Un terzo parere

Di seguito un parere tecnico richiestomi dall’avvocata della madre per confutare una relazione di parte redatta da una nota psicologa, assidua frequentatrice di salotti televisivi e grande sostenitrice della PAS.

La D.ssa … dà atto di aver scritto la propria relazione solo sulla base della narrazione che il sig. .. le ha reso circa la sua vicenda (priva quindi di un minimo di oggettività) ed estrapolando alcuni paragrafi dalla CTU della D.ssa … che utilizza per costruire il “castello in aria” (1) conclusivo della presunta “sindrome di alienazione genitoriale” (più brevemente PAS) dalla quale, a giudizio della D.ssa …, sarebbero affetti il bambino e la madre; convinzione espressa, prudentemente, dalla D.ssa … a livello di mera ipotesi, ma in Tribunale si devono portare certezze, sia pur relative come tutte le certezze scientifiche, e non mere ipotesi, peraltro già sconfessate dalla letteratura scientifica psichiatrica.

La relazione della D.ssa … è viziata da numerosi errori sia metodologici sia sostanziali; difatti:

1) La D.ssa …, a pag. 13, formula al minore la diagnosi di un “Disturbo d’Ansia Reattivo”; la D.ssa … non conosce il minore né lo ha mai sottoposto a visita. È metodologicamente errato, oltre che deontologicamente scorretto, esprimere una valutazione diagnostica senza la conoscenza professionale diretta del soggetto, in particolare quando trattasi di minori (2).

2) Nella suddetta relazione viene espressa una stridente contraddizione, sempre a pag. 13, tra l’affermazione fatta nelle prime righe – “… PAS, disfunzione ad intensa connotazione psicopatologica …” (righi 6 e 7) – e quella nelle righe successive – “… PAS … si fonda … su psicodinamica … a tinteggiatura nevrotica di tipo isteriforme … ma di per sé non rappresenta quadro psicopatologico …” (righi 22 e 23).

3) Nello stesso paragrafo di pag. 13 la D.ssa … esprime un concetto illogico laddove afferma, riferendosi alla già citata PAS, che essa “di per sé non rappresenta quadro psicopatologico accreditato in nosografia” (rigo 23). È lapalissiano che una entità non accreditata in nosografia, nello specifico quella psichiatrica, non può rappresentare un quadro psicopatologico. La nosografia, difatti, è lo studio descrittivo delle malattie; nel campo psichiatrico è lo studio delle entità psicopatologiche. Ciò che è di rilievo psicopatologico viene ricompreso nelle classificazioni nosografiche; tutto ciò che non è compreso nelle classificazioni nosografiche non è, evidentemente, di rilievo psicopatologico.

4) Un primo rilievo sostanziale alla relazione della D.ssa … concerne l’ormai abusato, e usato a sproposito, concetto di amnesia infantile. Per amnesia infantile s’intende la difficoltà di ricordare da adulti episodi della prima e primissima infanzia; questo concetto risale a Sigmund Freud che lo osservò nei pazienti adulti da lui sottoposti a terapia psicanalitica (3). Si tratta quindi di un concetto che va riferito e circoscritto ai soli adulti mentre qui stiamo parlando dei ricordi di un bambino; per tale motivo è fuori luogo parlare di amnesia infantile in questo contesto.

Del resto è lo stesso lavoro citato dalla D.ssa … a sostegno della sua tesi sull’amnesia infantile che la smentisce; a pag. 11 infatti la D.ssa … riporta un grafico (“Figura 1”) con etichette ai due assi cartesiani in inglese ma con didascalia in italiano; nella didascalia si legge:

«Numero degli eventi autobiografici ricordati nei primi 10 anni di vita, tratto da “Distribution of Important and Word-Cued Autobiographical Memories in 20-, 35-, and 70-Year-Old Adults” by D.C. Rubin and M.D. Schulkind, 1997, Psychology and Ag-ing. In ascissa è posta l’età dei soggetti e in ordinata il numero di eventi ricordati alle varie età. Come si vede il numero di eventi ricordati aumenta moltissimo dopo i quattro anni per poi stabilizzarsi dopo i dieci anni» (4).

Poiché vi è una stridente contraddizione tra il titolo dell’articolo citato, dal quale si evince che lo studio è stato condotto su soggetti adulti dell’età rispettivamente di 20, 35 e 73 anni di età, e il commento al grafico secondo il quale l’età dei soggetti esaminati andrebbe da 0 a 10 anni di età, lo scrivente ha consultato l’articolo originale (5). Ebbene il grafico dell’articolo originale è il seguente:

Come si vede, la didascalia originale è nettamente diversa da quella italiana; gli autori hanno rappresentato con una scala logaritmica la distribuzione dei ricordi nella prima decade di vita dei soggetti studiati, e cioè di adulti rispettivamente di 20, 35 e 70 anni di età; in questo studio non sono stati inseriti minori ma solo soggetti adulti, pertanto le considerazioni riportate dalla D.ssa … sono fuori luogo e il grafico da lei riportato è una grossolana contraffazione dell’originale.

Il richiamo al concetto di amnesia infantile, nel caso in discussione, è anche inopportuno per un altro ordine di ragioni; nel caso di YYY non abbiamo a che fare con un bambino che non ricorda alcune cose (ché in tale caso sarebbe anche potuto essere appropriato dire che non ricorda certe cose per via dell’amnesia infantile) ma di un bambino che riferisce dei ricordi. A prescindere dalla veridicità o meno di questi ricordi, non è per niente sostenibile la tesi che il bambino ha certi ricordi per via dell’amnesia infantile. Se c’è ricordo non c’è amnesia, se c’è amnesia non ci può essere ricordo! A questa logica non si sfugge; non si può affermare che c’è un particolare tipo di ricordo perché c’è amnesia per lo stesso ricordo. O l’uno o l’altra; e se il soggetto ha dei ricordi circa un determinato episodio vuol dire che non ha amnesia per lo stesso episodio.

Nel caso di eventi traumatici, o comunque a valenza traumatizzante, il ricordo permane, ed è indelebile, sin dalla primissima infanzia; si riporta uno per tutti il lavoro di Gaensbauer (6) che dimostra la presenza di ricordi di fatti a valenza traumatizzante anche in bambini di pochi mesi. L’autore cita il caso di una bambina che aveva subito abusi sessuali all’età di sei mesi e che poco prima dei tre anni di età ha ricostruito esattamente l’abuso subito (7).

Né è possibile che venga creato, o indotto, il falso ricordo di un evento traumatizzante.

Petruccelli e coll. (8) s’interrogano su quale tipo di falso ricordo possa essere indotto; citano l’esperimento di psicologi americani, Kathy Pezdek e coll. (9), del racconto fatto ad adolescenti di falsi eventi della loro infanzia, quali l’essersi persi in un centro commerciale e l’aver subito un clistere da piccoli. Lo studio concluse che appena il 15% dei ragazzi sottoposti all’esperimento dell’induzione del falso ricordo ammise di essersi perso in un centro commerciale nell’infanzia ma nessuno ammise di aver subito un clistere da piccolo. L’elemento discriminante, concludono gli autori, sembra essere la plausibilità dell’evento che si vuole inculcare come falso ricordo.

La D.ssa … è in errore quando scrive (pag. 11) che “non può essere credibile che YYY possa minimamente ricordarsi a cinque anni degli eventi presumibilmente avvenuti quando lo stesso aveva solo un anno”. In primo luogo, come emerge dalla lettura degli atti, YYY all’età di 4-5 anni riferiva eventi traumatici di cui era stato vittima quando aveva 2-3 anni. In secondo luogo la letteratura sulle memorie precoci è concorde, come surriferito, nel ritenere che il ricordo di eventi traumatici sia molto precoce e resti indelebile nella mente, né è possibile indurre il falso ricordo di un evento traumatico. L’affermazione categorica della D.ssa … è pertanto inammissibile.

5) Un secondo rilievo sostanziale alla relazione della D.ssa … concerne, come dire, proprio il core della stessa, vale a dire il concetto di PAS, o sindrome di alienazione genitoriale. Come ben noto agli operatori del diritto, nel 2013 la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sull’utilizzo in ambito giudiziario di concetti scientifici, con la sentenza del 20 marzo 2013 n° 7041, affermando, in riferimento proprio alla PAS:

Di certo non può ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare”.

Il mondo scientifico medico-psichiatrico internazionale e nazionale ha sempre rigettato questo concetto sin dalla sua formulazione perché non basato su studi accurati ma solo sul parere del suo ideatore, il Dr Richard Alan Gardner (10), e dei suoi epigoni; parere non sostenuto da studi scientifici pubblicati in riviste di rilievo internazionale, come è consuetudine nella ricerca medica, ma solo dalle affermazioni di Gardner a carattere fideistico; nel corso delle sue conferenze, infatti, era solito rivolgersi all’uditorio con l’espressione: “Miei fedeli” (11).

Il prof. Paul Fink, recentemente scomparso, già Presidente dell’Associazione Psichiatrica Americana e uno dei coordinatori della terza edizione della classificazione americana dei disturbi mentali (DSM-III-R), definì sbrigativamente la teoria della PAS come “scienza spazzatura” (junk science).

Di recente in Italia, nell’ottobre del 2012, si è espresso sulla questione il Ministro della Salute per voce del Sottosegretario alla Salute di allora, il prof. Adelfio Elio Cardinale, già Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità e illustre studioso di chiara fama internazionale, affermando categoricamente che (12):

Sebbene la PAS sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine «disturbo», in linea con la comunità scientifica internazionale, l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici”.

Reiterare questo concetto dopo queste autorevoli pronunce (Ministro per la Salute e Suprema Corte di Cassazione) che lo hanno rigettato perché non scientifico, è indice di scarso aggiornamento scientifico e costituisce precisa violazione del Codice deontologico (58).

