterizzata da un elevato livello di analfabetismo funzionale ma anche di ignoranza vera e propria, le tesi del suddetto soggetto riscuotono grande consenso nella piccionaia delle associazioni di padri separati e fascio-leghisti.

Ho parlato più sopra di un secondo articolo che ho trovato citato in un libro che sto leggendo. Si tratta di questo; titolo in italiano: “L’associazione della lunghezza dei telomeri con la violenza e le perturbazioni familiari“.
Questo studio dimostra che i telomeri sono di lunghezza ridotta nei bambini esposti a violenza familiare e che hanno anche subito l’allontanamento o una minore frequentazione con il genitore tutelante. Il genitore tutelante ha una funzione di buffering protettivo che contrasta lo stress che porta alla riduzione di lunghezza dei telomeri.

Allontanando quindi il bambino dal genitore tutelante, cosa che i geni psicologici nostrani propugnano nelle CTU, si fa al bambino un danno incommensurabile che lo danneggerà per sempre. Non riescono proprio a capire, questi CTU, che il bambino con il rifiuto di un genitore si sta semplicemente difendendo dalla violenza o dagli abusi sessuali. Non è affatto un bambino alienato, o adesivo, secondo le idiozie più recenti ma solo un bambino che si difende dalla violenza e dagli abusi sessuali.

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LETTERA APERTA ALLA PROF.SSA LILIANA DELL’OSSO

Egregia Prof.ssa Dell’Osso,
([email protected])

ho ascoltato il suo intervento al convegno “Dalla parte dei bambini”, organizzato a Livorno dall’Associazione MdM il 29/09/2019; e sono rimasto inorridito.

Nel breve pezzo del suo intervento pubblicato su Youtube, al minuto 1:18 lei parla della sindrome di alienazione genitoriale (PAS) come di un «disturbo ben preciso studiato nella letteratura scientifica».
Ma sta scherzando?

Una psichiatra del suo livello non può parlare della PAS come di un disturbo perché disturbi, e lei me lo insegna, sono solo quelli previsti dai DSM come tali; né si può affermare che sia ‘ben preciso’ perché i suoi sostenitori (psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali, avvocati, associazioni di padri separati, ecc) pur di continuare a fare business sulla pelle di donne e bambini hanno continuato e continuano a manipolare l’informazione cambiando nome di fronte a ogni contestazione sulla non scientificità del concetto stesso di PAS. Così è divenuto prima alienazione parentale, poi nella mente fertile di qualcuno colonizzazione della mente dei bambini, poi rifiuto immotivato, ecc. Più che un disturbo preciso sarebbe corretto parlare di pseudo-disturbo camaleontico, che cambia pelle ma rimane sempre spazzatura.

Eh, sì, perché così venne definita nel lontano 1985 (leggo dal suo sito che all’epoca lei era ricercatore in Farmacologia, quindi non sapeva nulla di PAS, e dal suo intervento mostra di saperne ancora poco) dal compianto Prof. Paul Fink, che lei avrà anche conosciuto personamente.

Le riassumo un po’ di storia della PAS.
Nel 1985 il Dr Richard Alan Gardner scrisse un articolo su questa nuova malattia da lui scoperta; la rivista che pubbllicò l’articolo non è una rivista scientifica ma una banale rivista di opinioni; niente di scientifico, quindi, ma solo l’opinione personale del Dr Gardner, medico generico, privo di competenze specialistiche psicologico-psichiatriche, privo di formazione clinica, che si spacciava per professore alla Columbia dove invece era solo un medico volontario non retribuito (legga in fondo la correzione del 14 giugno) e che lavorava unicamente nei tribunali come perito di parte dei padri separati danarosi; non dimentichiamo che il suo onorario era di 500 dollari l’ora; negli USA degli anni ’80.
Gardner aveva bisogno del riconoscimento scientifico della sua PAS, dell’inserimento nel DSM e per questo si rivolse al Prof. Fink, all’epoca Capo del Comitato per la revisione del DSM-III. La risposta del Prof. Fink la legge qui, quarto capoverso.
Il Prof. Fink chiarisce che la ricerca scientifica, quella seria ovviamente, ci dice che il motivo per il quale il figlio rifiuta un genitore è il comportamento stesso di quel genitore verso di lui («Science tells us that the most likely reason that a child becomes estranged from a parent is that parent’s own behavior. Labels, such as PAS, serve to deflect attention away from those behaviors.»)

