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LA CARTA DI NOTO – II PARTE

Come già detto nella prima parte, in questa seconda parte mi propongo di analizzare il contenuto del documento Carta di Noto IV.

Il sottotitolo riporta: Linee guida per l’esame del minore.

Primo problema: le linee guida vengono proposte dalle maggiori società scientifiche per ciascuna disciplina medica sulla base delle evidenze scientifiche più aggiornate, corredate della bibliografia più significativa che ha consentito di formulare le linee guida medesime, con indicazione degli studi clinici che hanno consentito di pervenire a quei suggerimenti clinico-terapeutici. A mero titolo di esempio riporto il link alle linee guida per il trattamento precoce della schizofrenia.

Nel documento proposto mancano del tutto i requisiti indispensabili per definire un documento come linea guida; più avanti viene definito come protocollo che fa propri i principi delle linee guida nazionali. Se è un protocollo perché sottotitolarlo come linee guida? Si tratta di due cose diverse.

Il documento si apre con queste parole:

«La memoria non è una riproduzione precisa degli eventi percepiti in quanto essa è un processo dinamico e (ri)costruttivo. Il processo mnestico è molto sensibile alle influenze esterne che possono interferire a livello della codifica, del consolidamento e/o del richiamo. Gli effetti dei processi di costruzione della memoria autobiografica assumono una particolare rilevanza nei bambini, a causa della loro maggiore suggestionabilità, della loro dipendenza dal contesto ambientale e dalla difficoltà nel corretto monitoraggio della fonte di informazioni (esperienza vissuta, assistita o narrata).»

Riferimenti bibliografici circa queste affermazioni? Zero. Studi clinici? Meno di zero. Dovremmo credere loro sulla parola.

Ancora più problematico il secondo periodo:

«È probabile che eventuali vuoti nel ricordo siano colmati con elementi coerenti con l’avvenimento oggetto del ricordo inferiti da informazioni disponibili, per quanto non direttamente percepiti durante l’esperienza originaria. L’amnesia infantile può essere totale, prima dello sviluppo del linguaggio (primi due anni di vita), o parziale, nel periodo in cui il bambino non ha ancora acquisito piena competenza linguistica (sino ai tre anni e mezzo circa). In ogni caso, i ricordi riferiti a questa fase evolutiva, per essere considerati accurati e credibili, devono essere corroborati da riscontri indipendenti ed estrinseci.»

È probabile in che misura? Dieci per cento? Mille per cento?

L’amnesia infantile (ancora questo concetto!!) può essere totale nei primi due anni di vita? Non mi risulta che i bambini sino ai due anni di età siano degli smemorati.

Una volta per tutte: il concetto di amnesia infantile è stato introdotto da Freud. Con questo concetto Freud si riferiva alla tipica amnesia che, nelle persone adulte, riguarda gli anni della prima o primissima infanzia. Mai Freud ha scritto che riguarda la eventuale mancanza di memoria dei bambini. Questa è una vera e propria falsità scientifica sulla base della quale i bambini che denunciano abusi sessuali, o violenze, non vengono creduti; questa falsità scientifica entra nelle sentenze e diviene verità giudiziaria. Ma sempre falsità scientifica rimane. Non so se ai giudici vada bene far diventare verità giudiziaria le falsità scientifiche.

Sull’amnesia infantile, comunque, mi sono già espresso; rimando pertanto a quello scritto. Aggiungo solo che il sito citato, quello sulla testimonianza del minore non esiste più; che si siano resi conto che pubblicavano delle bufale? A ogni buon conto è archiviato sul webarchive, l’ultimo snapshot è del 27 marzo 2015.

Se si parla di esame della testimonianza del minore è chiaro che si parla di minori vittime di violenza o di abusi sessuali; il tipo di memoria implicato in questi ricordi non coincide esattamente con la memoria autobiografica, cioè il ricordo di eventi personali non traumatici.

Uno dei massimi studiosi delle memorie precoci traumatiche è il prof. Theodore J. Gaensbauer; in un suo articolo del 2002 riporta le sue esperienze cliniche con i ricordi traumatici di bambini a partire dall’età neonatale. Rimando alla terza parte per la descrizione di questo importante lavoro sulle memorie traumatiche precoci.

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IL TRAUMA E LE SUE CONSEGUENZE

La trascrizione e traduzione in italiano di questo video sono state rese disponibili dal Dr Salvatore Pitruzzello.

