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LA SINPIA E LA PAS

La SINPIA è una società scientifica che raggruppa i medici specialisti in neuropsichiatria infantile; forse è la più importate società scientifica neuropsichiatrica infantile.

La PAS, oggi chiamata alienazione parentale, è la ormai ben nota, e famigerata, falsa malattia, la bufala di Gardner, la fake news diffusa da vari soggetti il cui unico scopo è quello di difendere e scagionare i padri dalle accuse di violenza in famiglia o di abusi sessuali sui figli minori.

Nel 2007 la SINPIA ha pubblicato le Linee guida sugli abusi nei confronti dei minori.
A pagina 10 è riportato quanto segue:
«Una ulteriore forma di abuso psicologico può consistere nella alienazione di una figura genitoriale da parte dell’altra sino alla co-costruzione nel bambino di una “Sindrome di Alienazione Genitoriale” (Gardner, 1984).»

Lasciando perdere per il momento tutte le polemiche sul concetto antiscientifico di PAS e sulla equivoca figura di Gardner, voglio ricordare ai colleghi della SINPIA che nell’ottobre 2012 il Ministro della Salute ha dichiarato che la PAS non ha alcun fondamento scientifico.

Sono passati quasi sei anni dalla dichiarazione del Ministro della Salute sulla non scientificità della PAS ma la SINPIA non ha ancora rimosso quella frase dalle sue Linee guida; la SINPIA non rende un buon servizio alla scienza continando a diffondere quella fake news.

Una ulteriore criticità sul rapporto tra la SINPIA e la PAS è rappresentata dalla presenza sul suo sito istituzionale di un documento anonimo che viene spacciato per un comunicato stampa della SINPIA e come tale ripreso in alcune CTU che hanno visto fortemente penalizzati i bambini che rifiutavano di incontrare il padre e condannate le madri perché ritenute causa di questo rifiuto.

Un esempio è il seguente dove la CTU ha fatto il copia-incolla del documento anonimo; il Tribunale è quello di Civitavecchia.


Queste autentiche scempiaggini, copia-incollate, sono entrate nel processo e hanno portato a questa sentenza.


Al di là delle autentiche sciocchezze scritte in questo documento anonimo, come già rilevato dal blog Infobigenitorialità, resta il fatto sconcertante della presenza sul sito istituzionale di una Società scientifica di un documento anonimo spacciato per un comunicato stampa della medesima Società scientifica; l’unica persona autorizzata a emettere comunicati stampa di una Società scientifica è il rappresentante legale della stessa, e cioè il suo Presidente, come si può vedere in questo comunicato stampa autentico che viene emesso su carta intestata della SINPIA e firmato dal Presidente o dall’Ufficio stampa.

Cosa ci fa un documento anonimo, spacciato per comunicato stampa, sul sito della SINPIA?
L’Ufficio stampa della SINPIA è stato occupato da qualche massone sostenitore della falsa malattia?

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AL CUORE NON SI COMANDA

Collegata alle questioni falsamente scientifiche dell’alienazione parentale, amnesia infantile, false memorie è quella dei cosiddetti incontri protetti o incontri in ambiente protetto o come altro diavolo li chiamano; si tratta nella sostanza della coercizione per il bambino a incontrare il padre con il quale rifiuta la relazione. La terapia della minaccia, nella sostanza.

Al di là della questione, di psicologia spicciola, evidentemente sconosciuta a certi soloni della psicologia giuridica, che la maniera migliore per far odiare una cosa a un bambino o a un adolescente è quella di imporgliela contro la sua volontà, c’è una questione ancora più grave.

L’imposizione al bambino di incontri in un ambiente protetto con il genitore rifiutato, comunque la si voglia denominare, oltre a non produrre il risultato atteso, e cioè quello di riavvicinare il bambino al genitore, spesso si rivela controproducente; difatti allontana ancora di più i due poiché questa imposizione viene vissuta dal bambino come ulteriore costrizione da parte del padre e dei suoi ‘alleati’ e quindi acuisce il suo rifiuto.

Agente del cambiamento, e cioè del miglioramento dei rapporti padre-figlio può essere solo il padre modificando il suo comportamento verso il figlio; imporre gli affetti per sentenza giudiziaria è uno di quei classici paradossi che la psicologia conosce bene e che sono altamente patogeni per la psiche. Per usare un luogo comune, “al cuore non si comanda”.

In maniera più tecnica, la prescrizione “sii affettuoso con tuo padre” è una prescrizione paradossale, analoga al famoso “sii spontaneo”. Se il bambino obbedisce a questa prescrizione deve necessariamente violarla, cioè non essere spontaneo; ma se il bambino si impone di essere spontaneo disobbedisce alla prescrizione, cioè non è più spontaneo. Intrappolato in questo paradosso il bambino si avvia gradualmente verso la strada della psicosi, come amplissima letteratura specialistica psicologica e psichiatrica ha dimostrato.

Mi riferisco agli studi e alle ricerche della psichiatria sistemica familiare la cui bibliografia è immensa. Mi limito a riportare:

– Watzlavick P, Beavin JH, Jackson DD, Pragmatica della comunicazione umana. Casa Editrice Astrolabio, 1971.
– Watzlavick P, Weakland JH, Fisch R, La realtà della realtà. Casa Editrice Astrolabio, 1974.
– Selvini Palazzoli M, Boscolo L, Cecchin G, Prata G, Paradosso e controparadosso. Raffaello Cortina Editore, 1975.
– Bateson G, Verso un’ecologia della mente. Adelphi edizioni, 1976.
– Watzlavick P, La realtà della realtà. Casa Editrice Astrolabio, 1976.
– Watzlavick P, Istruzioni per rendersi infelici. Saggi Universale Economica Feltrinelli, 2010.

Se si vuole far diventare psicotico un bambino la strada è proprio quella di intrappolarlo in paradossi del genere.

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MA LA PSICOLOGIA GIURIDICA ESISTE?

La domanda mi è venuta spontanea, come si suol dire, leggendo e ascoltando alcune esternazioni di coloro che si auto-definiscono psicologi giuridici. Hanno creato siti internet, blog, fondazioni, corsi di alta formazione, ecc, tutti ossessivamente declamanti la medesima giaculatoria: “L’alienazione parentale esiste”.

Ora, è questione di psicologia spicciola, questo reiterato reclamizzare, quasi una monomania delirante, la giaculatoria di cui sopra ha più l’aria di convincere se stessi prima di convincere gli altri su quello che vanno sostenendo.

Non solo; ci lasciano capire, in questo modo, che la psicologia giuridica trova la sua ragione di essere soltanto nell’esistenza della cosiddetta alienazione parentale, ex-PAS, e che senza di essa anche la psicologia giuridica cesserebbe di esistere.