Dopo la pubblicazione del suo articolo del 1985 Gardner venne espulso a vita dall’Università con la motivazione che era ignorante nella disciplina di psichiatria e incapace di ragionare secndo il metodo scientifico. E lei cita un ciarlatano del genere!

Senza portarla per le lunghe, può trovare bibliografia seria sulla PAS qui e qui.

Concludo citandole la dichiarazione del Ministro della Salute del 18 ottobre del 2012, con la quale, acquisito il parere dell’ISS, ha dichiarato che la PAS non ha alcun fondamento scientifico.
Lei ha delle enormi responsabilità istituzionali, non può sostenere una porcheria del genere.

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STELLE POLARI

Come CTP ho seguito alcuni casi a Roma, e altri solo con consulenza. Spesso compariva questo centro di Ostia come struttura dove far seguire le famiglie separate. Non mi sono mai chiesto il perché, non sono un tipo che si fa troppe domande. La vita va così, o così è se vi pare tanto per fare la citazione colta della giornata. Poi riscopri vecchio materiale e le risposte alle domande che uno non si è mai fatte vengono fuori da sole.

Già.

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VA’ DOVE TI PORTA IL VENTO

Per ‘vento’ intendesi una qualche forma di interesse, la fama, la visibilità, o molto più prosaicamente la pagnotta.
Lo spunto per questo post viene dalla relazione tenuta a un recente convegno da una psicologa e criminologa.

La sua relazione, molto apprezzata, si spende contro la violenza sulle donne, con abbondanza di citazioni; peccato però che sia frutto di plagio.
Eh, sì, quello che questa psicologa ha detto nella sua relazione è stato preso di sana pianta da una relazione di CTP di un’altra psicologa romana.

In breve i fatti.
C’è una CTU, la psicologa del convegno è CTP del padre, l’altra psicologa è CTP della madre.
La psicologa del convegno attacca duramente la madre e la sua CTP parlando di un astratto diritto alla bigenitorialità, in presenza di un rinvio a giudizio del padre per violenza in famiglia, contestando il richiamo alla convenzione di Istanbul; ma viene fermata dalla CTP della madre che mette in chiaro, con abbondanza di citazioni bibliografiche, la posizione errata della CTP del padre e della CTU.

Al convegno la psicologa e criminologa si è probabilmente dimenticata di essere stata CTP del padre delle due minori e di aver attaccato la collega, e addirittura l’avvocata della madre dicendo che non lavorava bene, e ha fatto propria la sua relazione, plaudendo alla convenzione di Istanbul; senza nemmeno citare la psicologa CTP della madre.
Addirittura ha fatto propria l’affermazione della sua collega sull’importanza del caregiver primario nello sviluppo dei bambini, cosa che nella CTU aveva invece contestato.

Che dire?
Parlare di plagio è il minimo; nella CTU chi la pagava era il padre e allora bisognava difenderlo, anche occultando la verità.
Al convegno invece bisognava fare una bella figura ma non avendo idee ecco che torna utile la relazione di un’altra psicologa. Poco importa che nella sede della CTU quest’ultima sia stata attaccata in malo modo; tanto chi può saperlo?
Ma il diavolo, si sa, fa solo le pentole.
Una maggiore attenzione alla deontologia professionale non credo possa nuocere.

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IL RIFIUTO IMMOTIVATO O INGIUSTIFICATO

Cominciamo, come all’asilo, con alcune definizioni; per alcuni ce n’è bisogno.

RIFIUTO: è l’atto, il comportamento del rifiutare, del non accettare una persona o una situazione.

IMMOTIVATO: che non è giustificato né spiegato da alcun motivo.

INGIUSTIFICATO: non giustificato, sinonimo di immotivato.

Il contesto cui mi riferisco è quello dell’affidamento dei figli minori dopo la separazione dei genitori, laddove rifiutino la frequentazione con un genitore.
Un po’ di storia.