Questa inesistente condizione è stata sconfessata sin dalla sua nascita dalla comunità scientifica internazionale, mai ricompresa nelle due classificazioni internazionali delle malattie (l’ICD dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e il DSM dell’Associazione Psichiatrica Americana), inesistente nei testi e trattati di psichiatria, definita come “pericolosa per i minori e per la stessa Giustizia penale” dal NDAA (National District Attorney Association), Associazione Nazionale degli Avvocati Americani, come affermato in un articolo pubblicato dalla rivista ufficiale della APRI (American Prosecutors Research Institute), Istituto di Ricerca dei Procuratori Americani (13); si tratta di un inganno retorico inventato negli USA verso la metà degli anni ’80 da un medico, morto suicida accoltellandosi con un grosso coltello da macellaio dopo essersi imbottito di droga (14), e che venne definito dai media statunitensi come un “autentico mostro americano” (necrologio di Gardner sul The Independent del 31 maggio 2003 – 15) che torna periodicamente a galla in alcune vicende separative, tirato in ballo da una delle parti per tentare di volgere a proprio favore l’esito del processo.

6) A pag. 14 la D.ssa … arriva addirittura a prevedere che “… YYY sviluppi, in età post-adolescenziale, possibile quadro psicopatologico attinente a grave Disturbo di Personalità, o a Disturbo Dissociativo di tipo disaffettivo, ovvero a Psiconevrosi depressiva”.

Anche qui lo scrivente deve rilevare che le affermazioni della D.ssa … non trovano riscontro nella trattatistica psichiatrica corrente; difatti:

a) I disturbi di personalità sono trattati dal DSM-5 (16) da pag 747 a pag 793; orbene, per nessun tipo di disturbo di personalità viene indicato come fattore di rischio la cosiddetta PAS.

b) I disturbi dissociativi sono trattati da pag 337 a pag 356 del manuale, e tra essi lo scrivente non ha trovato il tipo disaffettivo, e comunque la PAS non è nominata tra i possibili fattori di rischio per un disturbo dissociativo.

c) Il concetto di psiconevrosi depressiva è alquanto obsoleto, non è utilizzato modernamente in psichiatria, e anche qui, nel capitolo dei disturbi dell’umore, da pag 143 a pag 216 del manuale, non si ritrova la PAS tra i possibili fattori di rischio.

Orbene, se 36.000 psichiatri nel mondo intero (a tanto ammonta il numero di psichiatri che hanno messo a punto il DSM-5) sono concordi nel ritenere, sulla base degli studi condotti, che tra le cause dei disturbi citati non rientra la cosiddetta PAS, possiamo dare credito al parere personale, per quanto rispettabile, di una psicologa che non cita nemmeno un lavoro a sostegno delle sue affermazioni?

In conclusione, si dissente totalmente dalle affermazioni della D.ssa … così come si dissente dalle sue conclusioni.

Non ha senso alcuno la proposta di sottoporre il minore a una nuova CTU; una nuova CTU sarebbe destabilizzante, fonte di ulteriore sofferenza per un bambino che è stato già periziato in sede civile dalla dott.ssa …, in sede penale dal dott. … e dalla dott.ssa …, poi soggetto a una psicoterapia su indicazione dei Servizi Sociali di …, nel periodo compreso tra … … e l’… …, condotta dalla D.ssa ….

Così come aberrante pare allo scrivente la proposta della controparte di allontanare il minore dalla madre; la madre, lo si deduce dalla lettura degli atti, rappresenta per YYY un riferimento affettivo importante, è la sua figura di attaccamento primario, capace di rassicurarlo e alleviare le sue ansie. Sicuramente è importante per il minore recuperare il rapporto con il padre, ma questo deve avvenire in maniera spontanea e genuina, senza forzature, rispettando i suoi tempi, i suoi timori, le sue paure. Bisogna dare a YYY il tempo che gli è necessario per elaborare il trauma e recuperare nel suo intimo il rapporto con la figura paterna; solo a quel punto sarà pronto a relazionarsi col padre. Un padre che vuole davvero bene a suo figlio sa aspettare i tempi giusti.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. La definizione della PAS come “castello in aria” non è dello scrivente ma è un concetto espresso sin dal lontano 2010 dalla Associazione Spagnola di Neuropsichiatria (AEN – Associación Española de Neuropsiquiatria), la massima Società scientifica spagnola di Psichiatri e Neuropsichiatri, in una dichiarazione contro l’uso clinico e legale della cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale. Il documento è reperibile all’indirizzo internet: http://www.aen.es/docs/Pronunciamiento_SAP.pdf; Attualmente al link: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/aen_sap.pdf
  2. Art. 8 delle Linee guida deontologiche per la psicologia forense: Lo psicologo forense esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta, ovvero su documentazione adeguata e attendibile. Nei procedimenti che coinvolgono un minore è da considerare deontologicamente scorretto esprimere un parere sul bambino senza averlo esaminato. https://bit.ly/2QgX0Ul
  3. Freud S (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, in La vita sessuale, pag. 73. Universale Scientifica Boringhieri, Torino, 1970.
  4. L’immagine, con la medesima didascalia è stata prelevata da questo sito: http://testimonianzaminori.psy.unipd.it/07.html
  5. https://bit.ly/3xeYv62
  6. Gaensbauer TJ (2002), Representations of trauma in infancy: clinical and theoretical implications for the understanding of early memory. Infant Mental Health Journal, Vol. 23(3), 259–277. Nell’abstract l’Autore scrive: “The clinical data, reinforced by research findings, indicate that preverbal children, even in the first year of life, can establish and retain some form of internal representation of a traumatic event over significant periods of time”. Online al link:https://bit.ly/3tHwrWA
  7. Terr (1988) described a child sexually abused before six months of age who, at just under three years of age, carried out a variety of sexual enactments with dolls, including vaginal penetration, that were consistent with pornographic photos taken in the course of her sexual abuse. In Gaensbauer, già cit.
  8. Petruccelli F, Verrastro V, Santilli M (2007), Memoria e suggestionabilità nell’età evolutiva. Franco Angeli.
  9. Pezdek K, Finger K, Hodge D (1997), Planting false childhood memories: The role of event plausibility. Psychological Science, 8, 437-441. https://bit.ly/3nayPmc
  10. Il Dr Gardner, contrariamente alla vulgata corrente che lo vorrebbe, alternativamente, psicologo o psichiatra o neuropsichiatra infantile o psicologo-psichiatra forense, era un medico statunitense che ha svolto la sua professione come consulente nelle cause di separazione e divorzi; un breve profilo biografico, mi si perdoni l’autocitazione, è tracciato qui: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/gardner.pdf
  11. Vaccaro S, Barea Payeta C (2011) La presunta sindrome di alienazione genitoriale: uno strumento che perpetua la violenza e il maltrattamento. EdIt, Firenze. Online all’indirizzo:https://bit.ly/2QODVZk
  12. https://bit.ly/3gBGCbx
  13. Codice deontologico degli psicologi, art. 5: “Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera”.
  14. Rivera Ragland E & Fields H (2003), Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know – Part 2 of 2. Update – Volume 16, Number 6. Scrivono nelle conclusioni: “PAS is an unproven theory that can threaten the integrity of the criminal justice system and the safety of abused children”. Online all’indirizzo: http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no7.html
  15. Circostanze risultanti dal referto autoptico: https://bit.ly/3xiiS23
  16. https://bit.ly/3sR5dfb
  17. American Psychiatric Association (2014), Manuale diagnostico e statistico del disturbi mentali, quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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Non si può parlare di PAS

Nella vicenda successiva, per prevenire ogni tentativo dei CTU, uno psichiatra e uno psicologo, di ricorrere ancora al concetto di PAS per spiegare il rifiuto della bambina di frequentare il padre, concordai con l’avvocato della madre, l’avv. Andrea Coffari, di chiedere al Giudice di inserire tra i quesiti anche il seguente: «Precisi il CTU ove ravvisi un comportamento patologico della minore a quale sistema internazionale di classificazione delle malattie di riferimento si possa ricondurre». Non vi fu opposizione del legale del padre e il giudice ammise il quesito.

Il CTU si irritò molto per questo fatto; ovviamente, il riferimento alla classificazione internazionale delle malattie metteva fuori gioco la PAS.

Nella presente vicenda separativa e di affidamento della minore la S.V. ha disposto una CTU formulando i seguenti quesiti:

acquisire, sulla base di adeguati colloqui sia con le parti che con la minore, ogni utile elemento di giudizio che permetta:

a) di accertare se la bambina rifiuti effettivamente ogni relazione con il padre e, in caso affermativo, di ricostruire la genesi di tale disposizione, verificando se essa sia riconducibile ad una reale condizione di disagio che affonda le sue radici in accadimenti che possano averne profondamente influenzato la psiche; o piuttosto a fatti, situazioni e comportamenti idonei, compatibilmente con il livello di consapevolezza e di discernimento proprio della sua età, ad alterarne la spontaneità e la capacità di restituzione dei pregressi vissuti personali, valutandone il livello di suggestionabilità anche alla luce del contesto ambientale e familiare in cui attualmente vive;

b) di delineare, tenendo opportunamente conto degli accertamenti di cui sopra, il regime e le modalità di affidamento e di frequentazione della minore che siano meglio confacenti al caso, avendo riguardo all’assetto di vita, ai costumi, alle occupazioni lavorative, alle attitudini, alla disponibilità ed alla capacità di ciascuno dei genitori di soddisfarne nel modo migliore i molteplici bisogni”.

Con udienza successiva i sopraddetti quesiti sono stati così integrati:

1) Precisi il CTU ove ravvisi un comportamento patologico della minore a quale sistema internazionale di classificazione delle malattie di riferimento si possa ricondurre.

2) Osservi la relazione padre-figlia, madre-figlia e ne tragga le conclusioni.

3) Ove si ravvisi una condizione patologica indichi strategie comportamentali.

Le operazioni peritali hanno avuto inizio il giorno … alle ore … in …, presso lo studio professionale del Dr …, in Via ….

Sono stati ascoltati nell’ordine la minore poi la sig.a … e infine il sig. ….

ASCOLTO DELLA MINORE

Dopo una breve fase di familiarizzazione con i CTU la minore parla con spontaneità delle sue amichette, dei film che ha visto insieme a loro e alla zia; parla poi della sua scuola, delle attività che stanno svolgendo in occasione delle festività natalizie, della campagna a favore dell’UNICEF che si sta svolgendo nella sua scuola, dei suoi amichetti, dei risultati scolastici (“ho preso ottimo”) e delle sue attività extra-scolastiche, il pattinaggio due volte la settimana e il nuoto in estate.