La psicologia giuridica è quindi stata fondata alcuni anni fa solo per propagandare la PAS, (sindrome di alienazione genitoriale), ora alienazione parentale, e non per altri nobili scopi; dopo che la PAS è stata dichiarata priva di validità scientifica dal Ministro della Salute, per non correre il rischio di estinguersi la psicologia giuridica si è abbarbicata su questa nuova invenzione, l’alienazione parentale.

L’operazione PAS/alienazione parentale somiglia molto a quelle operazioni commerciali in cui un’autorità sanitaria dispone il divieto di vendita di un prodotto perché adulterato; il produttore lo ritira dal commercio e poi lo rimette in vendita cambiando solo l’etichetta. In casi del genere si parla di truffa, di frode commerciale. Nel caso che c’interessa potremmo parlare di truffa, di frode scientifica?

Per non correre il rischio di essere nuovamente smentiti a livello scientifico ne affermano ora l’esistenza a prescindere; un po’ come la scie chimiche, esistono, basta crederci e chi non ci crede è un complottista, o, come si esprimono loro, un negazionista dell’alienazione parentale.

Il termine ‘negazionismo’ ha un chiaro riferimento alla shoah e cioè a un fatto storico drammatico, l’olocausto degli ebrei a opera del nazismo; il suo uso perverso da parte dei sostenitori dell’alienazione parentale, dimostra l’assoluta mancanza di sensibilità umana, e di capacità di ragionamento logico, di questi soggetti poiché anche nell’ipotesi di reale e concreto condizionamento di un bambino a opera di un genitore, ci troveremmo, nel singolo caso giudiziario, di fronte a un reato, il maltrattamento psicologico del minore (art. 572 CP) e non a un fatto storico verso il quale vi possano essere posizioni negazioniste.

Reato che, come tutti i reati previsti dal codice penale, necessita, perché se ne affermi l’esistenza in quello specifico caso giudiziario, di prove concrete e incontrovertibili, al di là di ogni ragionevole dubbio, e non di petizioni di principio.

Difatti, un conto è affermare che i reati (es. furto, rapina, omicidio) esistono, altro conto è dimostrarlo nello specifico caso giudiziario. Così, un conto è affermare che un condizionamento psicologico di un figlio è possibile, altro è dimostrarlo nel processo. Credo che nessun giudice condannerebbe una persona senza la prova che quella persona sia responsabile del fatto-reato che le viene imputato.

Naturalmente, loro assumono quale prova dell’avvenuto condizionamento il rifiuto che talvolta alcuni figli mostrano verso la relazione con un genitore; e qui dimostrano ancora una volta, la loro scarsa capacità di ragionare logicamente, oppure la loro clamorosa malafede.

Il rifiuto può essere la conseguenza di un condizionamento psicologico ma non è la sua prova, la sua dimostrazione; questo tipo di ragionamento, quello cioè di invertire i termini logici del discorso, di ritenere la conseguenza di un fatto come prova di quel fatto, somiglia molto al tipico ragionamento dei deliranti che assumono l’identità di due proposizioni sulla base dell’identità dei predicati e non dei soggetti.

Un tipico esempio è il seguente:

Io sono un uomo;
Napoleone è un uomo;
io sono Napoleone.

È chiaro a tutti noi che le due proposizioni (‘io sono un uomo’ e ‘Napoleone è un uomo’) sono differenti perché differente ne è il soggetto; il predicato però è il medesimo (‘un uomo’). Nel delirio, ma anche nel sogno, nel pensiero pre-logico dei bambini, nell’inconscio, le due proposizioni vengono assunte come identiche sulla base dell’identità del predicato, e così uno si convince di essere Napoleone.

Nel caso della cosiddetta alienazione parentale il ragionamento che gli psicologi giuridici (non so quanto consapevolmente e quanto in malafede), e i padri separati (questi ultimi in sicura malafede) fanno è il seguente:

Il figlio rifiuta il padre;
il rifiuto è la prova del condizionamento;
chi ha condizionato il figlio è la madre.

Un’azione (l’atto del rifiutare) che può essere la conseguenza di un fatto (il presunto condizionamento) viene assunta come prova del fatto stesso; l’errore logico, il corto circuito logico, è quello di scambiare la conseguenza per la prova.

Un ragionamento corretto, sotto il profilo logico è invece il seguente:

Il bambino rifiuta il padre;
il rifiuto può essere la conseguenza di un condizionamento psicologico
ma può essere anche la conseguenza dei comportamenti del padre.
Abbiamo elementi concreti che dimostrino il condizionamento?
Abbiamo elementi concreti che dimostrino che il padre
ha dei comportamenti incongrui verso il figlio
che portano quest’ultimo a rifiutarlo?

L’analisi da svolgere nella eventuale CTU è proprio di questo tipo, un’analisi causale, per riprendere una sentenza della Suprema Corte di Cassazione, spesso citata a sproposito dai professionisti che sostengono l’alienazione parentale (cosiddetta sentenza Cozzini); in quella sentenza i Giudici della Cassazione hanno ribadito il principio giuridico, oltre che logico, per il quale un evento trova la sua motivazione in una molteplicità di cause.

Dico eventuale CTU perché se i giudici si attenessero a quelli che sono principi giuridici consolidati, nei casi di rifiuto non ci sarebbe bisogno di disporre alcuna CTU; si tratta di questioni giuridiche da risolvere, magari complesse, ma sempre di natura giuridica e non psicologica. Accertare i fatti è compito della Giustizia, non della Psicologia sia pure giuridica.

In questi anni la psicologia giuridica non ha fatto altro che falsificare la realtà, dapprima enfatizzando come scientifica una presunta malattia (la PAS) che scientifica non era (e non lo dico io ma, autorevolmente, lo ha dichiarato il Ministro della Salute nel 2012); poi manipolando l’informazione con l’affermare che non più di PAS si doveva parlare ma di alienazione parentale, lasciando però inalterata la sostanza della questione; poi dicendo che anche se l’alienazione parentale non è descritta nel DSM-5 vi è presente sotto forma di spirito; poi affermando che è distribuita nel DSM-5 tra varie categorie diagnostiche; poi “ma chi se ne frega del DSM-5”.

Ma la Giustizia ha bisogno di questa Psicologia?

Una psicologia alla quale difetta proprio il logos, e cioè il pensiero razionale, la capacità di ragionare in base alla logica.

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LA CARTA DI NOTO – V PARTE

È venuto ora il momento di analizzare criticamente i singoli punti del documento, dopo le critiche alla premessa.

1) al primo punto si parla degli esperti e delle altre figure coinvolte nella raccolta della testimonianza del minore che debbono possedere competenze specifiche. Qui bisogna intendersi per bene e scoprire le insidie nascoste in questo concetto.