Sino al 2012 gli psicologi giuridici di fronte a una situazione di rifiuto della relazione con un genitore, come sopra descritta, adducevano a motivazione dello stesso l’insorgere di una malattia che colpiva questi bambini e con loro il genitore non rifiutato.
Strana malattia, quella che colpisce in prevalenza donne e bambini dopo la separazione coniugale, mai prima della separazione, durante la vita coniugale; e che colpisce solo quei bambini che rifiutano la relazione con il padre, e le madri di questi bambini, mai gli altri bambini di genitori separati, o le altre donne separate (questa è la versione originale di Gardner).

La motivazione del rifiuto era quindi identificata in questa presunta malattia che chiamavano sindrome di alienazione genitoriale, PAS.
Cosa è successo nel 2012?
Nell’ottobre del 2012 il sig. Ministro della salute, nel rispondere a un’interpellanza parlamentare proprio sulla PAS, facendo proprio il parere dei ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, dichiarò che la stessa non ha alcuna base scientifica.
Non esiste quindi, né è mai esistita, una malattia che si chiami sindrome di alienazione genitoriale.
Come reagirono gli psicologi giuridici alla sconfessione proprio sul piano scientifico della loro gallina dalle uova d’oro, la PAS? Tirando fuori dal cilindro il concetto di alienazione parentale, giochetto piuttosto datato e facilmente criticabile.
Tra l’altro l’uso del termine ‘parentale’ per tradurre l’inglese ‘parental’, che invece si traduce con ‘genitoriale’, dà l’idea delle capacità manipolative di questi soggetti.

Dal 2012 quindi la motivazione del rifiuto non è più la PAS ma l’alienazione parentale. Ci hanno scritto su questo numerosi articoli, pensando di accreditare questo nuovo concetto.
Di fronte alla numerose critiche, non solo mie, come si può leggere qui, qui e qui, alcuni psicologi giuridici si sono inventati il concetto di rifiuto immotivato o ingiustificato.
Mai sentita cosa più sciocca.
Il rifiuto della relazione è un comportamento e un comportamento, per definizione, ha sempre una motivazione; ne ho parlato a questo convegno a Roma ma soprattutto ho ripreso tali concetti in questo post.

Il loro ragionamento, di una elementarità che fa dubitare delle loro competenze professionali, sembra essere il seguente: poiché la motivazione del rifiuto non è più né la nostra cara adorata PAS né la sua figlia bastarda, l’alienazione parentale, ergo il rifiuto è immotivato e ingiustificato.
Ci hanno fatto persino articolo che vorrebbe essere scientifico; questo concetto illogico si è meritato addirittura un articolo su “Il Messaggero” .
Perché aumentano solo a Roma? Elementare, Watson! Perché a solo a Roma ci sono psicologi convinti di questa assurdità.
La totale mancanza di logica di questo concetto emerge da queste parole di una delle intervistate: «Rifiuti immotivati dunque indotti, gli addetti ai lavori ritengono che troppo spesso un figlio si rifiuti di incontrare un genitore senza alcun motivo. … Aumentano i casi di rifiuto anche perché non esiste il riconoscimento scientifico e giuridico della Pas (sindrome alienazione parentale)».

Concludendo, non può esistere un rifiuto immotivato o ingiustificato; chi, da psicologo, lo sostiene, dovrebbe tornare a studiare sui banchi dell’università (forse anche su quelli del Liceo, per studiarsi meglio un po’ di logica).
Sul rifiuto ritengo illuminante quanto scritto dai giuristi del Centro Studi “Rosario Livatino” di Roma:
«Accreditati studi scientifici frutto di ricerche di psicobiologia nel campo delle neuroscienze affettive insegnano che quando un bambino si sente a disagio con un genitore ed evita la frequentazione con lo stesso, nella quasi totalità dei casi lo fa perché ha paura e la paura – un’emozione primaria, istintiva, non condizionata – è in genere provocata dal comportamento violento (fisico o anche solo verbale) del genitore rifiutato, se non addirittura da abusi sessuali o atteggiamenti che mettono il minore a disagio.»

La paccottiglia para-psicologica proposta da questi psicologi dovrebbe essere per sempre accantonata.