Nel rispondere alle domande è diretta, spontanea, non ha esitazioni, guarda in viso l’interlocutore, non mostra inibizioni, non volge mai il viso verso la madre, presente al colloquio, mostrando di non cercare la sua approvazione prima di rispondere alle domande.

Nel corso del colloquio riferisce di non essere “contenta di una cosa: perché vado al Consultorio a vedere mio padre”. Continua dicendo: “All’inizio non si è comportato male con me, andavamo al supermercato. Poi ha avuto una brutta idea di trattarmi un po’ male”.

A questo punto il CTU chiede se è stata solo un’idea o sono successe delle cose; la bambina dice che si vergogna di parlarne e ripete che non vuole andare al consultorio. Dice che ci va il martedì e il giovedì e spontaneamente aggiunge: “Io non sono tanto serena”.

Anche in questo dialogo risponde direttamente all’interlocutore guardandolo in viso e senza mai voltarsi a guardare la madre.

ASCOLTO DELLA MADRE

La sig.a … è nata a … il …. Nulla di significativo nella storia personale, figlia unica, il padre è deceduto quando lei aveva 20 anni, per K polmonare, la madre è in vita e ha qualche piccolo problema di salute. Riferisce di un rapporto molto bello con il padre, che era maestro elementare, molto portato al dialogo per cui anche i dinieghi non erano mai imposizioni ma dei “no ragionati”. Nulla di significativo durante l’adolescenza, se non le normali ribellioni adolescenziali sugli orari di rientro, sul recarsi in discoteca, ecc. Dopo la maturità si è iscritta a … a … ma in seguito alla perdita del padre si è trasferita a …. Dopo aver conseguito la laurea ha fatto l’esame in .., poi vari concorsi pubblici ottenendo la cattedra in un istituto di scuola media di secondo grado; ha poi svolto … e superato l’esame di ….

Ha conosciuto il suo ex-marito all’età di 30 anni, tramite amici comuni, si sono frequentati e sposati dopo un anno circa; hanno scelto di avere subito un figlio per cui è rimasta incinta subito dopo il matrimonio.

Riferisce che i problemi coniugali sono cominciati già da subito tanto che decisero di provare a stare lontani per un po’ di tempo; tornò quindi a vivere in casa della madre perché all’epoca ancora non lavorava. Di fatto erano separati.

Dopo la nascita della bambina il padre ha potuto vederla sin da subito, ma, riferisce, si recava a visitarla molto tardi, quando già la bambina dormiva e questa della compatibilità degli orari di vista è stato in dall’inizio una difficoltà poiché lei chiedeva al padre di visitare la bambina in orari più compatibili con i ritmi della bambina mentre il padre, adducendo motivi di lavoro, si presentava dopo le 20.00, oppure, in estate, alle 14.00, quando la bambina già dormiva. Questa sua puntualizzazione sugli orari più opportuni di visita è stata dal padre sempre interpretata come ostruzionismo.

Successivamente c’è stata la separazione consensuale con l’indicazione degli orari di visita che sono stati rispettati. Non ci sono stati problemi fino quando la minore ha compiuto cinque anni, e cioè dal … al … circa; in quell’epoca notò che in casa la bambina faceva dei giochi strani con le bambole, mimando atti sessuali e le diceva inoltre che il padre le faceva vedere film di donne nude, che questi erano loro segreti, e che se parlava di questi segreti che aveva con il padre le faceva tagliare la testa dai mostri. Lei su questo non se la sentì di “chiudere gli occhi”; ne parlò con l’ex-marito chiedendogli spiegazioni ma senza ottenerle.

ASCOLTO DEL PADRE

Il sig. … è nato a … il …. Il padre è deceduto per problemi renali, la madre è vivente e sana. Primogenito di due figli, la sorella è coniugata e ha due figli. Il padre era avvocato, la madre casalinga. Dopo la maturità si è iscritto a … a … e successivamente si è trasferito a … poiché trovala la facoltà di … molto affollata e non poteva avere un rapporto più diretto con i docenti. Dopo la laurea avrebbe preferito restare a … ma è rientrato a … per seguire il padre nella professione di … e anche per le cattive condizioni di salute dello stesso. Parla di un rapporto bellissimo con il padre.

Riferisce alcune esperienze affettive prima di conoscere la donna che diverrà sua moglie; pensò di aver trovato la “persona giusta” e per questo decisero di sposarsi dopo un anno di fidanzamento. Pensava di essere innamorato ma dopo il matrimonio ha scoperto che “non era amore ma ossessione”; aggiunge che “quando si vive insieme la personalità dell’altro viene annullata” e che per andare d’accordo con sua moglie doveva “annullarsi”. Quando si è accorto di questo ha cominciato a pensare di non poter vivere la sua vita insieme a sua moglie. Aggiunge che i problemi sono sorti quando lei ha fatto il test di gravidanza (risultato positivo), poiché gli ha rimproverato uno “scarso entusiasmo” per l’evento.

Pensava che i problemi di coppia intervenuti fossero di natura transitoria ma di fatto si sono separati dieci giorni prima del parto.

Dopo la nascita della bambina la madre ha cominciato ad avere atteggiamenti ostruzionistici nei suoi confronti, fissando gli orari di visita (es. alle 20 di sera); poi, contraddicendosi, afferma di aver potuto visitare la bambina anche di notte o di pomeriggio e che spesso gli orari di visita erano fissati d’intesa con la madre.

A questo punto il CTU chiede al sig. … se sa come è avvenuto il parto della ex-moglie e lui risponde che gli sembra che sia stato un parto con taglio cesareo.

Dopo la separazione, consensuale, ha potuto tenere la bambina con sé anche di notte, pur tenendoci a precisare che “…”. Fino al … non ci sarebbero state difficoltà al suo diritto di visita tanto che ha tenuto con sé la bambina durante le vacanze estive del … e le festività natalizie del …. Dopo la proposta di divorzio, nel …, la madre cominciò a “creare difficoltà” sull’affido condiviso, sull’assegno, ecc.

Il giorno … non riuscendo a vedere la bambina scoprì che si trovava a … per la perizia e il 16 marzo dello stesso anno venne denunciato.

Nel corso del secondo incontro, in data … il sig. … ha fornito una versione dei fatti radicalmente diversa da quella del primo incontro.

Pur enfatizzando, nel primo incontro, i comportamenti ostruzionistici della madre per limitare il suo diritto di visita, ha però riferito di aver tenuto con sé la figlia durante le vacanze estive del … e durante le festività natalizie dello stesso anno (contraddicendosi quindi platealmente), nel secondo incontro ha insistito, in maniera direi quasi ossessiva, sull’ostruzionismo da parte della sig.a … ostruzionismo che, riferisce nel secondo incontro, ci sarebbe stato sin da quando la bambina era molto piccola.

Lo scrivente non sa cosa pensare di questo cambiamento radicale nell’esposizione dei fatti da parte del sig. …, né quale ne sia l’utilità ai fini della presente CTU.

In data … si è svolto l’incontro tra la minore e i genitori, che è stato audio-video-registrato; l’incontro si è svolto in due fasi, dapprima la minore con la madre e successivamente la minore con il padre.

INCONTRO DELLA MINORE CON LA MADRE

Elementi salienti di tale incontro sono stati la notevole serenità della bambina che ha interagito volentieri con la madre, con il gioco e con il disegno; il suo atteggiamento è stato molto rilassato, a suo agio, mostrando gioia e divertimento.

INCONTRO DELLA MINORE CON IL PADRE

Ciò che è emerso in maniera inconfutabile è che appena il CTU ha detto alla bambina che nella stanza doveva entrare il padre è entrata immediatamente in stato di panico alzandosi di scatto dalla sedia andando a rifugiarsi in un angolo della stanza, dove è rimasta per un lungo periodo nonostante gli inviti del CTU a sedersi di fronte al padre. È stato necessario far entrare nella stanza anche la madre perché la bambina si tranquillizzasse un po’; si è infatti seduta ma restando per tutto il tempo in uno stato di tensione nonostante la presenza della madre.

Che a questo comportamento della minore si voglia dare una connotazione squalificante di “drammaticità e istrionismo” resta, a parere dello scrivente un’inferenza dei CTU non supportata da elementi oggettivi.

Molto scarsa l’interazione con il padre; alla domanda del CTU sul perché di questo suo rifiuto la minore ha mostrato una certa ritrosia a parlarne ma poi ulteriormente sollecitata ha fatto riferimento esplicito agli abusi sessuali subiti, dandone una descrizione, chiedendo nel contempo al padre di chiederle scusa.

Non si è osservata, da parte del padre in questa circostanza, una reazione adeguata alla richiesta di scuse (es. “ma di cosa dovrei chiederti scusa?”) ma solo una risposta svalutante verso la figlia (“ma quali scuse…”). Il padre più volta ha detto alla figlia di “smetterla di recitare”, mostrando in tal modo scarso rispetto verso la bambina.

RISPOSTA AI QUESITI DEL MAGISTRATO

Quesito a

Le operazioni peritali hanno permesso di accertare che la bambina rifiuta effettivamente ogni relazione con il padre.

Circa la genesi di tale disposizione della minore, in piena scienza e coscienza si può affermare quanto segue:

1) Non è emerso in nessun momento delle operazioni peritali un qualche elemento che possa far pensare a suggestionabilità della bambina nel ricordo degli accadimenti che la portano oggi al rifiuto verso la relazione con il padre. Il ricordo di tali accadimenti da parte della minore è genuino, preciso, circostanziato.

2) Nel corso dell’incontro con il padre, audio-video-registrato, si è avuto modo di osservare una reale condizione di disagio della bambina nel confrontarsi con il padre.

Quesito b

Il regime di affidamento più idoneo a tutelare la minore e a favorirne l’armonioso sviluppo psico-fisico è l’affidamento esclusivo alla madre. L’incontro con la madre ha messo in evidenza l’ottimo rapporto madre-figlia che consente alla bambina di sentirsi amata, protetta, sicura.

Circa la frequentazione con il padre è emerso in tutta chiarezza che la bambina è impaurita dalla relazione col padre (più volte ha ripetuto: “se vado con lui a me chi mi protegge?”); alla luce delle reazioni della minore si ritiene di dovere soprassedere per ora sulla questione, rispettando la volontà della minore e i suoi tempi affettivi. Sicuramente XXX potrà rivedere col tempo il suo atteggiamento attuale; forzarla adesso significherebbe traumatizzarla ancora maggiormente e rendere il suo rifiuto irreversibile.