La prima insidia sta proprio nel termine esperto: chi ha conferito al cosiddetto esperto la qualifica di esperto? Sulla base di quali criteri?

In tema di accertamenti peritali (CTU o perizia) il tipo di esperienza che viene richiesta al perito è soprattutto l’esperienza clinica, quella cioè che si acquisisce dopo anni di lavoro con i pazienti, sia ospedaliera (l’aggettivo clinico rimanda a kliné, il letto del malato) sia ambulatoriale; è solo l’esperienza clinica quella che fa di un medico, o uno psicologo, un esperto nel suo campo di competenza.

Come scrive il prof. Fornari «in ambito psico-forense occorre non confondere le evidenze scientifiche che emergono dagli strumenti diagnostici di volta in volta utilizzati con il metodo seguito, perché solo questo e non certo l’uso di uno strumento piuttosto di un altro offre garanzia di “scientificità” all’elaborato peritale. Ancora una volta la clinica è sovrana con un’attrezzatura mentale sua propria» (Fornari U, Trattato di psichiatria forense, pag. 636. UTET Giuridica, 2015).

E veniamo al secondo requisito: l’esperto e le altre figure professionali coinvolte nella raccolta della testimonianza del minore debbono possedere competenze specifiche; lapalissiano.

Come si acquisiscono queste competenze specifiche? Con l’aggiornamento continuo, gli eventi formativi, i master, ecc.

Ma se i docenti di questi eventi formativi che dovrebbero fornire competenze specifiche sono quegli stessi professionisti che diffondono falsità scientifiche (PAS o alienazione parentale, amnesia infantile, false memorie, ecc.) quali competenze possono mai acquisire i discenti? Acquisiranno competenze su falsità scientifiche che poi vengono riversate nelle CTU e nelle perizie e che diventano verità giudiziaria. Di seguito alcuni esempi tratti da relazioni peritali.

Si tratta di due diversi professionisti, che compaiono tra i firmatari della Carta di Noto IV, che si sono espressi sul medesimo caso, ovvero un caso di presunto abuso sessuale; ovviamente, archiviazione, bambina costretta a incontrare il padre, madre alienante, ecc. Per fortuna nessun giudice ha disposto l’invio in comunità, nonostante le ripetute istanze del padre, ma è stato mantenuto il collocamento dalla madre; prosegue, però, la tortura degli incontri protetti, la psicoterapia obbligatoria, ecc. Il tutto partendo da una falsità scientifica e cioè che la bambina fosse una smemorata e quello che diceva le fosse stato detto dalla madre.

Di fronte a queste falsità scientifiche gli Ordini professionali nicchiano; ma possibile che i giudici non abbiano nulla da rilevare? Che i Presidenti dei Tribunali non ritengano di richiamare gli iscritti agli Albi dei periti e dei consulenti tecnici a un maggiore rigore scientifico pena la cancellazione dagli Albi medesimi? Che i Rettori delle Università dove questi professionisti hanno incarichi di insegnamento non ritengano di revocarli a fronte delle falsità scientifiche diffuse e insegnate agli studenti?
E i signori Ministri, rispettivamente della Giustizia, dell’Istruzione e della Salute, non hanno proprio nulla da dire?

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LA CARTA DI NOTO – IV PARTE

Nella terza parte ho dimostrato che uno dei teoremi della psicologia giuridica, e cioè che i bambini non avrebbero memoria (quella che loro chiamano amnesia infantile) è totalmente privo di qualsiasi fondamento scientifico; tutti gli studi dimostrano il contrario.

Adesso vediamo di parlare dell’altro loro teorema, i cosiddetti falsi ricordi o false memorie.

La frase incriminata del loro più recente documento è la seguente: “È probabile che eventuali vuoti nel ricordo siano colmati con elementi coerenti con l’avvenimento oggetto del ricordo inferiti da informazioni disponibili, per quanto non direttamente percepiti durante l’esperienza originaria.

Non parlano più esplicitamente di false memorie, si sono fatti più attenti, usano delle circonlocuzioni, si servono della comunicazione persuasiva, ma il senso è sempre lo stesso: i bambini sono suggestionabili, sui bambini possono essere impiantate con facilità false memorie.

Su che cosa basano questo secondo teorema? Sul nulla. Esiste in giro un loro studio che risale al 2004, svolto in una classe di scuola elementare su 53 bambini; ma è privo di validità scientifica tanto che nemmeno loro lo citano più.

In pratica, nella classe si presentò uno sperimentatore dicendo di essere un giornalista che rivolse alcune domande ai bambini e svolgendo con loro alcuni giochetti; dopo una settimana un’altra sperimentatrice si è presentata nella scuola dicendo che il giornalista aveva smarrito la registrazione e che quindi voleva ricostruire l’evento con l’aiuto del bambini, ponendo loro domande suggestive. Risultò che solo il 15% dei bambini aggiunse dei particolari di fantasia; risultato che viene da loro fortemente enfatizzato per dimostrare che i bambini nella ricostruzione di un evento possono introdurvi degli elementi di fantasia. Omettono però di dire che nell’85% dei casi i bambini non hanno aggiunto alla ricostruzione dell’evento alcun elemento di fantasia.

Se ne dovrebbe dedurre che quando i bambini riferiscono di violenze o abusi sessuali sono, evidentemente, credibili, nell’85% dei casi.

Ma dimenticano di riferirsi alla letteratura internazionale che dimostra una cosa fondamentale: è possibile indurre in alcuni casi il falso ricordo di episodi tutto sommato plausibili, ma non è possibile, in nessun caso, indurre il falso ricordo di un evento non plausibile, come ad es. quello di un abuso sessuale subito nell’infanzia.

Uno degli studi più significativi in tal senso è quello di Pedzek e Hodge.

Le autrici si sono proposte di studiare la possibilità di impiantare false memorie mediante la descrizione a due gruppi di bambini di due eventi veri e di due eventi falsi che loro avrebbero vissuto all’età di quattro anni.

Come falsi eventi da descrivere ai bambini sono stati scelti un evento plausibile (essersi persi in un supermercato) e un evento non plausibile (aver subito un clistere).

Dallo studio è risultato in primo luogo che la maggioranza dei bambini (54%) non ha ricordato nessuno dei due falsi eventi; che alcuni bambini si sono lasciati suggestionare dal racconto, ricordando di essersi persi in un supermercato da piccoli (evento plausibile) ma nessuno ha ricordato di aver subito un clistere (evento non plausibile).

Le autrici concludono che la possibilità di impiantare false memorie nei bambini è legata alla plausibilità dell’evento e ciò sarebbe in relazione alla presenza in memoria di uno script sulla precedente conoscenza di quel tipo di evento (es. per averne sentito parlare anche se occorso ad altri bambini), mentre è risultato che non è possibile impiantare nei bambini la falsa memoria di un evento non plausibile (nello studio l’aver subito un clistere da piccoli).