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PAS E GIUSTIZIA

Sottotitolo:
Quando un sostenitore della PAS/alienazione parentale
incontra un giudice con gli attributi
il sostenitore della PAS/alienazione parentale
fa una figura di merda.

Ecco, vorremmo anche in Italia più giudici con gli attribuiti.
La vicenda:
Risale al 6 dicembre 2018 una sentenza della Corte Suprema dello Stato di New York; ne riporto qualche stralcio, quelli più significativi, a mio parere. L’intera sentenza si trova a questo link.

«Altri tribunali di New York hanno espresso lo stesso scetticismo sulla validità scientifica dell'”alienazione genitoriale”. Processo di Montoya v Davis, 156 d.C. 132 132, 136 n. 5 (3 ° dipartimento 2017) (l’appello era preoccupato per il valutatore forense che era stato considerato un esperto di “alienazione parentale”, che non è una diagnosi inclusa nella Quinta Edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali e ha inoltre osservato che, nel contesto penale, la “sindrome da alienazione genitoriale” è stata respinta in quanto non generalmente accettata nella comunità scientifica, citando People v Fortin)

La sentenza riprende il famoso lavoro della prof.ssa Carol Bruch, da me più volte citata:

«La PAS sviluppata e descritta da Richard Gardner non ha basi logiche né scientifiche. È respinta da scienziati sociali responsabili e manca di solide basi nella teoria o nella ricerca psicologica. L’Alienazione Parentale, sebbene più raffinata nella sua comprensione delle difficoltà bambino-genitore, comporta rimedi propri invadenti, coercitivi e privi di fondamento. Gli avvocati, i giudici e i professionisti della salute mentale che si occupano di questioni di affidamento dei minori dovrebbero pensare attentamente e rispondere giudiziosamente quando vengono avanzate affermazioni basate su entrambe le teorie. Sebbene l’uso della testimonianza di esperti sia spesso utile, i giudici devono fare il loro dovere piuttosto che fare affidamento acritico sulle opinioni degli esperti. Ciò è particolarmente vero in settori come la psicologia e la psichiatria, dove persino gli esperti hanno una vasta gamma di punti di vista e professionisti diversi, sia in buona fede sia in malafede, a volte offrono opinioni al di là delle loro competenze. Avvocati e giudici sono addestrati a porre le domande difficili, e questa abilità dovrebbe essere impiegata qui

La storia italiana di questo articolo va raccontata; nel 2011-2012, insieme a una madre separata, laureata in lingue, traduttrice ufficiale per il Tribunale, ottima conoscitrice della lingua inglese, abbiamo iniziato la traduzione di questo aticolo e l’abbiamo proposta ad alcune riviste giuridiche che si occupano di minori. Ci risposero che questo importante articolo non rientrava nei loro interessi editoriali. Riviste che si occupano di giustizia minorile!!

Al processo testimoniò, in favore del padre e quindi contro la madre, la d.ssa Amy Baker, grande sostenitrice dell’alienazione parentale, che individuò ben 17 comportamenti dei bambini e della madre che a suo giudizio erano una spia di alienazione parentale.
Questa la risposta del tribunale:

«Tutto quanto è stato detto e fatto, una lista di punti per queste pietre miliari della presunta “alienazione genitoriale” rivela un miscuglio di fatti contestati. Non ci sono prove schiaccianti di nessuno dei 17 presunti segni di alienazione presentati dagli esperti. Sebbene vi siano prove di comportamenti inaccettabili da parte della madre, l’unica condotta inequivocabile riguarda alcune violazioni dell’accordo e degli ordini, la sospensione di informazioni mediche e il dibattito sulla ragazza e sui procedimenti giudiziari. Sulle altre 13 accuse, non vi è alcuna prova della condotta o non vi è alcuna correlazione tra la condotta e le opinioni delle figlie sul padre

Un’altra testimone in favore del padre e contro la madre è stata la d.ssa Linda Gottlieb, altra grande sostenitrice dell’alienazione parentale. A lei il tribunale così replicò:

«Per questa corte, il commento dell’esperto, a volte, ha raggiunto quasi l’apice della follia: ha testimoniato che una madre che dice ai suoi figli che le mancano quando se ne sono andati è colpevole di condotta alienante e manipolazione. Se è così, ogni madre nel mondo ha bisogno di riprogrammazione. Questi commenti suggeriti da questo esperto – da soli – suggeriscono fortemente che questo esperto, forse ben versato nei libri di testo clinici di “genitorialità normativa”, non ha idea di cosa si verifica nel mondo della genitorialità dopo il divorzio in casi ad alto conflitto. Suggerire che qualsiasi deviazione dalle istruzioni dell’esperto – istruire i bambini mitizzati su come dovrebbero comportarsi e su cosa dovrebbero fare – costituisce un distacco dalla realtà che porta questo tribunale a concludere che questi commenti – e gran parte dell’analisi di questo esperto – mentre forse avanza un ideale a cui i genitori dovrebbero aspirare, è indegna di credito. Questa conclusione è ulteriormente rafforzata perché a questo esperto (e a tutti gli altri esperti che hanno testimoniato) manca un legame con la realtà: non ha mai intervistato le figlie e la sua intera descrizione degli orrori dell’alienazione dei genitori è speculativa come risultato. Questo tribunale rifiuta di accettare questa interpretazione di terapista delle prove tale decisione spetta a questa corte e a nessun altro. Questo tribunale da solo deve rivedere le prove e determinare – non attraverso l’intuizione o il pensiero controintuitivo – se l’alienazione è avvenuta e influenza la vita delle figlie

Nella vicenda intervenne anche un terzo esperto a favore del padre e contro la madre; il tribunale così concluse:

«La presenza degli stessi tre esperti qui – a spese del padre – suggerisce alla corte che la teoria dell’alienazione genitoriale è solo un nuovo strumento nel “complesso di para-psicologia in aula”, come parte di una strategia per rovesciare gli accordi di genitorialità negoziati dal coniuge più aggressivo e con il reddito maggiore

Onestamente, non ho altro da aggiungere.

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LA CARTA DI NOTO E IL PRINCIPIO DI AUTORITÀ

non il possesso della conoscenza, della verità
irrefutabile, fa l’uomo di scienza, ma la ricerca
critica, persistente e inquieta, della verità
.
(K. Popper)

Della carta di Noto, quarta edizione 2017, e delle sue pecche e lacune che la rendono priva di validità scientifica, mi sono già occupato.
Ritorno sul tema per quanto riportato dai giornali in questi giorni, e cioè che, circa i fatti di Bibbiano, vi sarebbe stata la violazione della carta di Noto.
L’espressione è virgolettata, quindi presumo sia tratta letteralmente dall’ordinanza del giudice.
Egregio sig. Giudice, lei sarà a conoscenza che la cosiddetta carta di Noto è ritenuta, per plurime sentenze della Suprema Corte di Cassazione, priva di valore normativo e precettivo.
Riporto dal testo “L’alienazione parentale nelle aule giudiziarie”, pag. 183.

«Come riporta Ugo Fornari nel suo Trattato a pag. 636, più volte la Suprema Corte di Cassazione (Sezione III, 14/12/2007, n. 6464; 10/4/2008, n. 20568; 16/12/2010, n. 15157) si è espressa sul tema affermando che l’inosservanza dei criteri della Carta di Noto che riguardano la conduzione dell’esame dei minori vittime di abusi sessuali non determina nullità o inutilizzabilità dell’elaborato peritale (Fornari, Trattato di psichiatria forense).
Con successiva sentenza del 2014 la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che “in tema di perizia sulla capacità d’intendere e di volere, l’inosservanza da parte del perito delle linee di condotta fissate dalla Carta di Noto per l’espletamento della stessa, non comporta la nullità o la inutilizzabilità della perizia medesima, trattandosi di indicazioni prive di valore normativo” (Cass. pen. s. I, n. 37244 dell’8 settembre 2014).
»