La stessa legge 54, del resto, sancendo il diritto del minore a un rapporto con entrambi i genitori, non prescrive un dovere del minore; e il diritto alla bigenitorialità, oltretutto, è un diritto del minore non dell’adulto.

XXX mostra di non voler esercitare per ora questo suo diritto; credo sia compito degli adulti, in questo momento, rispettare la sua volontà.

Non a caso le convenzioni internazionali in tema di tutela dei diritti del fanciullo dichiarano che “il minore deve considerarsi un soggetto di diritto autonomo, portatore di istanze personali a cui deve essere data voce” (convenzioni internazionali sui diritti del fanciullo, di New York del 1989 e di Strasburgo del 1996).

Sul suggerimento finale dei CTU circa il “ruolo attivo” che dovrebbe svolgere il Consultorio di … in questa vicenda vi è da parte del sottoscritto il dissenso più completo; dalle relazioni prodotte dal Consultorio si evince che il loro intervento sinora è servito solo a peggiorare le cose. Buona parte della paura che la minore manifesta verso la relazione con il padre è infatti addebitabile, in via logico-deduttiva, proprio alla tipologia dell’intervento messo in atto dagli operatori del Consultorio, mirante a forzare a ogni costo la minore a incontrare il padre e non già a comprendere preliminarmente i motivi del rifiuto, a discuterne con lei, a far comprendere al padre che le ‘ragioni della bambina’ vanno rispettate.

L’aver operato senza il supporto della video-audio-registrazione, come d’obbligo in questi casi, solleva sull’operato del Consultorio innumerevoli dubbi e domande, visto che ci troviamo di fronte alla parola degli operatori, chiaramente coalizzati, contro quella della bambina che dice di essere persino stata trattenuta con la forza dagli operatori. Ciò ha nella sostanza rinforzato le paure di XXX, creandole quasi un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress.

Pertanto, se un Consultorio familiare di …, non l’attuale sicuramente, dovrà continuare a operare dovrà farlo, a parere dello scrivente, mediante il supporto della video-audio-registrazione di tutti gli incontri con la minore.

Della vicenda precedente non ho ulteriori notizie.

Addendum: In un momento successivo la madre della bambina mi girò alcune trascrizioni degli incontri protetti al Consultorio. Li trovate qui e qui; ciascuno si può rendere conto che si tratta solo di torture contro i bambini, a tutti gli effetti.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

Ancora la PAS

Un altro caso nel quale venne tirata in ballo la PAS.

Come CTU era stata incaricata una psicologa nota sostenitrice della PAS, quindi la vicenda si presentava in salita sin dall’inizio.

I quesiti posti dal Giudice sono i seguenti:

Accerti il CTU e descriva il profilo di personalità delle parti e dei figli minori (44), valutandone lo stato di benessere psicologico laddove sussistente, ovvero le eventuali condizioni di disagio indicandone, in quest’ultimo caso, le cause;

Valuti il CTU quale sia la qualità della relazione di ciascuno dei figli/delle figlie minori con le figure genitoriali ed il personale vissuto nei riguardi delle stesse, nonché dei componenti delle rispettive famiglie ricostruite;

Valuti il CTU se ed in quale misura la conflittualità manifestata dai genitori ed il reciproco disconoscimento di valore genitoriale, quale già emerso dagli atti di causa, condizioni negativamente il benessere psicologico dei figli/figlie minori;

Valuti il CTU, tenuto conto del preferenziale paradigma normativo dell’affidamento dei figli ad entrambi i genitori, derogabile solo allorché lo stesso possa risultare pregiudizievole per il loro interesse, quale sia nella fattispecie la formula di affidamento più idonea che, nel tutelare l’interesse dei figli/delle figlie al mantenimento di un continuativo rapporto con ciascuno dei genitori, realizzi, in concreto, questo interesse e protegga i minori/le minori dalla conflittualità genitoriale;

Indichi il CTU i tempi di permanenza presso ciascuno dei genitori nonché gli eventuali interventi di sostegno che risultino necessari individuando, altresì, le strutture alle quali i coniugi dovranno fare riferimento, con l’obiettivo di ripristinare i necessari rapporti padre/figlio ed il potere di sperimentare, con l’accordo delle parti, forme d’incontro che possano favorire tale … (rapporto?).

Le operazioni peritali hanno avuto inizio il … presso lo studio della CTU in …, e sono terminate il ….

IL DATO STORICO

La presente CTU nasce sulla base del ricorso, presentato l’… dal sig. …, nel quale il legale di parte si è spinto, temerariamente, in un campo non di sua competenza, sostenendo che il minore soffrisse di una patologia chiamata sindrome di alienazione parentale (PAS), e per questo motivo richiedendo al giudice, addirittura, la nomina di un consulente medico-legale esperto in PAS.

Lo scrivente ritiene di esprimersi in questi termini per i seguenti motivi:

1) In primo luogo questa presunta sindrome (PAS) non è mai stata presa in considerazione dalla scienza ufficiale che sin dalla sua ‘invenzione’ l’ha bollata come pseudo-scienza o scienza spazzatura; è per questi motivi che non è mai stata ricompresa nelle due principali classificazioni delle malattie, il DSM, dell’Associazione Psichiatrica Americana, e l’ICD, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

2) In secondo luogo, visto che nonostante fosse stata bollata come pseudo-scienza si è continuato a utilizzarla nei processi di affidamento dei minori, nel 2012 è stata fatta un’interrogazione parlamentare al Ministro della Salute chiedendogli di esprimersi in merito; il Ministro della Salute, per voce del Sottosegretario alla Salute dell’epoca, Prof. Adelfio Elio Cardinale, già vice-presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, si è espresso in maniera inequivocabile affermando che “l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici.”

3) Infine, è del marzo 2013 una sentenza della suprema Corte di Cassazione che, ancora una volta, si è espressa sull’utilizzo in ambito giudiziario di concetti scientifici, con la massima seguente: “Di certo non può ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare.” (Cassazione Civile – sezione prima – Sentenza 20 marzo 2013 n° 7041).

Le operazioni peritali hanno consentito in primo luogo di smentire quanto affermato dal legale di parte paterna nel suo ricorso, e cioè l’instaurarsi della presunta sindrome di alienazione genitoriale (per brevità PAS) a carico del minore; a parte l’ovvia considerazione della non scientificità di questo concetto e quindi della impossibilità di utilizzarla in ambito giuridico, il legale di parte paterna ha inopinatamente introdotto nel processo questo concetto non tenendo conto di un fondamentale elemento anamnestico.

Nel suo ricorso, difatti, dà atto che fino al … la frequentazione padre-figlio era regolare e senza intoppi; non è pertanto umanamente pensabile che in soli quattro mesi, quelli che decorrono da … a … …, data di deposito del ricorso, il minore, peraltro molto ben inserito nel gruppo di coetanei, come le operazioni peritali hanno dimostrato (uno dei requisiti della manipolazione psicologica è l’isolamento sociale della vittima), sia stato oggetto di tale manipolazione psicologica da parte dalla madre (ciò che l’avvocato chiama PAS) da non voler più avere rapporti col padre. I motivi, quindi, delle difficoltà nei rapporti padre-figlio, iniziate il …, sono da ricercare, pertanto, in altre cause.

LE OPERAZIONI PERITALI

Nel corso delle operazioni peritali si è avuto modo di osservare che nessun ostacolo alla frequentazione del padre è stata messa in atto dalla sig.a … verso il figlio ma che ciò che ha allontanato il figlio dal padre è stato proprio il comportamento di quest’ultimo verso il figlio stesso, come questi ha dettagliatamente scritto in una lettera al padre, datata ….

Sembra di sentire l’eco, leggendola, di una ben più famosa “Lettera al padre” che si apre con queste parole:

Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d’ostacolo la paura che ho di te e le sue conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di gran lunga la mia memoria e il mio intelletto” (45).

Forse è questa la chiave di lettura della vicenda: un padre ipercontrollante (pagg. 16-17 della CTU), diffidente, rigido, che a volte legge la realtà in maniera non corretta, e che per questi suoi atteggiamenti ha incusso un certo timore nel figlio che non lo riconosceva più come il padre affettuoso che ricordava. Si è aggiunta a tutto questo la delicata transizione del minore dall’infanzia alla pre-adolescenza, con le inevitabili, ma anche auspicabili, istanze di autonomia dalla famiglia, lo sviluppo della socialità con i coetanei, l’affermazione della propria personalità, l’oppositività e la ribellione all’adulto, la libertà di giudizio.

Lo scrivente CTP ritiene che la CTU abbia fornito risposte esaurienti ai quesiti posti dal magistrato e pertanto ne condivide le conclusioni.

Il ragazzo è rimasto con la madre; ormai è maggiorenne e sereno, studioso, socievole, pieno di vita.

La mia convinzione, allora come adesso che sto rileggendo gli atti, è che per questo ragazzo fosse già pronto un posto in una comunità per minori; perché in alcuni tribunali funziona così: rischio di PAS bambino in comunità per resettarlo, de-programmarlo (terapia della minaccia secondo Gardner e i suoi epigoni). Non ne ho la certezza, ovviamente, ma numerosi furono gli elementi che mi portarono a questa conclusione

La CTU di protrasse, inutilmente, per ben dieci sedute anche se la situazione era chiarissima sin dai primi incontri; la psicologa incaricata di somministrare i test al bambino parlò in un primo momento di gravi problemi psicologici, ma di fronte ai dati di realtà (bambino studioso, socievole, che svolgeva varie attività extra-scolastiche) dovette cambiare idea dicendo che si era sbagliata, che aveva letto i test di un altro bambino; infine la CTP del padre, nota sostenitrice della PAS, se ne venne fuori sostenendo che secondo lei il bambino aveva tendenze omosessuali. Insomma, ci provarono in tutti i modi ma gli andò male.

Un ulteriore elemento che mi porta a pensare che il mio intervento abbia fatto saltare il piano di rinchiudere il minore in comunità è il seguente. Sia l’avvocata della madre sia io abbiamo svolto questa CTU in regime di gratuito patrocinio, regolarmente autorizzato dall’Ordine degli avvocati; al termine delle operazioni peritali il giudice ha disposto il pagamento in favore dell’avvocata. Successivamente ho inviato al tribunale la mia istanza di pagamento, ma a quel punto il giudice non solo non ha disposto il mio pagamento ma ha sospeso anche quello dell’avvocata, già autorizzato. Una chiara ritorsione economica perché evidentemente abbiamo fatto saltare i loro piani.