Credo che questo studio faccia piazza pulita del teorema della psicologia giuridica sulle false memorie per il quale la testimonianza del bambino vittima di abusi sessuali viene screditata sulla base della presunta facile suggestionabilità dei bambini.

Si deve pertanto ritenere che la testimonianza dei bambini sulle violenze, dirette o assistite, e sugli abusi sessuali subiti siano veritiere sino a prova di falso; tale prova di falso non può essere la PAS o alienazione parentale, non può essere il problema relazionale, non può essere la teoria del rifiuto immotivato del minore. Né possono esserlo altre loro invenzioni, come l’adattamento alla situazione della CTU di test (LTPc, aIAT, ecc) nati originariamente per misurare altre variabili; solo spazzatura pseudoscientifica.

Nei post successivi analizzerò i singoli punti del documento Carta di Noto IV.

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LA CARTA DI NOTO – III PARTE

Come accennato nella seconda parte, nel suo lavoro sulle memorie traumatiche precoci Gaensbauer riporta casi clinici personali e casi di altri autori, con abbondanza di riferimenti bibliografici. Esamina la memoria precoce sulla base dell’età anagrafica dei bambini esaminati. Riporto testualmente alcuni paragrafi di questo importante lavoro.

Memoria da zero a due mesi

Nelle prime settimane di vita il bambino è capace sia di provare una reazione di stress sia di associarla in maniera condizionata a uno stimolo collegato in modo tale da influenzare successivi comportamenti. Riporta questo caso clinico riferitogli da una madre:

«Quando il suo bambino di 3 giorni aveva difficoltà ad allattare, un’infermiera molto aggressiva gli ha tenuto la testa forzandolo ad aprire la bocca, per mettergli il seno della madre in bocca. Il bambino si è sconvolto, aveva conati di vomito, e inarcava la schiena per allontanarsi dal petto della mamma. A questo punto, la balia, che indossava una caratteristica divisa rosa con cuori “rosa fosforescente”, è stata chiamata e ha lasciato la stanza. Quando è ritornata 10 minuti dopo, la madre ha riferito che il bambino “ha visto chi era” e immediatamente ha inarcato la schiena e ha spinto contro il corpo della madre con le gambe con così tanta forza da rotolarsi sul letto.»

Memoria da tre a sei mesi

«Uno studio notevole della conservazione in memoria in questo periodo è quello di Perris, Myers e Clifton. All’età di 6,5 mesi un gruppo di bambini è stato esposto a un test in laboratorio che richiedeva di allungare la mano verso un oggetto che suonava nel buio. I bambini hanno mostrato di ricordarsi quando sono stati esposti a una situazione di stimolo simile due anni dopo, dimostrato dall’allungamento della mano con sempre più successo e una maggiore tolleranza della situazione sperimentale rispetto a gruppi di controllo senza esperienza.»

E ancora:

«Un bambino, ripetutamente e gravemente maltrattato dal suo padre biologico tra l’età di 3 e 10 settimane prima di essere stato affidato, ha mostrato delle reazioni di paura verso gli uomini per molti mesi. Durante il primo mese in affidamento quando suo padre adottivo o suo fratello adottivo adolescente si avvicinavano a lui, piangeva inconsolabilmente. La madre adottiva ha notato anche che trasaliva se lei involontariamente faceva dei gesti improvvisi verso di lui ad esempio mentre gli cambiava il pannolino. Anche se queste reazioni sono diminuite all’interno della famiglia adottiva, a sei mesi quando un maschio adulto che somigliava fisicamente al padre ha tentato di prenderlo in braccio trasaliva immediatamente e iniziava a gridare. A otto mesi durante una visita medica quando il dottore ha fatto un gesto affettuoso con l’intenzione di accarezzargli la testa il bambino ha trasalito così bruscamente che il medico è rimasto sconcertato. Tranne per qualche trasalimento casuale questo tipo di reazione non è mai stato osservato durante una interazione con una donna adulta.»

«Terr ha descritto una bambina che ha subito degli abusi sessuali prima dell’età di sei mesi che poco prima dell’età di tre anni ha fatto una serie di ricostruzioni sessuali con le bambole compresa la penetrazione vaginale, compatibili con delle foto pornografiche scattate durante il suo abuso sessuale.»

Memoria da sette a diciotto mesi

«Bauer e Wewerka sono giunte alla conclusione che “non è necessario nel momento in cui viene vissuto un evento che ci sia disponibile una codificazione verbale per far sì che l’evento venga ricordato a lungo termine o che successivamente il ricordo dell’evento venga esposto verbalmente”. Altri ricercatori hanno documentato che il linguaggio si può sovrapporre su precedenti memorie preverbali. Un esempio drammatico è la relazione di Myers, Clifton e Clarkson di una bambina di quasi tre anni che durante una visita in laboratorio ha indovinato l’immagine dietro ad uno pannello. L’ultima volta che aveva visto l’immagine era stato due anni prima quando aveva 40 settimane di età.»

«All’età di 23 mesi un bambino che era stato coinvolto in un grave incidente stradale a nove mesi, è riuscito a rappresentare usando bambole e giocattoli la sequenza dell’incidente, compreso come era stata colpita la macchina, come si era rovesciata e poi atterrata. Un altro bambino che all’età di 13 mesi era stato portato su un’ambulanza al pronto soccorso per via di un overdose di droga, a 26 mesi ha fatto una rappresentazione di certi dettagli specifici del viaggio in ambulanza e del trattamento al pronto soccorso. Il terzo caso coinvolgeva un ragazzo che era stato gravemente abusato sia fisicamente sia sessualmente da suo padre durante un periodo di una settimana, all’età di 7 mesi. Quando aveva 8 anni, durante una seduta di terapia con il terapista e sua madre adottiva, all’improvviso il bambino è entrato in uno stato delirante e dissociato durante il quale ha drammaticamente ricreato con il suo proprio corpo l’esperienza dell’abuso. Questo comprendeva, urlare dalla paura, dimenarsi a terra con il sedere in aria, cercare di trascinarsi sotto il divano per scappare dal terapista (che in quel momento stava vivendo come se fosse suo padre), e usare le parole per descrivere come gli stava facendo male. Il quarto caso era quello di una bambina che a 12 mesi aveva visto sua madre uccisa da una lettera esplosiva. Sia con le azioni sia con i giocattoli, ha ricreato delle rappresentazioni di diversi elementi importanti dell’accaduto, durante una valutazione all’età di 4 anni e mezzo. Quando le è stato chiesto come era morta sua madre, è improvvisamente caduta a terra e si è rotolata in modo frenetico. Più avanti ha improvvisamente portato giù la mano su uno scenario di gioco che ricreava la situazione appena prima dell’esplosione, buttando giù bambole e mobili con un gesto che riusciva a cogliere delle qualità fondamentali dell’esplosione. A 6 anni, durante una seduta di terapia con un altro terapista e alla presenza dei genitori adottivi, la bambina ha fornito ulteriori dettagli verbali sull’aspetto di sua madre dopo la bomba, un dato di cui i suoi genitori non erano a conoscenza ma che è stato successivamente confermato dalla polizia.»