Ma c’è di più.
La carta di Noto non ha alcuna validità scientifica; nel documento citato ho già messo in ampia evidenza i concetti antiscientifici che vi sono espressi.
Aggiungo qui che la mancanza di una bibliografia di riferimento, che supporti le affermazioni ivi contenute, la rende priva di validità scientifica anche dal punto di vista formale, prima che nel merito.
Nel mondo scientifico moderno la scientificità di un concetto, una proposizione, una teoria, non promana dall’autorità di chi la esprime (principio di autorità) ma dagli studi scientifici che la sostengono, dalla letteratura del settore, dalla bibliografia posta alla sua base.
La carta di Noto, e non solo essa, si basa ancora sul principio di autorità, come nel Medioevo; i suoi estensori ritengono, evidentemente, che per riaffermarne la validità sia sufficiente la propria autorità, che non sia necessario corroborare le affermazioni ivi contenute con riferimenti bibliografici che ne dimostrino la validità scientifica.
Ma il principio di autorità appartiene al Medioevo, quando erano sufficienti l’autorità di Aristotele e della Bibbia per sostenere la validità scientifica di una teoria; e guai a chi osava metterla in discussione, si rischiava di essere messi al rogo.

Oggi il rogo è sostituito dalla gogna mediatica.
Queste cose sono spiegate molto bene nel libro di Paolo Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa.
Volendo andare sul semplice si possono consultare i seguenti link, questo e questo, che lo spiegano molto bene.
Volendo andare sul difficile, consiglio Karl Popper, La logica della scoperta scientifica e Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche.
Di recente mi è stato consigliato di leggere qualcosa di Lakatos e Feyerabend, e per ora sto approcciandomi a Sull’orlo della scienza.

Quante sciocchezze sono state sostenute nel passato, sino al Medioevo, e quanti roghi accesi, nel nome di Aristotele e della Bibbia.
La terra era al centro dell’universo e il sole le ruotava intorno (teoria tolemaica); è solo nel 1543 che un prete polacco, Nicolò Copernico, diede alle stampe il suo libro (Delle rivoluzioni dei corpi celesti) che fece crollare tutto il sapere precedente sul moto dei corpi celesti. Ma ne ebbe talmente paura che autorizzò la pubblicazione dei suoi studi solo in punto di morte.
Nella medicina dominavano le idee di Galeno che erano oggetto di insegnamento universitario; tra queste che il cuore avesse tre cavità. Fu uno studente dell’università di Padova, André Vésale, italianizzato in Vesalio, che dimostrò la falsità delle idee di Galeno.
E così via.
La psicologia giuridica è ancora nella fase medievale della costruzione del suo sapere; si basa sull’autorità dei ‘maestri’, che non può essere messa in discussione pena il crollo dell’intero sistema: Gardner per la PAS, Bernet per l’alienazione parentale, Gulotta per la suggestionabilità dei minori, Sartori per l’amnesia infantile, Camerini per le ‘devastanti conseguenze della PAS comunque la si voglia chiamare’, ecc.
Studi alla base di queste affermazioni? Meno di zero, e se citati sono datati e confutati da studi successivi che dimostrano il contrario e che però loro non nominano, li occultano.
Bisogna credere loro sulla parola, un atto di fede, il principio di autorità, appunto, come nel Medioevo.

Ma torniamo alla carta di Noto, che io considero il perfetto salvacondotto per i pedofili e per i genitori violenti. Perché, se si sostiene che i bambini che denunciano abusi non possono ricordarli per via della cosiddetta amnesia infantile (che riguarda invece gli adulti e non i bambini, come ha scritto Freud) e che, quindi, quello che dichiarano è frutto di suggestione, si è, pre-giudizialmente, salvato il pedofilo.
Tra i suoi firmatari, alcuni avvocati esperti nella difesa dei presunti pedofili (nessun intento diffamatorio, è ovvio che chi è indagato per pedofilia abbia diritto alla difesa e ovviamente si rivolgerà agli avvocati con maggiore esperienza), e non c’è miglior difesa di quella che discredita i testimoni; poi alcuni psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili che supportano questa difesa con concetti pseudo-scientifici (PAS, alienazione parentale, amnesia infantile, suggestionabilità dei minori, ecc); infine una giudice di Cassazione che ha sposato in pieno queste falsità scientifiche, ritenendo che un bambino non possa conservare il ricordo di un eventuale trauma, come si può leggere qui alla pagina 82.