A metà degli anni ’90, il CDC e la Kaiser Permanente scoprirono un fattore che aumentava drasticamente per sette persone su 10 il rischio di essere colpite dalle principali cause di morte negli USA. In dosi massicce, ha effetti sullo sviluppo del cervello, sul sistema immunitario, ormonale, e anche sul modo in cui il nostro DNA viene letto e trascritto. Coloro che vi sono altamente esposti hanno un rischio tre volte maggiore di contrarre malattie cardiovascolari e cancro ai polmoni nella loro vita e hanno una differenza di 20 anni nell’aspettativa di vita. Eppure, oggi i dottori non sono formati per fare dei controlli o per curarlo. Il fattore di cui sto parlando non è un pesticida o un prodotto chimico. È il trauma infantile.

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Di che tipo di trauma sto parlando? Non parlo di un’insufficienza a scuola o di perdere una partita di basket. Parlo di minacce così gravi e intense da entrare letteralmente sotto la pelle e cambiare la nostra fisiologia: cose come subire abusi o venire trascurati o crescere con un genitore alle prese con malattie mentali o con la tossicodipendenza.

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Per molto tempo, ho guardato queste cose come mi era stato insegnato, come un problema sociale: rivolgersi ai servizi sociali, o come una malattia mentale: rivolgersi ai centri di salute mentale. Poi è successo qualcosa grazie a cui ho rivisto completamente il mio approccio.Quando terminai il mio internato, volevo andare in un posto in cui potevo sentirmi indispensabile, dove potevo fare la differenza. Così iniziai a lavorare per il California Pacific Medical Center, uno degli ospedali privati migliori della California del nord, e insieme, aprimmo una clinica a Bayview-Hunters Point, uno dei quartieri più poveri e meno serviti di San Francisco. Prima di quel momento, in tutta Bayview c’era un solo pediatra che curava più di 10 000 bambini, quindi ci demmo da fare e fornimmo cure eccellenti a prescindere dalla possibilità di poterle pagare. Era fantastico. Ci concentravamo sulle tipiche disuguaglianze nella sanità:l’accesso ai servizi, i tassi di vaccinazione, quelli dei ricoveri per l’asma e andavamo alla grande. Eravamo molto fieri di noi stessi.

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Ma poi iniziai a notare una tendenza allarmante. Molti ragazzini venivano mandati da me per l’ADHD, ovvero la Sindrome da deficit di attenzione e iperattività, ma quando facevo loro una visita accurata, scoprivo che mi era impossibile disgnosticare l’ADHD nella maggior parte dei miei pazienti. Gran parte dei bambini che seguivo avevano subito traumi così gravi che sembrava esserci dell’altro. In un modo o nell’altro mi stava sfuggendo qualcosa di importante.

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Prima del mio internato, ho conseguito una laurea magistrale in salute pubblica, e una delle prime cose che ti insegnano quando studi salute pubblica è che se sei un dottore e vedi cento bambini che bevono dallo stesso pozzo e a 98 di loro viene la diarrea, puoi continuare e scrivere la ricetta per dosi e dosi di antibiotico, oppure puoi andare lì e dire: ¨Cosa diavolo c’è in questo pozzo?¨ Quindi iniziai a leggere tutto ciò su cui potevo mettere le mani su come l’esposizione alle avversità influenzi i cervelli e i corpi in via di sviluppo dei bambini.

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Poi, un giorno, un collega entrò nel mio ufficio, e mi disse: “Dottoressa Burke, ha visto questo?” Nella sua mano c’era una copia di una ricerca l’Adverse Childhood Experiences Study, Studio sulle esperienze infantili avverse. Quel giorno cambiò il mio approccio clinico e la mia carriera.