Memoria da diciotto a ventiquattro mesi

«Tante ricerche e prove cliniche hanno documentato l’abilità dei bambini tra l’età di 18 mesi e 2 anni, una volta che hanno raggiunto la fluenza verbale, a percepire, ricordare e poi descrivere degli eventi vissuti. Nelson, Fivush e i loro colleghi hanno dimostrato in numerosi studi che l’esordio della memoria autobiografica, come tradizionalmente viene concettualizzata, si osserva intorno a questa fascia d’età. Molte relazioni cliniche hanno documentato la presenza di ricordi duraturi degli eventi traumantici in bambini di questa età che sono verbalmente fluenti. Usher e Neisser hanno dimostrato che si possono ricordare alcuni eventi affettivamente significativi che accadono nel secondo anno di vita, quale la nascita di un fratello o un ricovero in ospedale anche fino all’età adulta.»

Credo ce ne sia abbastanza per destinare in discarica certa spazzatura pseudo-scientifica. Nella quarta parte l’analisi della teoria della suggestionabilità dei bambini.

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LA CARTA DI NOTO – II PARTE

Come già detto nella prima parte, in questa seconda parte mi propongo di analizzare il contenuto del documento Carta di Noto IV.

Il sottotitolo riporta: Linee guida per l’esame del minore.

Primo problema: le linee guida vengono proposte dalle maggiori società scientifiche per ciascuna disciplina medica sulla base delle evidenze scientifiche più aggiornate, corredate della bibliografia più significativa che ha consentito di formulare le linee guida medesime, con indicazione degli studi clinici che hanno consentito di pervenire a quei suggerimenti clinico-terapeutici. A mero titolo di esempio riporto il link alle linee guida per il trattamento precoce della schizofrenia.

Nel documento proposto mancano del tutto i requisiti indispensabili per definire un documento come linea guida; più avanti viene definito come protocollo che fa propri i principi delle linee guida nazionali. Se è un protocollo perché sottotitolarlo come linee guida? Si tratta di due cose diverse.

Il documento si apre con queste parole:

«La memoria non è una riproduzione precisa degli eventi percepiti in quanto essa è un processo dinamico e (ri)costruttivo. Il processo mnestico è molto sensibile alle influenze esterne che possono interferire a livello della codifica, del consolidamento e/o del richiamo. Gli effetti dei processi di costruzione della memoria autobiografica assumono una particolare rilevanza nei bambini, a causa della loro maggiore suggestionabilità, della loro dipendenza dal contesto ambientale e dalla difficoltà nel corretto monitoraggio della fonte di informazioni (esperienza vissuta, assistita o narrata).»

Riferimenti bibliografici circa queste affermazioni? Zero. Studi clinici? Meno di zero. Dovremmo credere loro sulla parola.

Ancora più problematico il secondo periodo:

«È probabile che eventuali vuoti nel ricordo siano colmati con elementi coerenti con l’avvenimento oggetto del ricordo inferiti da informazioni disponibili, per quanto non direttamente percepiti durante l’esperienza originaria. L’amnesia infantile può essere totale, prima dello sviluppo del linguaggio (primi due anni di vita), o parziale, nel periodo in cui il bambino non ha ancora acquisito piena competenza linguistica (sino ai tre anni e mezzo circa). In ogni caso, i ricordi riferiti a questa fase evolutiva, per essere considerati accurati e credibili, devono essere corroborati da riscontri indipendenti ed estrinseci.»

È probabile in che misura? Dieci per cento? Mille per cento?

L’amnesia infantile (ancora questo concetto!!) può essere totale nei primi due anni di vita? Non mi risulta che i bambini sino ai due anni di età siano degli smemorati.

Una volta per tutte: il concetto di amnesia infantile è stato introdotto da Freud. Con questo concetto Freud si riferiva alla tipica amnesia che, nelle persone adulte, riguarda gli anni della prima o primissima infanzia. Mai Freud ha scritto che riguarda la eventuale mancanza di memoria dei bambini. Questa è una vera e propria falsità scientifica sulla base della quale i bambini che denunciano abusi sessuali, o violenze, non vengono creduti; questa falsità scientifica entra nelle sentenze e diviene verità giudiziaria. Ma sempre falsità scientifica rimane. Non so se ai giudici vada bene far diventare verità giudiziaria le falsità scientifiche.

Sull’amnesia infantile, comunque, mi sono già espresso; rimando pertanto a quello scritto. Aggiungo solo che il sito citato, quello sulla testimonianza del minore non esiste più; che si siano resi conto che pubblicavano delle bufale? A ogni buon conto è archiviato sul webarchive, l’ultimo snapshot è del 27 marzo 2015.

Se si parla di esame della testimonianza del minore è chiaro che si parla di minori vittime di violenza o di abusi sessuali; il tipo di memoria implicato in questi ricordi non coincide esattamente con la memoria autobiografica, cioè il ricordo di eventi personali non traumatici.

Uno dei massimi studiosi delle memorie precoci traumatiche è il prof. Theodore J. Gaensbauer; in un suo articolo del 2002 riporta le sue esperienze cliniche con i ricordi traumatici di bambini a partire dall’età neonatale. Rimando alla terza parte per la descrizione di questo importante lavoro sulle memorie traumatiche precoci.

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LA CARTA DI NOTO – I PARTE

Sta circolando in rete un documento sottoscritto da alcuni psicologi, tre-quattro avvocati e un giudice di Cassazione, intitolato Carta di Noto IV.

Premettendo che documenti di questo tipo non hanno alcuna valenza prescrittiva o normativa, come chiarito da alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione, non si può non rilevare che tra i firmatari si ritrovano alcuni tra i più accaniti sostenitori della falsa malattia, la bufala di Gardner, il medico che fu soprannominato “autentico mostro americano”, il difensore della pedofilia da lui ritenuta la normalità, un’antica tradizione, addirittura.

Si tratta di quel Richard Alan Gardner che nel 1985, proprio per via della sua teoria della PAS, venne espulso dalla Columbia University di New York, dove era solo un medico volontario non remunerato (leggere in fondo all’articolo la correzione aggiunta al necrologio), senza alcun incarico di insegnamento o di diagnosi e cura, con la motivazione che era ignorante nella disciplina di psichiatria e incapace di ragionare secondo il metodo scientifico; motivazione che si riverbera necessariamente su chi ha sostenuto la PAS e sostiene adesso l’alienazione parentale.