La memoria del trauma è, purtroppo, drammatica e indelebile.
Fino a quando i giudici non riusciranno a liberarsi dai condizionamenti antiscientifici della psicologia giuridica i bambini vittime di violenza o abusi, e i genitori protettivi, non troveranno giustizia nei tribunali.

Tornando alla carta di Noto: dire, scrivere, che c’è stata violazione della carta di Noto è un’affermazione che non ha senso alcuno; tutt’al più la stessa può avere valore vincolante solo per i suoi firmatari, come qualsiasi contratto privato (ma sono loro i primi che non la rispettano).
Si ritiene che qualcuno a Bibbiano abbia agito in maniera professionalmente scorretta? Bene, chi lo ritiene faccia un esposto ai rispettivi Ordini professionali e saranno gli Ordini professionali, in totale autonomia, a valutare l’operato degli iscritti, rispettando il diritto alla difesa di chi è soggetto a procedimento disciplinare.
Diritto alla difesa che la gogna mediatica non rispetta affatto; si stanno accendendo i roghi perché l’etica di certa stampa è ancora medievale, è ancora quella di individuare un ‘eretico’ e metterlo al rogo senza processo.
Non è giornalismo questo, sono solo pettegolezzi tra comari che hanno trasformato le piattaforme mediatiche nel classico pianerottolo.

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ASCOLTO EMPATICO E SUGGESTIVO? – I

L’espressione, virgolettata, si trova nel sottotitolo di un articolo pubblicato dal quotidiano L’Avvenire il 9 agosto 2019 e che trovate qui; si tratta di un’intervista a uno psicologo.
Onestamente l’accostamento di questi due termini antitetici mi sembra un po’ stridente; non so se l’espressione sia frutto della fantasia dell’intervistatore o dell’intervistato. Se cerco, come professionista, di suggestionare la persona che ho di fronte, che mi ha consultato, non la sto ovviamente ascoltando ma sto pretendendo che lei ascolti me; per cui il concetto di ascolto suggestivo mi suona strano.
Ma vediamo con calma.

EMPATIA: una definizione che salta subito all’occhio facendo una ricerca nel web è la seguente: «In psicologia, la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona, con nessuna o scarsa partecipazione emotiva».
Se vogliamo andare un po’ più sul difficile ecco la pagina della Treccani: «Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si suole rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung». Si consiglia, ovviamente di leggere anche il resto della pagina.
Anche se un po’ datato, ritengo di fondamentale importanza, per comprendere il concetto di empatia, quanto scrive Galimberti nella sua Enciclopedia di psicologia, Ed. Garzanti.

Empatia (ingl. Empathy; ted. Einfühlung; fr. Empathie).
Capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo. … Il concetto è stato ripreso da K. Jaspers e utilizzato per distinguere la comprensione empatica dalla comprensione razionale: «Quando nella nostra comprensione i contenuti dei pensieri appaiono derivare con evidenza gli uni dagli altri, secondo le regole della logica, allora comprendiamo queste relazioni razionalmente (comprensione di ciò che è stato detto); quando invece comprendiamo i contenuti delle idee come scaturiti da stati d’animo, desideri e timori di chi pensa, allora comprendiamo veramente in modo psicologico o empatico (comprensione dell’individuo che parla)».
L’empatia richiede un assetto recettivo che consenta, come dice G.H. Mead, di «entrare nel ruolo dell’altro» per valutare il significato che la situazione che evoca l’emozione riveste per l’altra persona, nonché l’esatta interpretazione verbale e non verbale di ciò che in essa si esprime. C.R. Rogers ha studiato l’importanza dell’empatia nel rapporto terapeutico, in cui la comprensione non avviene a livello «gnosico» ma «patico», dove determinate emozioni che non appartengono ai propri vissuti possono essere valutate per estensione delle proprie esperienze. Là dove non si dà un’esperienza comune, come nel caso del delirio o di numerose patologie psichiatriche, risulta difficile stabilire un’empatia e questa difficoltà è spesso assunta a livello diagnostico come criterio per distinguere una nevrosi da una psicosi.