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Lo Studio sulle Esperienze Infantili Avverse è qualcosa che tutti dovrebbero conoscere. Fu condotto dal Dott. Vince Felitti della Kaiser e dal dott. Bob Anda dei CDC, che, insieme, chiesero a 17.500 adulti se erano stati esposti a quelle che loro chiamavano ACE, Esperienze Infantili Avverse. Tra queste vi sono abusi fisici, emotivi o sessuali; l’essere trascurati fisicamente o emotivamente; genitori che sono stati in prigione, con malattie mentali o tossicodipendenti; separazione o divorzio dei genitori; o violenza domestica. Per ogni sì, si ottiene un punto ACE. Poi, i dottori misero in relazione i punteggi ACE con la salute dei partecipanti. Ciò che scoprirono fu scioccante. Due cose: Primo, le ACE sono incredibilmente diffuse. Il 77 per cento delle persone aveva almeno un punto ACE, e il 12,6 per cento, uno su otto, ne aveva almeno quattro. La seconda cosa che scoprirono è che vi era un rapporto di proporzionalità inversa tra le ACE e la salute: più era alto il punteggio ACE, più peggioravano le condizioni di salute. Per una persona con quattro o più ACE, il rischio relativo di contrarre broncopneumopatia cronica ostruttiva era di quattro volte e mezza superiore a quello di una persona con nessun ACE. Per l’epatite, il rischio era due volte e mezza superiore. Per la depressione, lo era di quattro volte e mezza. Per le tendenze suicide, il rischio era superiore di dodici volte. Una persona con sette o più ACE aveva un rischio tre volte superiore di contrarre un cancro ai polmoni e un rischio tre volte e mezza superiore di coronaropatia, la prima causa di morte negli Stati Uniti d’America.

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Be’, ovviamente questo ha senso. Alcune persone hanno visto questi dati e hanno detto: ¨Be’, se hai un’infanzia difficile hai più probabilità di bere e fumare e fare una serie di cose che ti rovinano la salute. Questa non è scienza, sono solo cattive abitudini.¨

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In realtà, è proprio qui che la scienza entra in gioco. Ora siamo in grado di capire come mai prima d’ora come l’esposizione ad esperienze infantili avverse comprometta i cervelli e i corpi in via di sviluppo dei bambini. Colpisce aree come il nucleus accumbens, il centro del piacere e della ricompensa del cervello che è coinvolto nella dipendenza da droghe, inibisce la corteccia prefrontale, che è fondamentale per il controllo degli impulsi e per le funzioni esecutive, un’area essenziale per l’apprendimento. E nelle risonanze magnetiche osserviamo consistenti differenze nell’amigdala, il centro di reazione alla paura. Quindi esistono ragioni neurologiche per cui chi viene esposto alle avversità in alte dosi ha più possibilità di assumere comportamenti rischiosi ed è importante saperlo.

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Tuttavia, anche se non ti comporti in modo rischioso, hai un rischio più alto di contrarre malattie cardiovascolari o cancro. La causa di ciò risiede nell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il centro di risposta allo stress del cervello e del corpo che governa le nostre risposte di “lotta o fuga”. Come funziona? Be’, immaginate di camminare nella foresta e vedere un orso. Il vostro ipotalamo manda immediatamente un segnale all’ipofisi, che a sua volta manda un segnale alle ghiandole surrenali, dicendo: “Rilascio ormoni dello stress! Adrenalina! Cortisolo!” E il cuore inizia a battere forte, le pupille si dilatano, le vie respiratorie si aprono, e siete pronti a combattere contro l’orso oppure a scappare. E questo è meraviglioso se siete in una foresta e c’è un orso. (Risate) Il problema è ciò che succede quando l’orso torna a casa ogni sera, e questo sistema si attiva ancora, ancora e ancora, e passa dall’essere un adattamento, un salva-vita, ad essere il contrario, a danneggiare la salute. I bambini sono particolarmente sensibili a questo stress ripetuto, perché i loro corpi e cervelli sono in via di sviluppo. Le avversità in grandi dosi non solo compromettono il cervello, ma anche il sistema immunitario in via di sviluppo, i sistemi ormonali, e anche il modo in cui il nostro DNA viene letto e trascritto.

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Quindi, questi dati hanno gettato al vento tutta la mia vecchia formazione, perché quando capiamo il meccanismo di una malattia, quando sappiamo non solo quali vie sono danneggiate, ma come, allora, come dottori, è nostro dovere usare questa scienza per la prevenzione e il trattamento. Ed è questo che facciamo.