Ritrovare quindi tra i firmatari di questo documento, che si propone di fornire delle linee guida, sia pur prive di valore prescrittivo, per l’esame del minore vittima di abusi sessuali gli stessi che sostengono ancora, contro ogni evidenza scientifica, contro il parere del Ministro della Salute, contro ogni logica e buon senso, la teoria della PAS o alienazione parentale, non può non far sorgere più di qualche dubbio sulla validità del documento stesso proprio sul piano scientifico.

È di tutta evidenza, difatti e come ripetutamente scritto, che la mera enunciazione teorica, sganciata dai fatti oggetto del processo, della possibilità che il minore nel fare le affermazioni che fa e nell’esprimere il rifiuto verso la frequentazione con un genitore al momento della separazione dei suoi genitori, possa essere condizionato o manipolato psicologicamente dall’altro genitore (quella che loro chiamano alienazione) non equivale alla dimostrazione concreta e oggettiva di tale presunto condizionamento. Ma è questo che loro scrivono nelle CTU e sostengono nelle memorie processuali; si assiste al paradosso giudiziario per cui al genitore accusato di violenze o abusi sessuali viene garantita la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio mentre al genitore accusato di manipolazione viene garantita la certezza di colpevolezza a prescindere, e la condanna dopo un giudizio sommario.

Così come è di tutta evidenza che la presenza del rifiuto del minore non è affatto la prova del condizionamento o manipolazione psicologica (che loro chiamano alienazione) ma tuttalpiù ne è la sua conseguenza; la prova deve essere prodotta con i mezzi propri del processo. Non si riesce proprio a comprendere, sul piano logico-razionale, perché dalla presenza del rifiuto si debba presumere il condizionamento e non si possa presumere, cosa molto più logica e naturale, che il rifiuto sia espressione della paura che il bambino ha del genitore rifiutato. Naturalmente a questo punto sarebbe d’obbligo spendere qualche riga sulla concezione del padre quale pater familias, di derivazione del Diritto romano e che evidentemente ancora informa i moderni codici e la psicologia inconscia di alcuni magistrati; ma il discorso ci porterebbe troppo lontano.

Così come è ancora di tragica evidenza che l’utilizzo di tali concetti porta alla manipolazione dei processi, nei quali una falsità scientifica (la PAS o alienazione parentale e più di recente il disturbo relazionale) diviene verità giudiziaria che non segue più la procedura stabilita dai codici ma si incammina sulla via dell’abuso e dell’arbitrio.

Fatta questa doverosa premessa passo a valutare la tenuta scientifica del documento; ciò sarà oggetto della seconda parte.

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IL REGNO DELLA PAS E LA CONFUSIONE DELLE MENTI

Gli uomini si agglomerano sulla stupidità

come la limatura di ferro sulla calamita.

(citaz. da autore innominabile)

Nella sua ultima conferenza a Francoforte, prima di suicidarsi, il Dr Richard Alan Gardner, il ciarlatano che per tutta la sua vita si spacciò per professore universitario alla Columbia University dove era solo un volontario non retribuito1, un autentico mostro americano2, concludendo il suo intervento parlò di instaurazione del “regno della PAS”3; il suo delirio era ormai al culmine, sino ad assumere connotati mistici.

La storia, il mondo scientifico giuridico e psicologico-psichiatrico hanno fatto giustizia dei deliri del Dr Gardner accantonando la teoria della PAS come uno dei tanti orrori del XX secolo responsabile di una sorta di olocausto dei bambini sacrificati sull’altare del padre; nel XXI secolo i deliri del Dr Gardner hanno ripreso fiato alimentati da una disinformazione scientificamente, e scientemente, architettata da un settore della psicologia che si avvale di tecniche di manipolazione di massa come la PNL e la comunicazione persuasiva.

Lo spunto per questo post nasce da una conversazione intercettata su Facebook nella quale l’ennesima psicologa, presuntuosetta e arrogantella, accusando chi criticava il concetto di alienazione parentale di essere persone arretrate di ameno quarant’anni, se ne è venuta fuori con il solito meme: l’alienazione parentale è un fenomeno che esiste e si osserva nelle separazioni conflittuali.

Ora, tralasciando la questione filosofica, evidentemente ignota alla presuntuosetta arrogantella, che ci mette in guardia dal confondere ciò che appare (il fenomeno) con la realtà oggettiva, quello che si osserva in alcune separazioni, impropriamente definite conflittuali4, il fatto, è il rifiuto del o dei figli di frequentare un genitore; definire questo rifiuto come alienazione parentale significa assumere una posizione acritica in favore di una possibile teoria esplicativa. Confondere il fatto con una teoria che si propone di spiegare quel fatto è indice di scarse capacità di ragionamento logico.

Se nel corso della separazione i figli rifiutano la relazione con un genitore le motivazioni possono, sì, trovarsi nella presunta manipolazione da parte dell’altro genitore (cosiddetta alienazione parentale) ma possono anche trovarsi nel comportamento del genitore rifiutato verso i figli stessi.

Sostenere che il rifiuto sia causato sempre e solo dalla manipolazione è come dire, per fare un esempio di facile comprensione, che tutti gli incidenti stradali sono provocati dalla guida in stato di ebbrezza alcolica. Non ha senso. Solo alcuni incidenti sono provocati dalla guida in stato di ubriachezza; analogamente, solo in alcuni casi il rifiuto è provocato dalla manipolazione psicologica.

Nei processi per l’affidamento dei figli minori il rifiuto viene assunto come prova della manipolazione, secondo lo sciocco sillogismo: se c’è rifiuto c’è manipolazione; ma così non è e mi meraviglia molto questo secondo errore di logica.

Riprendendo l’esempio dell’incidente stradale, l’eventuale ubriachezza del conducente deve essere dimostrata con prove idonee, non è sufficiente presumerla dal fatto che ci sia stato l’incidente. Analogamente, l’eventuale manipolazione deve essere dimostrata con prove idonee, non è sufficiente presumerla dal fatto che ci sia il rifiuto. In questo modo si fa una giustizia sommaria, indegna di un paese civile.

Il rifiuto non è la prova della manipolazione ma, eventualmente, la sua conseguenza; così come l’incidente non è la prova dell’ubriachezza del conducente ma, eventualmente, la sua conseguenza.

Si tratta di questioni di logica elementare e mi meraviglia molto che operatori del diritto e delle discipline psy compiano questi errori di ragionamento senza avvertirne la pericolosa illogicità.

