IL RIFIUTO IMMOTIVATO O INGIUSTIFICATO

Cominciamo, come all’asilo, con alcune definizioni; per alcuni ce n’è bisogno.

RIFIUTO: è l’atto, il comportamento del rifiutare, del non accettare una persona o una situazione.

IMMOTIVATO: che non è giustificato né spiegato da alcun motivo.

INGIUSTIFICATO: non giustificato, sinonimo di immotivato.

Il contesto cui mi riferisco è quello dell’affidamento dei figli minori dopo la separazione dei genitori, laddove rifiutino la frequentazione con un genitore.
Un po’ di storia.

Sino al 2012 gli psicologi giuridici di fronte a una situazione di rifiuto della relazione con un genitore, come sopra descritta, adducevano a motivazione dello stesso l’insorgere di una malattia che colpiva questi bambini e con loro il genitore non rifiutato.
Strana malattia, quella che colpisce in prevalenza donne e bambini dopo la separazione coniugale, mai prima della separazione, durante la vita coniugale; e che colpisce solo quei bambini che rifiutano la relazione con il padre, e le madri di questi bambini, mai gli altri bambini di genitori separati, o le altre donne separate (questa è la versione originale di Gardner).

La motivazione del rifiuto era quindi identificata in questa presunta malattia che chiamavano sindrome di alienazione genitoriale, PAS.
Cosa è successo nel 2012?
Nell’ottobre del 2012 il sig. Ministro della salute, nel rispondere a un’interpellanza parlamentare proprio sulla PAS, facendo proprio il parere dei ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, dichiarò che la stessa non ha alcuna base scientifica.
Non esiste quindi, né è mai esistita, una malattia che si chiami sindrome di alienazione genitoriale.
Come reagirono gli psicologi giuridici alla sconfessione proprio sul piano scientifico della loro gallina dalle uova d’oro, la PAS? Tirando fuori dal cilindro il concetto di alienazione parentale, giochetto piuttosto datato e facilmente criticabile.
Tra l’altro l’uso del termine ‘parentale’ per tradurre l’inglese ‘parental’, che invece si traduce con ‘genitoriale’, dà l’idea delle capacità manipolative di questi soggetti.

Dal 2012 quindi la motivazione del rifiuto non è più la PAS ma l’alienazione parentale. Ci hanno scritto su questo numerosi articoli, pensando di accreditare questo nuovo concetto.
Di fronte alla numerose critiche, non solo mie, come si può leggere qui, qui e qui, alcuni psicologi giuridici si sono inventati il concetto di rifiuto immotivato o ingiustificato.
Mai sentita cosa più sciocca.
Il rifiuto della relazione è un comportamento e un comportamento, per definizione, ha sempre una motivazione; ne ho parlato a questo convegno a Roma ma soprattutto ho ripreso tali concetti in questo post.

Il loro ragionamento, di una elementarità che fa dubitare delle loro competenze professionali, sembra essere il seguente: poiché la motivazione del rifiuto non è più né la nostra cara adorata PAS né la sua figlia bastarda, l’alienazione parentale, ergo il rifiuto è immotivato e ingiustificato.
Ci hanno fatto persino articolo che vorrebbe essere scientifico; questo concetto illogico si è meritato addirittura un articolo su “Il Messaggero” .
Perché aumentano solo a Roma? Elementare, Watson! Perché a solo a Roma ci sono psicologi convinti di questa assurdità.
La totale mancanza di logica di questo concetto emerge da queste parole di una delle intervistate: «Rifiuti immotivati dunque indotti, gli addetti ai lavori ritengono che troppo spesso un figlio si rifiuti di incontrare un genitore senza alcun motivo. … Aumentano i casi di rifiuto anche perché non esiste il riconoscimento scientifico e giuridico della Pas (sindrome alienazione parentale)».

Concludendo, non può esistere un rifiuto immotivato o ingiustificato; chi, da psicologo, lo sostiene, dovrebbe tornare a studiare sui banchi dell’università (forse anche su quelli del Liceo, per studiarsi meglio un po’ di logica).
Sul rifiuto ritengo illuminante quanto scritto dai giuristi del Centro Studi “Rosario Livatino” di Roma:
«Accreditati studi scientifici frutto di ricerche di psicobiologia nel campo delle neuroscienze affettive insegnano che quando un bambino si sente a disagio con un genitore ed evita la frequentazione con lo stesso, nella quasi totalità dei casi lo fa perché ha paura e la paura – un’emozione primaria, istintiva, non condizionata – è in genere provocata dal comportamento violento (fisico o anche solo verbale) del genitore rifiutato, se non addirittura da abusi sessuali o atteggiamenti che mettono il minore a disagio.»

La paccottiglia para-psicologica proposta da questi psicologi dovrebbe essere per sempre accantonata.

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