E anche in questo caso, al di là della mia consulenza, il grande merito di questo risultato è dell’avvocata della madre, avv.a Simona D’Aquilio, che si è battuta in Tribunale per evitare la comunità a questo bambino.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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La Sentenza della Cassazione

Nella vicenda di cui parlo adesso non sono stato incaricato come CTP né mi è stato richiesto di redigere un parere tecnico.

Una sentenza della Corte di Appello aveva confermato quella di primo grado, e cioè il collocamento del minore in una comunità perché ammalato di PAS.

L’avv. Andrea Coffari subentrò ai precedenti difensori della madre per l’eventuale ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello. Non è il mio campo, ma sapevo che la questione era quasi impossibile poiché la Cassazione rigettava sistematicamente questi ricorsi.

Il primo ostacolo da superare era proprio questo, far accogliere il ricorso; l’avv. Coffari riuscì a compiere il primo miracolo. Si trattava quindi di affrontare l’altro ostacolo, la riforma della sentenza della Corte di Appello, basata sula PAS.

Insieme all’avv. Coffari, Presidente del Movimento per l’Infanzia, avevo relazionato ad alcuni convegni (1); l’avv. Coffari quindi mi chiese di fornirgli tutta la bibliografia contro la PAS che avevo raccolto sino a quel momento.

Con questi elementi l’avv. Coffari riuscì a compiere il secondo miracolo, quello di far annullare dalla Cassazione la sentenza della Corte di Appello (2).

Questa sentenza, che arrivava dopo alcuni mesi dalla dichiarazione del Ministro della salute sulla non scientificità della PAS, ebbe grande rilievo nei media (3) ed è stata molto importante perché il mondo giuridico cominciasse a prendere consapevolezza delle storture causate dall’uso di questo concetto in Tribunale.

La Suprema Corte riprese le critiche mosse dall’avv. Coffari nel suo ricorso, scrivendo:

Basterà qui ricordare che sono state richiamate le perplessità del mondo accademico internazionale, al punto che il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non la riconosce come sindrome o malattia; che si è evidenziato che vari autori spagnoli, all’esito di una ricerca compiuta nel 2008, hanno sottolineato la mancanza di rigore scientifico del concetto di PAS e che, nel 2009, le psicologhe C.B. e S.V., la prima spagnola e la seconda argentina, hanno sostenuto, in una pubblicazione del 2009, che la PAS sarebbe un “costrutto pseudo scientifico”. Nell’anno 2010, inoltre, la Associación Española de Neuropsiquiatria ha posto in evidenza i rischi dell’applicazione, in ambito forense, della PAS, non diversamente da quanto già manifestato nel 2003, in USA, dalla National District Attorneys Association, che in nota informativa sosteneva 1’assenza di fondamento della teoria, “in grado di minacciare l’integrità del sistema penale e la sicurezza dei bambini vittima di abusi”. Sono stati altresì richiamati i rilievi in base ai quali, anche volendo accedere alla validità scientifica della PAS, molti dei suoi caratteri, come definiti dal suo sostenitore principale, Richard Gardner (nei cui confronti non sono mancati accenni poco lusinghieri, quale l’essersi presentato quale Professore dì psichiatria infantile presso, la Columbia University, essendo un mero “volontario non retribuito”, e persino l’aver giustificato la pedofilia), non sarebbero riscontrabili nel caso di specie.

L’altro principio, parimenti disatteso e non meno importante, riguarda la necessità che il giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche (Cass., 14759 del 2007; Cass., 18 novembre 1997, n.11440), ovvero avvalendosi di idonei esperti, verifichi il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale (Cass., 3 febbraio 2012, n. 1652; Cass., 25 agosto 2005,n. 17324).

Il rilevo secondo cui in materia psicologica, anche a causa della variabilità dei casi e della natura induttiva delle ipotesi diagnostiche, il processo di validazione delle teorie, in senso popperiano, può non risultare agevole, non deve indurre a una rassegnata rinuncia, potendosi ben ricorrere alla comparazione statistica dei casi clinici. Di certo non può ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare.”

Di recente l’avv. Coffari ha pubblicato un libro basato sulla traduzione di alcuni scritti di Gardner dai quali emerge tutta la perversa concezione di questo medico e i suoi legami con noti sostenitori della pedofilia (4).

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/20110506.pdf http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/20111027.pdf http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/20120211.pdf https://www.youtube.com/watch?v=O6IVTXV5UO4
  2. http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/9073.pdf
  3. http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/scacco_matto.pdf
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Come distruggere una bambina

La vicenda che segue mi ha indignato più di ogni altra; tutti coloro che vi sono intervenuti, assistenti sociali, CTU, psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, giudici minorili, ecc. ce l’hanno messa tutta per distruggere la vita di una bambina. I motivi i questo accanimento psico-giudiziario sulla bambina e sulla madre mi restano sconosciuti.

Pur essendo stato incaricato come CTP non sono mai stato convocato dai CTU, per cui ho potuto esprimere solo dei pareri tecnici, dapprima per i nonni materni della piccola, poi su richiesta dell’avvocato della madre. Né ha potuto far molto l’avvocato della madre; noto penalista, mi confidò che nemmeno nei peggiori processi alla criminalità organizzata si era trovato di fronte a un simile muro di omertà.

PREMESSA

Alla fine del Medioevo la lebbra sparisce dal mondo occidentale. Ai margini della comunità, alle porte delle città, si aprono come dei grandi territori che non sono più perseguitati dal male, ma che sono lasciati sterili e per lungo tempo abbandonati. Per secoli e secoli queste distese apparterranno all’inumano. Dal XIV al XVII secolo aspetteranno e solleciteranno, attraverso strani incantesimi, una nuova incarnazione del male, un’altra smorfia della paura, magie rinnovate di purificazione e di esclusione.

Si apre con queste parole uno dei testi più significativi del 1900, la “Storia della follia nell’età classica” di Michel Foucault; nel XVII secolo quelle “distese che apparterranno all’inumano” sono i nascenti manicomi, nel nostro XXI secolo possono rientrarvi a pieno titolo le varie comunità per minori. Il “grande internamento” del XVII secolo vi ha rinchiuso quelle esistenze che mal s’inserivano nelle dinamiche sociali dell’incipiente rivoluzione industriale; il post-tecnologico XXI secolo, attraverso gli strani incantesimi che gli sono peculiari, rinnova le magie … di purificazione e di esclusione, rinchiudendo i bambini.

IL DATO STORICO-ANAMNESTICO

Il dato fondamentale di questa vicenda, dal quale partire per ogni ulteriore considerazione è proprio questo:

una bambina di sette anni che vive circondata dall’affetto della famiglia,

ben inserita nel suo ambiente sociale,

che frequenta con ottimo profitto una scuola esclusiva della capitale,

le cui sole difficoltà sono rappresentate dal problematico rapporto col padre per comportamenti incongrui di quest’ultimo (di cui vi è ampia documentazione anamnestica negli atti processuali e che vengono ulteriormente ribaditi dall’ultima CTU);

difficoltà alle quali il difensore della sig.a …, coordinandosi con altre figure istituzionali interessate al caso, stava ponendo rimedio con paziente e intelligente opera di mediazione, tanto che nel corso del … il padre aveva ripreso la regolare frequentazione della figlia XXX, tenendola con sé per alcune notti, trascorrendo con la bambina metà delle ferie estive del …;

una bambina, quindi, che cominciava a recuperare la bigenitorialità cui ha diritto, che non versava né in condizioni di maltrattamento né in stato di abbandono, viene convocata in Tribunale per essere ascoltata dal Giudice, come da sua specifica richiesta rappresentata al tribunale dall’avvocato della madre e, senza alcun preavviso e con modalità che saranno vissute sempre dalla bambina come inganno, si vede strappata ai suoi affetti familiari, sradicata dal suo ambiente sociale e scolastico, collocata contro la sua volontà in una struttura che ospita bambini disadattati e problematici.

E tutto questo, come scrive lo stesso Tribunale a pagina 3 del decreto del .. … del …, per “il rischio … dell’insorgere di una sindrome di alienazione genitoriale paterna”.

Eccolo lo strano incantesimo del XXI secolo, la nuova incarnazione del male: la famigerata PAS, già ampiamente screditata da letteratura scientifica internazionale di provenienza giuridica e psichiatrica sin dal 1994 (1), già definita nel 2003 dall’Istituto di ricerca dei procuratori americani come “teoria non dimostrata in grado di minacciare l’integrità del sistema di giustizia penale e la sicurezza dei bambini vittime di abusi” (2) e che di recente è stata oggetto di interesse da parte del Ministero della Salute che su di essa così si è espresso:

L’Istituto superiore di sanità, interpellato perché è il più alto organo di consulenza scientifica del Ministero, ha sottolineato che i fenomeni di ritiro dell’affetto da parte del bambino nei confronti di uno dei genitori, emersi in alcuni casi di affidamenti a seguito di divorzio, possono essere gestiti dagli operatori legali e sanitari senza necessità di invocare una patologia mentale per spiegare i sentimenti negativi di un bambino verso un genitore. L’inutile e scientificamente non giustificato etichettamento come «caso psichiatrico» può rendere ancora più pesante la difficile situazione di un bambino conteso. Sebbene la PAS sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine «disturbo», in linea con la comunità scientifica internazionale, l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici. (3)

La cosiddetta PAS è quindi il nulla e sulla base del rischio dell’insorgere di questo nulla, una bambina che non è affetta da alcun disturbo mentale viene collocata in una struttura per bambini problematici.

I nonni materni della minore, che il sottoscritto rappresenta, si sono costituiti nell’attuale giudizio da un lato per vedere riaffermato il loro diritto naturale a mantenere i legami affettivi con la nipote, bruscamente interrotti dal … per via dell’inserimento della minore in istituto e dall’altro dando la propria disponibilità all’affidamento della minore pur di farla uscire dalla casa famiglia; dalla lettura dei quesiti posti dal giudice ai CTU apprendono invece, con grande meraviglia, di essere essi stessi oggetto di perizia psicologica intesa a valutare le loro, dei nonni, capacità genitoriali. Dei nonni!