3Vaccaro S, Barea C (2011), PAS – Presunta sindrome di alienazione genitoriale. Uno strumento che perpetua il maltrattamento e la violenza, pag. 160. EdIt, Firenze. http://www.editpress.it/cms/book/pas-presunta-sindrome-di-alienazione-genitoriale

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IL TRAUMA E LE SUE CONSEGUENZE

La trascrizione e traduzione in italiano di questo video sono state rese disponibili dal Dr Salvatore Pitruzzello.

A metà degli anni ’90, il CDC e la Kaiser Permanente scoprirono un fattore che aumentava drasticamente per sette persone su 10 il rischio di essere colpite dalle principali cause di morte negli USA. In dosi massicce, ha effetti sullo sviluppo del cervello, sul sistema immunitario, ormonale, e anche sul modo in cui il nostro DNA viene letto e trascritto. Coloro che vi sono altamente esposti hanno un rischio tre volte maggiore di contrarre malattie cardiovascolari e cancro ai polmoni nella loro vita e hanno una differenza di 20 anni nell’aspettativa di vita. Eppure, oggi i dottori non sono formati per fare dei controlli o per curarlo. Il fattore di cui sto parlando non è un pesticida o un prodotto chimico. È il trauma infantile.

01:06

Di che tipo di trauma sto parlando? Non parlo di un’insufficienza a scuola o di perdere una partita di basket. Parlo di minacce così gravi e intense da entrare letteralmente sotto la pelle e cambiare la nostra fisiologia: cose come subire abusi o venire trascurati o crescere con un genitore alle prese con malattie mentali o con la tossicodipendenza.

01:31

Per molto tempo, ho guardato queste cose come mi era stato insegnato, come un problema sociale: rivolgersi ai servizi sociali, o come una malattia mentale: rivolgersi ai centri di salute mentale. Poi è successo qualcosa grazie a cui ho rivisto completamente il mio approccio.Quando terminai il mio internato, volevo andare in un posto in cui potevo sentirmi indispensabile, dove potevo fare la differenza. Così iniziai a lavorare per il California Pacific Medical Center, uno degli ospedali privati migliori della California del nord, e insieme, aprimmo una clinica a Bayview-Hunters Point, uno dei quartieri più poveri e meno serviti di San Francisco. Prima di quel momento, in tutta Bayview c’era un solo pediatra che curava più di 10 000 bambini, quindi ci demmo da fare e fornimmo cure eccellenti a prescindere dalla possibilità di poterle pagare. Era fantastico. Ci concentravamo sulle tipiche disuguaglianze nella sanità:l’accesso ai servizi, i tassi di vaccinazione, quelli dei ricoveri per l’asma e andavamo alla grande. Eravamo molto fieri di noi stessi.

02:45

Ma poi iniziai a notare una tendenza allarmante. Molti ragazzini venivano mandati da me per l’ADHD, ovvero la Sindrome da deficit di attenzione e iperattività, ma quando facevo loro una visita accurata, scoprivo che mi era impossibile disgnosticare l’ADHD nella maggior parte dei miei pazienti. Gran parte dei bambini che seguivo avevano subito traumi così gravi che sembrava esserci dell’altro. In un modo o nell’altro mi stava sfuggendo qualcosa di importante.

03:21

Prima del mio internato, ho conseguito una laurea magistrale in salute pubblica, e una delle prime cose che ti insegnano quando studi salute pubblica è che se sei un dottore e vedi cento bambini che bevono dallo stesso pozzo e a 98 di loro viene la diarrea, puoi continuare e scrivere la ricetta per dosi e dosi di antibiotico, oppure puoi andare lì e dire: ¨Cosa diavolo c’è in questo pozzo?¨ Quindi iniziai a leggere tutto ciò su cui potevo mettere le mani su come l’esposizione alle avversità influenzi i cervelli e i corpi in via di sviluppo dei bambini.

03:59

Poi, un giorno, un collega entrò nel mio ufficio, e mi disse: “Dottoressa Burke, ha visto questo?” Nella sua mano c’era una copia di una ricerca l’Adverse Childhood Experiences Study, Studio sulle esperienze infantili avverse. Quel giorno cambiò il mio approccio clinico e la mia carriera.

04:24

Lo Studio sulle Esperienze Infantili Avverse è qualcosa che tutti dovrebbero conoscere. Fu condotto dal Dott. Vince Felitti della Kaiser e dal dott. Bob Anda dei CDC, che, insieme, chiesero a 17.500 adulti se erano stati esposti a quelle che loro chiamavano ACE, Esperienze Infantili Avverse. Tra queste vi sono abusi fisici, emotivi o sessuali; l’essere trascurati fisicamente o emotivamente; genitori che sono stati in prigione, con malattie mentali o tossicodipendenti; separazione o divorzio dei genitori; o violenza domestica. Per ogni sì, si ottiene un punto ACE. Poi, i dottori misero in relazione i punteggi ACE con la salute dei partecipanti. Ciò che scoprirono fu scioccante. Due cose: Primo, le ACE sono incredibilmente diffuse. Il 77 per cento delle persone aveva almeno un punto ACE, e il 12,6 per cento, uno su otto, ne aveva almeno quattro. La seconda cosa che scoprirono è che vi era un rapporto di proporzionalità inversa tra le ACE e la salute: più era alto il punteggio ACE, più peggioravano le condizioni di salute. Per una persona con quattro o più ACE, il rischio relativo di contrarre broncopneumopatia cronica ostruttiva era di quattro volte e mezza superiore a quello di una persona con nessun ACE. Per l’epatite, il rischio era due volte e mezza superiore. Per la depressione, lo era di quattro volte e mezza. Per le tendenze suicide, il rischio era superiore di dodici volte. Una persona con sette o più ACE aveva un rischio tre volte superiore di contrarre un cancro ai polmoni e un rischio tre volte e mezza superiore di coronaropatia, la prima causa di morte negli Stati Uniti d’America.

06:31

Be’, ovviamente questo ha senso. Alcune persone hanno visto questi dati e hanno detto: ¨Be’, se hai un’infanzia difficile hai più probabilità di bere e fumare e fare una serie di cose che ti rovinano la salute. Questa non è scienza, sono solo cattive abitudini.¨

06:50

In realtà, è proprio qui che la scienza entra in gioco. Ora siamo in grado di capire come mai prima d’ora come l’esposizione ad esperienze infantili avverse comprometta i cervelli e i corpi in via di sviluppo dei bambini. Colpisce aree come il nucleus accumbens, il centro del piacere e della ricompensa del cervello che è coinvolto nella dipendenza da droghe, inibisce la corteccia prefrontale, che è fondamentale per il controllo degli impulsi e per le funzioni esecutive, un’area essenziale per l’apprendimento. E nelle risonanze magnetiche osserviamo consistenti differenze nell’amigdala, il centro di reazione alla paura. Quindi esistono ragioni neurologiche per cui chi viene esposto alle avversità in alte dosi ha più possibilità di assumere comportamenti rischiosi ed è importante saperlo.