Se ne deduce, quindi, che non solo l’empatia è essenziale per mantenere delle buone relazioni interpersonali, a qualsiasi livello, ma è fondamentale, e fondante, per qualsiasi psicoterapia o comunque per le cosiddette helping professions (medico, psicologo, assistente sociale, ma anche insegnante, docente, maestro, ecc).
Non saprei come definire un ascolto non empatico; forse un ascolto cinico?
Eppure, nell’articolo citato, sia l’intervistatore, che è un giornalista e i giornalisti, non tutti, si sa, a volte un po’ cinici lo sono, sia l’intervistato, che è uno psicologo e non dovrebbe essere cinico nell’approccio ai suoi pazienti/clienti, si esprimono in termini critici nei confronti dell’ascolto empatico o del cosiddetto metodo empatico.
Alla luce delle recenti ricerche delle neuroscienze l’empatia non va più vista come una particolare disposizione d’animo di persone dotate di particolare sensibilità, ma trova la sua base neurologica, e quindi genetica, nella presenza dei neuroni specchio. Suggerire, come sembra dedursi dall’articolo citato, un ascolto non empatico è una cosa contro natura.

Ma veniamo all’altro termine, la suggestione. Ecco cosa scrive Galimberti nella sua Enciclopedia di Psicologia, Ed. Garzanti.

Suggestione (ingl. Suggestion; ted. Suggestion; fr. Suggestion). Accettazione acritica di un’opinione, di un’idea, di un comportamento che nasce o dal soggetto stesso (autosuggestione) o dall’influenza di altri (eterosuggestione). La suggestione ha un meccanismo ideativomotorio simile all’imitazione tipica dei bambini nei confronti degli adulti e svolge un ruolo importante nelle relazioni interpersonali, per cui è oggetto di studio nell’ambito della psicologia sociale, nei trattamenti terapeutici come l’ipnosi che si fonda quasi esclusivamente sulla suggestione, nel trattamento psicoanalitico dove non è escluso l’elemento suggestivo, e nella terapia suggestiva che consiste nell’offrire al paziente immagini positive che modificano adeguatamente il suo stato. Il grado di influenzabilità individuale attraverso suggestione prende il nome di suggestionabilità che assume forme patologiche nelle personalità isteriche e immature, fino ai livelli di obbedienza automatica nelle schizofrenie catatoniche.

Quindi nulla di esecrabile come paventano, nell’articolo, intervistatore e intervistato; ma, in quel contesto, il termine suggestione, usato in accezione spregiativa, ha la funzione di riaffermare il concetto che i bambini non sono credibili quando fanno accuse agli adulti di abusi sessuali perché suggestionati da altri adulti.
Ma questa è la tesi, ovvia, della difesa del presunto pedofilo, non può essere la posizione pre-giudiziale di uno psicologo, tanto più quando docente universitario e quindi dotato, per il suo ruolo, di autorevolezza e credibilità.
C’è, purtroppo, un settore della psicologia impegnato a mettere a punto dei metodi per screditare la testimonanza dei minori, e tra questi fattori che, a giudizio di psicologi, ma anche psichiatri e neuropsichiatri infantili, farebbero perdere credibilità ai minori quando accusano gli adulti di abusi sessuali, ritroviamo concetti totalmente privi di valore scientifico. Suona strano, pertanto, il richiamo alla scientificità da parte di chi invece utilizza in queste vicende, concetti antiscientifici.
Esiste infatti un sito web, meglio una pagina web, che si intitola “I fattori di riduzione della credibilità”; adesso questa pagina è fruibile solo accedendovi con userid e password. Fino a qualche anno fa era liberamente fruibile, poi, dopo alcune critiche, è scomparsa dal web e adesso è ricomparsa con questa modalità riservata. È tuttavia ancora intracciabile sul webarchive.
Come si può vedere, secondo questa pagina, i fattori di riduzione della credibilità sono:
1) La suggestionabilità
2) La sindrome di alienazione parentale
3) L’alto numero di ripetizioni del ricordo
4) Il livello linguistico inadeguato alla complessità della narrazione
5) Fascia di età 3-6 anni: amnesia infantile
6) Fascia di età 11-14 anni: disturbo istrionico di personalità
7) L’incapacità di distinguere esperienze vere da esperienze false
8) La presenza di psicopatologia

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