SULLE RISULTANZE CLINICHE

PADRE

Elementi salienti della personalità paterna, come rilevati dai CTU nel corso delle loro valutazioni, allo scrivente sembrano i seguenti:

Il soggetto … risulta non propriamente affidabile per debolezza e insicurezza caratteriale… È presente una impulsività elevata che può raggiungere rilievo clinico … Nei casi di eccessivo stress il soggetto può agire, come si diceva, senza pensare alle conseguenze delle sue azioni … difficoltà di gestione degli impulsi”.

MINORE

È con non poca fatica che lo scrivente è riuscito a tenere il calcolo delle innumerevoli CTU e valutazioni psicologiche subite da questa bambina sin dal lontano …, dall’età di 6 mesi a oggi; ammontano al numero, perlomeno, di 6-7, vale a dire la media di una per ogni suo anno di età. Per riscontrare cosa, alla fine? Ciò che era chiaro sin dalla prima valutazione e cioè “le difficoltà del padre in relazione con la figlia e la maggiore facilità della bambina nel rapporto con la madre” (citazione della prima CTU, a pag. 21); maggiore facilità di rapporto madre-figlia rispetto a quello padre-figlia ribadita dalla CTU del .. (citazione a pag. 21) e così via.

Arriviamo così alle valutazioni nel corso del giorno … dove, a una bambina che, sino al momento di venire collocata in comunità contro la sua volontà, veniva descritta come portatrice soltanto di un, non ancor oggi ben definito, disturbo del linguaggio – che in una valutazione successiva diviene invece disturbo specifico di apprendimento – si riscontrano:

«vissuti di profonda sofferenza, attinenti a stati di confusione e colpa, riferibili ai recenti eventi della vita …” “… emergono aspetti di un Sé fragile, ancora bisognoso di cure primarie, molto regredito rispetto alla sua età, di cui le difficoltà linguistiche sembrano anche essere espressione”» (valutazione del …, cioè a distanza di circa 4 mesi dal collocamento coatto in comunità).

e

… disregolazione affettiva compatibile con una grave e prolungata trascuratezza dei bisogni psicologici della minore nell’ambito delle relazioni di attaccamento” (valutazione di poco successiva alla precedente).

Sino a giungere alla valutazione del giorno … dove il prof. … scrive:

Da quanto riscontrato, emergono in lei i tratti di un disturbo di personalità borderline, ma sono anche presenti rilevanti nuclei di scissione. A mio avviso la prognosi è molto negativa. XXX ha comunque delle valide potenzialità, oltre ad essere intelligente ha delle buone capacità riflessive e la voglia di essere aiutata. E’ urgente e necessario che questo avvenga prima che si cristallizzi uno stato patologico di maggiore gravità”.

Quest’ultima valutazione della minore giunge dopo circa dieci mesi dal suo allontanamento dalla madre e collocamento in comunità.

CONCLUSIONI

Le conclusioni dei CTU, dalle quali questo CTP dissente totalmente, si possono riassumere con la frase:

O va con il padre o rimane in casa famiglia

Il sottoscritto dissente totalmente dall’ulteriore permanenza della minore in comunità; si è riportata in precedenza l’escalation psicopatologica presentata dalla minore dal momento in cui è entrata in comunità, e che va dai “vissuti di sofferenza … stati di confusione e colpa” e regressione psichica (…) alla “disregolazione affettiva compatibile con una grave e prolungata trascuratezza dei bisogni psicologici della minore nell’ambito delle relazioni di attaccamento” (…) al riscontro di un incipiente “disturbo borderline di personalità” (…).

Come il prof. … scrive, è urgente e necessario che XXX venga aiutata prima che questi tratti di personalità si cristallizzino in uno stato patologico di maggiore gravità; e non sembra proprio che l’ulteriore permanenza della minore in comunità possa esserle di aiuto.

I disturbi riscontrati alla minore nel corso del … sono addebitabili solo ed esclusivamente all’ambiente nel quale la minore ha vissuto negli ultimi dieci mesi. Per questa bambina si sta sostanzialmente preparando una ‘carriera’ da paziente psichiatrica; l’eziologia della maggior parte dei disturbi mentali è sconosciuta, in questo caso le istituzioni ce la stanno mettendo tutta per farci sapere come si diventa pazienti psichiatrici. Se questa bambina da adulta avrà problemi psichiatrici saprà chi dovrà ‘ringraziare’.

Il sottoscritto dissente anche totalmente dalla collocazione della minore presso il padre.

In primo luogo l’indagine svolta dai CTU ha evidenziato il permanere di tratti di personalità tuttora problematici a carico del padre, “insicurezza caratteriale”, “impulsività elevata che può raggiungere rilievo clinico”, la possibilità di “agiti di cui non è in grado di prevedere le conseguenze”, “difficoltà di gestione degli impulsi”. Insomma un quadro di personalità per nulla rassicurante ormai stabilmente impiantato e scarsamente suscettibile di modifica, visto che si parla di un adulto e non di un adolescente.

In secondo luogo, nella previsione di una soluzione del genere, cioè di collocamento della minore presso il padre, la CTU è carente di una indagine sull’ambiente di vita che la minore si troverebbe ad affrontare. Dall’indagine anamnestica svolta si apprende che il padre lavora come … con contratto a tempo indeterminato (più attività extra-moenia) per una Asl di … e per altre Asl extra-regionali; si presume che sia spesso lontano da … per quest’ultimo motivo. Il lavoro di .., impegnativo in termini di tempo da dedicare alla professione, presuppone una disponibilità per eventuali turni di reperibilità notturna e festiva nei casi di urgenze, di turni di guardia attiva, e quindi di scarsissimo tempo da dedicare alla crescita di una figlia di … anni e di non poter organizzare il proprio tempo in funzione degli impegni scolastici ed extra-scolastici della bambina, oltre alla concreta eventualità che la bambina si venga a trovare sola in casa di notte se il padre viene chiamato in ospedale per un’urgenza o è di turno. La minore quindi si troverebbe ancora una volta spaesata, affidata forse a una baby-sitter, quando ha invece una madre che ha la disponibilità di tempo per occuparsi di tutte le esigenze di una bambina di … anni. Né il sottoscritto CTP crede possa contarsi sul contesto familiare del padre, nonna e zia paterna, dato che più volte le stesse si sono pronunciate perché la bambina venisse data in adozione a estranei.

In terzo luogo l’indagine svolta ha accertato che “La sua (del padre) capacità genitoriale, per quanto osservabile, sembra attualmente più adeguata rispetto a quanto riportato in precedenti osservazioni”. Lo scrivente legge questa frase sia in termini di non adeguata capacità genitoriale precedente sia in quelli di non ancora adeguata capacità genitoriale attuale.

DARE ASCOLTO ALLA MINORE

Più volte e reiteratamente la minore ha gridato che vuole uscire dalla casa famiglia e tornare dalla madre, ne dà atto anche la presente CTU; mai viene riportato in qualche atto che la bambina abbia detto di voler tornare dal padre, o restare in casa famiglia.

A nulla rileva la presunta “colonizzazione” della minore “dai contenuti e dai voleri degli adulti di riferimento”, in primo luogo perché questo ‘volo pindarico’ non è sostenuto da alcuna evidenza sia perché con questo concetto si cerca abilmente di aggirare quello di PAS, la misteriosa alchimia che toglie ai bambini ogni parola, ogni volontà, ogni sentimento.

Se davvero si sta operando nel supremo interesse della minore, se davvero si vuole perseguire il suo interesse occorre dare ascolto alla sua voce; una bambina di quasi otto anni saprà pur bene quel che vuole, qual è il suo bene, con quale genitore si sente protetta e rassicurata. Ciò non significa che non deve mantenere i rapporti col padre, tutt’altro. Ma un minore per la sua armoniosa crescita ha bisogno di un riferimento certo e sicuro, che questa bambina ha nella madre, e non di un istituto per bambini provenienti da contesti problematici né di un padre che a causa dei suoi molteplici impegni lavorativi si vedrà costretto ad affiancarle una estranea baby-sitter.

Se non si vuole fare di questa bambina una sicura candidata a disturbi mentali gravi deve fare ritorno a casa dalla madre e mantenere la frequentazione del padre secondo le modalità precedenti al suo inserimento in comunità.

Gli stessi CTU non rilevano motivi concreti per mantenere il collocamento in comunità della minore se non la conflittualità genitoriale (pag. 37: “Nell’ipotesi che il Tribunale disponga di prolungare la permanenza in Casa Famiglia di XXX, a causa della conflittualità tra i suoi genitori”. Danno atto quindi che non vi sono motivazioni reali (maltrattamento, abbandono) per il prosieguo del collocamento in comunità.

Se un Servizio sociale, infine, deve monitorare la situazione non può essere l’attuale Servizio che con i suo interventi ha sinora provocato solo disastri propugnando lo “scollegamento” della minore dai suoi affetti familiari.

_______________________________________

(PARERE SU RICHIESTA DELL’AVVOCATO DELLA MADRE)

In data … lo scrivente ha ricevuto sul suo indirizzo di posta elettronica, proveniente dall’indirizzo ‘…’ l’elaborato ‘…’.

Tale elaborato è privo sia dei protocolli dei test effettuati sia delle video-audio-registrazioni dei colloqui e questo è il primo vizio formale che non consente di svolgere note critiche di parte.

Ma va aggiunto in questa sede che l’intero lavoro svolto dai CTU presenta un vulnus insanabile rappresentato dalla mancata convocazione formale dello scrivente CTP per l’inizio delle operazioni peritali e il prosieguo delle stesse, ledendo in tal modo il diritto di difesa della parte rappresentata (art. 91 Disp. Attuaz. cpc).

In merito all’elaborato trasmesso, fermo restando i rilievi formali su espressi, lo scrivente CTP non può esimersi dal rimarcare la completa mancanza di scientificità di quel concetto espresso nella risposta al quesito n° 3, a pag. 35, della presunta ‘colonizzazione’ della bambina da parte degli adulti di riferimento, privo di qualsiasi evidenza scientifica e che, verosimilmente, ha informato le operazioni peritali sin dal loro principio; un puro volo di fantasia dei CTU che non è certo di ausilio alla Giustizia.