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A San Francisco abbiamo fondato il Centro per il Benessere Giovanile per prevenire, rilevare e curare gli impatti di ACE e stress tossico. Abbiamo iniziato facendo semplicemente controlli di routine su tutti i bambini durante le loro normali visite, perché so che se la mia paziente ha un punteggio ACE di 4, ha un rischio di 2,5 volte superiore di contrarre epatite o bronchite cronica,un rischio quattro volte superiore di diventare depressa, e un rischio di 12 volte superiore di cercare di togliersi la vita rispetto ai miei pazienti con nessun ACE. Lo so già quando è nel mio studio. Per i pazienti con risultati positivi nello screening, abbiamo una squadra di trattamento che lavora per ridurre l’avversità e curare i sintomi con i migliori metodi, tra cui visite a domicilio, coordinamento della sanità, salute mentale, nutrizione, interventi olistici e sì, quando necessari, i farmaci. Ma informiamo i genitori sugli impatti di ACE e stress tossico nello stesso modo che usiamo per la copertura delle prese elettriche o l’avvelenamento da piombo. e personalizziamo i trattamenti per i pazienti asmatici e diabetici in modo da riconoscere che potrebbero essere trattamenti più aggressivi, visti i cambiamenti a cui sono sottoposti i loro sistemi immunitari e ormonali.

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Un’altra cosa che succede quando capisci queste cose è che vuoi urlarlo al vento, perché non è un problema solo dei bambini di Bayview. Pensavo che, nel momento in cui tutti ne avessero sentito parlare, ci sarebbero stati esami di routine, squadre di trattamento multidisciplinari, e una sfida a chi avesse i protocolli di trattamento clinico più efficaci. Ecco, questo non è successo. Ed è stata una lezione importante per me. Ciò che ritenevo essere semplicemente la migliore prassi clinica si è rivelata per me un movimento. Per usare le parole del Dottor Robert Block, l’ex presidente dell’Accademia Americana di Pediatria, “Le esperienze infantili avverse sono la più grande minaccia per la salute pubblica ancora irrisolta che ci sia oggi nel nostro paese.” E per molte persone, quest’idea è terrificante. La portata e le dimensioni di questo problema sono così grandi che sembra impossibile affrontarlo. Ma per me, è proprio qui che risiede la speranza, perché quando abbiamo le giuste strutture, e quando ci rendiamo conto che questa è una crisi della salute pubblica, allora possiamo iniziare ad usare i giusti strumenti per trovare soluzioni. Dal tabacco all’avvelenamento da piombo all’HIV/AIDS gli Stati Uniti hanno precedenti eccezionali per quanto riguarda la risoluzione di problemi di salute pubblica, ma avere successo anche con le ACE e lo stress tossico richiede determinazione e impegno, e quando osservo la risposta della nostra nazione fino ad adesso, mi chiedo, perché non prendiamo tutto questo più seriamente?

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Sapete, all’inizio pensavo che mettessimo da parte il problema perché non ci riguardava direttamente. È un problema di quei bambini di quei quartieri. Il che è strano, visto che i dati non reggono questa ipotesi. Lo studio originale sulle ACE era stato fatto su una popolazione per il 70 per cento caucasica, e per il 70 per cento laureata. Ma poi, più parlavo con la gente, più sembrava che la situazione fosse l’esatto opposto. Se dovessi chiedere quante persone in questa stanza sono cresciute con un membro familiare con malattie mentali, sono sicura che si alzerebbero diverse mani. E se chiedessi quanti di voi avevano un genitore che beveva forse troppo, o che pensavano che chi ama bene castiga bene scommetto che si alzerebbero alcune mani in più. Anche in questa stanza, questo problema riguarda molti di noi, e sto iniziando a pensare che lo mettiamo da parte perché effettivamente ci riguarda. Forse è più facile vederlo in altre zone, perché non vogliamo guardarlo in faccia. Preferiamo ammalarci.

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Fortunatamente, il progresso scientifico e, sinceramente, le realtà economiche rendono quest’opzione sempre meno accessibile. La scienza è chiara: Le avversità nell’infanzia possono compromettere la salute per tutta la vita. Oggi, iniziamo a capire come interrompere il passaggio dalle avversità infantili alla malattia e alla morte precoce, e in 30 anni, i bambini con un punteggio ACE alto, i cui sintomi comportamentali non vengono riconosciuti, il cui controllo dell’asma non viene associato al problema, e che contraggono pressione sanguigna alta, e malattie cardiovascolari o cancro precoci, saranno rari come una mortalità di sei mesi da HIV/AIDS. Le persone osserveranno la situazione e diranno: “cosa diavolo è successo qui?” Tutto questo è curabile. Tutto questo si può sconfiggere. La cosa più importante di cui abbiamo bisogno oggi è il coraggio di guardare in faccia il problema e renderci conto che è reale e che ci riguarda tutti. Io credo che noi tutti siamo il movimento.

15:52

Grazie.

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