07:44

Tuttavia, anche se non ti comporti in modo rischioso, hai un rischio più alto di contrarre malattie cardiovascolari o cancro. La causa di ciò risiede nell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il centro di risposta allo stress del cervello e del corpo che governa le nostre risposte di “lotta o fuga”. Come funziona? Be’, immaginate di camminare nella foresta e vedere un orso. Il vostro ipotalamo manda immediatamente un segnale all’ipofisi, che a sua volta manda un segnale alle ghiandole surrenali, dicendo: “Rilascio ormoni dello stress! Adrenalina! Cortisolo!” E il cuore inizia a battere forte, le pupille si dilatano, le vie respiratorie si aprono, e siete pronti a combattere contro l’orso oppure a scappare. E questo è meraviglioso se siete in una foresta e c’è un orso. (Risate) Il problema è ciò che succede quando l’orso torna a casa ogni sera, e questo sistema si attiva ancora, ancora e ancora, e passa dall’essere un adattamento, un salva-vita, ad essere il contrario, a danneggiare la salute. I bambini sono particolarmente sensibili a questo stress ripetuto, perché i loro corpi e cervelli sono in via di sviluppo. Le avversità in grandi dosi non solo compromettono il cervello, ma anche il sistema immunitario in via di sviluppo, i sistemi ormonali, e anche il modo in cui il nostro DNA viene letto e trascritto.

09:32

Quindi, questi dati hanno gettato al vento tutta la mia vecchia formazione, perché quando capiamo il meccanismo di una malattia, quando sappiamo non solo quali vie sono danneggiate, ma come, allora, come dottori, è nostro dovere usare questa scienza per la prevenzione e il trattamento. Ed è questo che facciamo.

09:54

A San Francisco abbiamo fondato il Centro per il Benessere Giovanile per prevenire, rilevare e curare gli impatti di ACE e stress tossico. Abbiamo iniziato facendo semplicemente controlli di routine su tutti i bambini durante le loro normali visite, perché so che se la mia paziente ha un punteggio ACE di 4, ha un rischio di 2,5 volte superiore di contrarre epatite o bronchite cronica,un rischio quattro volte superiore di diventare depressa, e un rischio di 12 volte superiore di cercare di togliersi la vita rispetto ai miei pazienti con nessun ACE. Lo so già quando è nel mio studio. Per i pazienti con risultati positivi nello screening, abbiamo una squadra di trattamento che lavora per ridurre l’avversità e curare i sintomi con i migliori metodi, tra cui visite a domicilio, coordinamento della sanità, salute mentale, nutrizione, interventi olistici e sì, quando necessari, i farmaci. Ma informiamo i genitori sugli impatti di ACE e stress tossico nello stesso modo che usiamo per la copertura delle prese elettriche o l’avvelenamento da piombo. e personalizziamo i trattamenti per i pazienti asmatici e diabetici in modo da riconoscere che potrebbero essere trattamenti più aggressivi, visti i cambiamenti a cui sono sottoposti i loro sistemi immunitari e ormonali.

11:17

Un’altra cosa che succede quando capisci queste cose è che vuoi urlarlo al vento, perché non è un problema solo dei bambini di Bayview. Pensavo che, nel momento in cui tutti ne avessero sentito parlare, ci sarebbero stati esami di routine, squadre di trattamento multidisciplinari, e una sfida a chi avesse i protocolli di trattamento clinico più efficaci. Ecco, questo non è successo. Ed è stata una lezione importante per me. Ciò che ritenevo essere semplicemente la migliore prassi clinica si è rivelata per me un movimento. Per usare le parole del Dottor Robert Block, l’ex presidente dell’Accademia Americana di Pediatria, “Le esperienze infantili avverse sono la più grande minaccia per la salute pubblica ancora irrisolta che ci sia oggi nel nostro paese.” E per molte persone, quest’idea è terrificante. La portata e le dimensioni di questo problema sono così grandi che sembra impossibile affrontarlo. Ma per me, è proprio qui che risiede la speranza, perché quando abbiamo le giuste strutture, e quando ci rendiamo conto che questa è una crisi della salute pubblica, allora possiamo iniziare ad usare i giusti strumenti per trovare soluzioni. Dal tabacco all’avvelenamento da piombo all’HIV/AIDS gli Stati Uniti hanno precedenti eccezionali per quanto riguarda la risoluzione di problemi di salute pubblica, ma avere successo anche con le ACE e lo stress tossico richiede determinazione e impegno, e quando osservo la risposta della nostra nazione fino ad adesso, mi chiedo, perché non prendiamo tutto questo più seriamente?

13:15

Sapete, all’inizio pensavo che mettessimo da parte il problema perché non ci riguardava direttamente. È un problema di quei bambini di quei quartieri. Il che è strano, visto che i dati non reggono questa ipotesi. Lo studio originale sulle ACE era stato fatto su una popolazione per il 70 per cento caucasica, e per il 70 per cento laureata. Ma poi, più parlavo con la gente, più sembrava che la situazione fosse l’esatto opposto. Se dovessi chiedere quante persone in questa stanza sono cresciute con un membro familiare con malattie mentali, sono sicura che si alzerebbero diverse mani. E se chiedessi quanti di voi avevano un genitore che beveva forse troppo, o che pensavano che chi ama bene castiga bene scommetto che si alzerebbero alcune mani in più. Anche in questa stanza, questo problema riguarda molti di noi, e sto iniziando a pensare che lo mettiamo da parte perché effettivamente ci riguarda. Forse è più facile vederlo in altre zone, perché non vogliamo guardarlo in faccia. Preferiamo ammalarci.

14:34

Fortunatamente, il progresso scientifico e, sinceramente, le realtà economiche rendono quest’opzione sempre meno accessibile. La scienza è chiara: Le avversità nell’infanzia possono compromettere la salute per tutta la vita. Oggi, iniziamo a capire come interrompere il passaggio dalle avversità infantili alla malattia e alla morte precoce, e in 30 anni, i bambini con un punteggio ACE alto, i cui sintomi comportamentali non vengono riconosciuti, il cui controllo dell’asma non viene associato al problema, e che contraggono pressione sanguigna alta, e malattie cardiovascolari o cancro precoci, saranno rari come una mortalità di sei mesi da HIV/AIDS. Le persone osserveranno la situazione e diranno: “cosa diavolo è successo qui?” Tutto questo è curabile. Tutto questo si può sconfiggere. La cosa più importante di cui abbiamo bisogno oggi è il coraggio di guardare in faccia il problema e renderci conto che è reale e che ci riguarda tutti. Io credo che noi tutti siamo il movimento.

15:52

Grazie.

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