Non si spiega diversamente la cecità selettiva dimostrata dai CTU in questa vicenda poiché non riescono anamnesticamente a raccordare le condizioni psichiche della minore rilevate all’atto della CTU con la permanenza in casa famiglia.

La bambina che è entrata in casa famiglia il … soffrendo solo di un non meglio precisato disturbo del linguaggio;

– il …, a distanza cioè di quattro mesi dall’inserimento in comunità presenta : «vissuti di profonda sofferenza , attinenti a stati di confusione e colpa, riferibili ai recenti eventi della vita …” “… emergono aspetti di un Sé fragile, ancora bisognoso di cure primarie, molto regredito rispetto alla sua età, di cui le difficoltà linguistiche sembrano anche essere espressione”»;

– nella valutazione di poco successiva presenta: “… disregolazione affettiva compatibile con una grave e prolungata trascuratezza dei bisogni psicologici della minore nell’ambito delle relazioni di attaccamento”;

– e nella valutazione del prof. … del …: “emergono in lei i tratti di un disturbo di personalità borderline, ma sono anche presenti rilevanti nuclei di scissione. A mio avviso la prognosi è molto negativa. XXX ha comunque delle valide potenzialità, oltre ad essere intelligente ha delle buone capacità riflessive e la voglia di essere aiutata. E’ urgente e necessario che questo avvenga prima che si cristallizzi uno stato patologico di maggiore gravità”.

Anamnesticamente, appunto, si assiste a un peggioramento progressivo delle condizioni di salute della minore che non è stato colto dai CTU e che eziologicamente è riportabile alla sua permanenza in comunità.

I disturbi riscontrati alla minore nel corso del … sono addebitabili solo ed esclusivamente all’ambiente nel quale la minore ha vissuto negli ultimi dieci mesi. Per questa bambina si sta sostanzialmente preparando una ‘carriera’ da paziente psichiatrica; l’eziologia della maggior parte dei disturbi mentali è sconosciuta, in questo caso le istituzioni ce la stanno mettendo tutta per farci sapere come si diventa pazienti psichiatrici. Se questa bambina da adulta avrà problemi psichiatrici saprà chi dovrà ‘ringraziare’.

È di tutta evidenza il forte sbilanciamento in favore del padre di tutti gli atti compiuti dai Servizi sociali, dai CTU e dai giudici minorili.

Ho saputo successivamente che la nonna materna, molto addolorata per la vicenda, è morta dopo l’inserimento della nipotina in comunità. Non posso affermare che tra i due eventi ci sia stato un rapporto di causa-effetto, ma certo il fatto fa pensare.

So che la bambina alla fine della vicenda è stata collocata dal padre e ha gravi problemi psicologici.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. Wood CL (1994), The Parental Alienation Syndrome: a dangerous aura of reliability, 27 Loy. L.A. L. Rev. 1367. (https://bit.ly/3gt6JkZ)
  2. Fields H & Rivera Ragland E (2003), Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know Part 2 of 2, Update, Volume 16, Number 7. (http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no7.html)
  3. Risposta del Sottosegretario di Stato alla Sanità, prof. Adelfio Elio Cardinale, all’interpellanza parlamentare fatta dall’On. Borghesi in data 18122012 e consultabile sul sito della camera dei Deputati all’indirizzo internet: https://bit.ly/32BRVbF

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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Un caso allucinante

Questa che segue è stata la CTU più allucinante alla quale abbia partecipato.

Ce n’era già stata una in precedenza, al Tribunale Ordinario, svolta da uno psicologo, che aveva escluso che la bambina fosse ‘ammalata di PAS’; il Tribunale dei Minori, su ricorso del padre della bambina, ne dispose una seconda, proprio alla “ricerca della PAS”.

Vennero incaricati due CTU, un anziano psichiatra e una psicologa, provenienti entrambi da una regione diversa da quella del tribunale che dispose la CTU.

Lo psichiatra si rivelò prepotente, arrogante e cafone, elementi che dovetti evidenziare nella mia relazione di parte; ottantenne, tracagnotto, con indosso un’improbabile camicia di flanella a quadri, jeans più ampi di almeno due taglie stretti in vita da una cintura a strisce di plastica blu e verdi intrecciate, scarpe sportive tipo ginnastica intonate alla cintura.

Il padre della bambina aveva incaricato come suo CTP un neuropsichiatra infantile, uno dei più noti sostenitori della PAS, uno di quelli i cui titoli e qualifiche professionali occupano metà pagina di un foglio A4.

La madre della bambina mi aveva inviato la relazione di questo professionista, presente nel fascicolo processuale; ebbene costui, senza conoscere né la madre né la bambina, né tanto meno avendo potuto, ovviamente, sottoporle a visita medica, aveva fatto la ‘diagnosi’ di “sindrome della madre malevola” e “sindrome di Münchausen per procura” alla madre e di “sindrome di alienazione genitoriale” (PAS) alla bambina e alla madre. Modus operandi al limite del falso ideologico.

Mentre era in corso la CTU si ebbe notizia della dichiarazione del Ministro della Salute che condannava la PAS perché priva di basi scientifiche; ovviamente inserii nella mia relazione il testo di questa dichiarazione. Di seguito la mia relazione.

Un primo rilievo di carattere formale concerne la mancata comunicazione, ai sensi di legge, al sottoscritto CTP dell’inizio delle operazioni peritali.

Nell’udienza di giuramento i CTU si sono riservati di “fissare l’inizio delle operazioni peritali comunicandolo alle parti” (Decreto TM di … del …). Poiché l’inizio delle operazioni peritali non è stato fissato in sede di udienza di accettazione dell’incarico, il CTU avrebbe dovuto darne comunicazione formale ai CTP ai sensi di legge (art. 91 Disp. Att. C.P.C.) o comunque personalmente in maniera formale visto che disponeva di tutti i recapiti.

Non ho ricevuto nessuna comunicazione sino al giorno …, quando lo studio dell’avv. … mi trasmetteva l’indirizzo di posta elettronica del CTU e in pari data provvedevo immediatamente a contattarlo a mezzo e-mail per rappresentargli la necessità di venire informato in anticipo delle date di fissazione degli incontri di CTU.

Non ricevevo alcuna risposta del CTU a questa mail e con mia grossa sorpresa il giorno …, lo studio dell’avv. … mi girava un fax del CTU con il quale lo stesso comunicava, all’avv. … ma non al sottoscritto CTP come per legge, che l’inizio delle operazioni peritali era fissato per il giorno …; poiché sarebbe stato per me impossibile liberarmi dagli impegni professionali per quella data mi attivavo immediatamente per comunicarlo al CTU.

In data …, rientrato in servizio dopo la festività domenicale, prendevo finalmente visione dei turni di servizio e rendendomi conto della materiale impossibilità di essere a … per l’inizio delle operazioni peritali, in pari data ne davo comunicazione al CTU, come al solito per e-mail e per fax, ma senza ricevere alcun cenno di risposta.

Questo lungo preambolo per rappresentare alla SV che, al di là delle lagnanze espresse dai CTU nella loro relazione, ostacoli al corretto svolgimento delle operazioni peritali sono stati frapposti proprio dal loro rifiuto di dialogare con il sottoscritto CTP e di imporre la loro volontà; a … … mi sono visto costretto a inviargli una raccomandata con ricevuta di ritorno che è poi tornata indietro perché mai ritirata, e che è in possesso dell’avv. ….

Un secondo rilievo concerne il fatto che, successivamente all’inizio delle operazioni peritali del quale lo scrivente, come già detto, non ha mai avuto formale notizia, il CTU ha omesso di concordare le date dei successivi incontri, decidendo d’imperio senza tener conto degli impegni lavorativi e personali, pur rappresentati, ma anzi ironizzando sugli stessi.

Un terzo rilievo concerne la mancata compilazione al termine di ciascuna seduta di CTU del prescritto verbale che deve essere sottoscritto da tutti i partecipanti; in nessuno degli incontri cui ho partecipato come CTP i CTU mi hanno sottoposto un verbale da firmare.

DATO STORICO

La CTU per la vicenda di cui è causa è stata disposta il … su impulso di parte del sig. … che chiedeva la “decadenza della madre dalla potestà genitoriale nei confronti della figlia minorenne XXX”; ricorso per il quale il PM adito aveva concluso per la “reiezione del ricorso del sig. …, alla luce della statuizione della Corte d’Appello di … in sede di separazione coniugale attualmente vigente”, in data ….

Sulla scorta, poi, verosimilmente, di relazioni dei Servizi Sociali di … (nel dispositivo che ha disposto la presente CTU testualmente si legge: “gli operatori parlano apertamente di possibile sindrome di alienazione parentale messa in atto da parte della madre verso il padre”) codesto spett.le Tribunale ammetteva la CTU.

Questo CTP non può non evidenziare, a questo punto, il comportamento scorretto tenuto dai servizi Sociali di …, affidatari della minore, i quali, pur in presenza di una precedente CTU che aveva già escluso la presenza di una sindrome di alienazione parentale (quella svolta nel …, dal Prof. … su incarico del Tribunale Ordinario di …) non hanno esitato a rappresentare a codesto spett.le Tribunale una situazione distorta, parlando addirittura di “gravi pregiudizi della minore” senza nemmeno peritarsi di verificare il suo rendimento scolastico e i giudizi degli insegnanti (la stessa D.ssa …, affidataria della minore, nell’ascolto video-audio-registrato afferma di non aver mai parlato con le insegnanti della bambina – dal minuto … in poi del file …), che sono gli indicatori più sicuri dello stato di salute psicologica di un bambino (o forse proprio per questo, poiché i lusinghieri risultati scolastici della minore e i giudizi degli insegnanti sono la smentita più clamorosa, se ancora ce ne fosse bisogno, alla teoria della sua presunta manipolazione psicologica).

Cosa avrebbe potuto dire di nuovo una CTU a distanza di appena due anni dalla precedente? Se alienazione parentale non c’era nel … non poteva nemmeno esserci nel …, sempre che a questo concetto si voglia dare dignità di patologia, cosa che, come si vedrà più avanti, esso non possiede.

I Servizi Sociali di … hanno clamorosamente disatteso le disposizioni della Corte d’Appello di …, che pronunciandosi su ricorso delle parti con sentenza n° … del … ha fornito ai Servizi Sociali affidatari della minore queste direttive:

1) “impostare e condurre un intervento psicoterapeutico sulla minore nella direzione indicata nella relazione del C.T.U. Prof. …;

2) assicurare, come punto di arrivo, che il padre possa tenere con sé la figlia almeno due pomeriggi ogni settimana e, a settimane alternate, nel fine settimana con pernottamento, garantendo invece nell’immediato, per un periodo rimesso alla discrezionalità del Servizio sociale stesso, ed in maniera graduale, incontri protetti padre figlia in ambiente neutro (locali del Servizio, ludoteca o simili) in almeno due pomeriggi ogni settimana;

3) sorvegliare la condotta dei genitori, al fine di individuare la migliore soluzione per un eventuale diverso affidamento futuro.”

Nessuna di queste disposizioni è stata attuata dai Servizi Sociali di … (addirittura pretendevano di svolgere la psicoterapia della minore in presenza di agenti di Polizia – una cosa inaudita!! Lo scrivente avrebbe voluto chiedere alla D.ssa … – ma non gliene è stata data la possibilità avendolo escluso dall’ascolto della stessa – se nel loro servizio è una prassi consueta quella di avvalersi della presenza della forza pubblica per effettuare gli incontri protetti o questa precauzione è stata adottata solo in questo caso; e se è stata adottata solo in questo caso per quale motivo? Quali erano le situazioni di pericolo che essi paventavano tanto da richiedere la presenza della forza pubblica?) che hanno preferito ‘lavarsene la mani’, da un lato fornendo indicazioni per la psicoterapia da svolgere presso l’Istituto …, località distante circa 100 km da …, cosa impraticabile poiché non è nemmeno pensabile che una psicoterapia si possa svolgere con un terapeuta lontano 100 km, e non tenendo conto che ciò significa sottoporre la minore a uno stress non indifferente visti i suoi impegni scolastici (la minore frequenta, e frequentava all’epoca, la scuola a tempo pieno, terminando alle ore 16.30), dall’altro investendosi di competenze che non possiedono giungendo a diagnosticare una presunta patologia (atto di competenza medica), la PAS, già esclusa peraltro nel corso di una CTU conclusasi pochi mesi prima.

Non mostrano, questi Servizi Sociali, pur suoi affidatari, di tenere nel debito conto le esigenze della minore e di saper tutelare il suo benessere psicologico visto che la espongono di continuo a ulteriori traumi psichici.

LE OPERAZIONI PERITALI

A parere dello scrivente le operazioni peritali in questa vicenda non si sono distinte per trasparenza e imparzialità, tutt’altro. I CTU hanno ogni volta deciso d’imperio le date di convocazione delle parti senza concordarle, come è consuetudine, con entrambi i CTP; anzi è impressione dello scrivente che hanno proceduto in questo modo nell’intento preciso di escluderlo da alcune fasi della CTU (ascolto del padre, ascolto dell’Assistente sociale, ecc.). Tali aspetti saranno meglio rappresentati al Tribunale dall’avv. ….

Un vulnus insanabile di questa CTU è rappresentato dall’esclusione dello scrivente CTP dall’ascolto della minore, accampando motivazioni risibili; in nessuna CTU si verifica l’esclusione dei CTP dall’ascolto dei minori né si comprende, sul piano logico, la motivazione di ciò se non per il fatto che i CTU volevano evitare che alla minore fossero poste domande precise sui suoi rapporti col padre. In assenza delle risposte della minore a tali domande non è possibile addivenire a una rappresentazione della realtà oggettiva di tali rapporti ma si possono solo fare illazioni soggettive prive di qualsiasi validità e attendibilità, soprattutto sul piano delle ripercussioni giuridiche.

Al momento della sua esclusione il sottoscritto ha educatamente protestato con il CTU che però è stato irremovibile su questo punto; desta non poca meraviglia pertanto quanto si legge nella relazione di CTU “in accordo con i periti di parte” poiché il sottoscritto non è stato affatto d’accordo in questo ma ha dovuto subire questa ennesima imposizione del CTU, intesa a escluderlo da fasi cruciali della CTU.

In assenza dell’ascolto congiunto della minore e di un pacato e sereno confronto tra le parti, in contraddittorio, non si vede come e in che modo si possa dare risposta ai quesiti posti dal Tribunale e che di seguito si riportano:

Dicano i CTU, letti gli atti della procedura,

a) quali siano le attuali condizioni di vita e di salute della minore

b) valutino altresì le personalità e le capacità genitoriale delle parti, nell’ottica della presente controversia ex art. 330 cc

c) con particolare riferimento all’eventuale instaurarsi di una sindrome di alienazione parentale – specificandone l’esatta definizione se esistente – da parte della madre in danno del padre

d) valutando quindi anche gli attuali rapporti tra i singoli genitori e la figlia, alla luce delle dinamiche intrafamiliari in essere, e considerate le pronunce giudiziali in atti relative alla separazione personale tra i coniugi.”

Come si può leggere, inoltre, la sindrome di alienazione parentale era espressamente citata tra i quesiti che il Giudice ha posto al CTU e sui quali il CTU ha giurato; successivamente, nel corso delle operazioni peritali, ha invece più volte ribadito di non sapere nulla di questa sindrome. Il sottoscritto si chiede, e chiede allora, retoricamente, su che cosa ha giurato questo CTU al momento del conferimento dell’incarico. Se davvero egli ignora, come ha più volte affermato e come ha dichiarato alla SV il giorno … (“Posso comunque dire che non ne ho mai sentito parlare”), cosa sia la sindrome di alienazione parentale, avrebbe dovuto rappresentare questa circostanza al Giudice al momento del conferimento dell’incarico, visto che linee guida e codici deontologici suggeriscono di non accettare incarichi per i quali non si ha specifica competenza e formazione (Codice di deontologia medica, Art. 62 – Attività medico-legale – L’accettazione di un incarico deve essere subordinata alla sussistenza di un’adeguata competenza medico-legale e scientifica).

Delle due l’una: o il CTU realmente non sa nulla di questa sindrome e allora non si comprende perché abbia accettato un incarico che prevedeva specificamente il suo accertamento, oppure la conosce ma per motivi che al sottoscritto sfuggono, nel corso delle operazioni peritali ha fatto finta di non saperne nulla; se così fosse, non pare allo scrivente, questo dei CTU, un comportamento deontologicamente corretto (1).

In secondo luogo, ancora una volta, contesto l’affermazione dei CTU a pag. 3 laddove scrivono di avere concordato con lo scrivente CTP di limitare “la presenza a due solo adulti estranei”, con riferimento all’ascolto della minore poiché il sottoscritto ha protestato sin dall’inizio per questa sua esclusione dall’ascolto della minore, come risulta dalle registrazioni, come già rappresentato alla S.V. e come si dirà in seguito; questa affermazione dei CTU non corrisponde al vero.

A ogni buon conto si relaziona su quanto a questo CTP è stato consentito di valutare.

In data … presso la sede del Tribunale dei minori di …, dalle ore … in poi sono proseguite le operazioni peritali per l’ascolto nell’ordine, come da convocazione del CTU datata …, della madre, del padre e della minore (testualmente si trascrive: “Il giorno .. dovranno essere presenti entrambi i coniugi e la minore, al mattino a far capo alle ore … ed il pomeriggio dalle ore …. Il giorno … le operazioni andranno avanti solo al mattino a far capo alle ore …, con la presenza di tutta la famiglia”).

Verso le ore … il sottoscritto si è presentato presso la sede del Tribunale, chiedendo al commesso che gli fosse indicata la stanza dove si sarebbero svolte le operazioni peritali per la CTU …/…; gli veniva indicata la stanza n. 5 al secondo piano del Tribunale ove il sottoscritto si recava constatando che non era ancora arrivato nessuno. Ridiscendeva quindi al piano terra e qui notava la presenza della sig.a … insieme alla minore e alla nonna materna della minore. Si attendeva quindi l’arrivo degli altri convocati. Verso le ore … arrivavano i CTU che davano inizio alle operazioni peritali. Preliminarmente ci informavano che il sig. … per un precedente impegno non poteva comparire in mattinata e che sarebbe stato ascoltato nel pomeriggio e comunicavano che era stata convocata anche la D.ssa … in quanto affidataria della minore.

Ascolto della madre della bambina

In data … alle ore … circa, presso il Tribunale dei minori di … si è svolto l’incontro con la madre.

Come CTP per il padre era presente la D.ssa …, in sostituzione del Prof. …; alla sommessa osservazione del sottoscritto CTP che tale sostituzione doveva essere autorizzata dal Giudice pena la nullità delle operazioni peritali, il CTU ha risposto, indicando la porta, che non occorreva alcuna autorizzazione e che se non ero d’accordo potevo uscire dalla stanza.

La madre, laureata in …, è docente di ruolo di … presso l’… di … dal ….

Coniugata nel … con il sig. …, riferisce che il matrimonio si è mostrato sin dall’inizio problematico per via delle eccessive intrusioni della madre del sig. … nel ménage familiare, dell’eccessiva dipendenza psicologica del marito dalla madre di lui e per la svalutazione e denigrazione della sua famiglia di origine, ritenuta dagli … di livello sociale e culturale inferiore al loro.

Con il tempo sono comparsi atteggiamenti e comportamenti autoritari e violenti del sig. …, anche dopo la nascita della bambina, che hanno portato la sig.a …, il giorno …, ad allontanarsi da casa con intervento dei Carabinieri di …, da lei chiamati a causa delle liti familiari. Dall’epoca della separazione vive a … insieme alla figlia minore.

In data … la sig.a …, tramite il suo legale si è rivolta al Tribunale dei minori di … segnalando sia “atteggiamenti aggressivi sul piano fisico e verbale” verso di lei (cui purtroppo aveva assistito la figlia minore) sia comportamenti “irresponsabili nei confronti della bambina” (quali quello ad es. di averla lasciata sola in ascensore all’età di un anno e mezzo circa o di entrare in competizione con la figlia quando giocavano con le costruzioni giungendo a tirare alcuni pezzi alla figlia se questa gliene sottraeva alcuni per completare la sua costruzione), richiedendo un accertamento peritale in merito (lo scrivente rileva che in questo primo ricorso al Tribunale dei minori non vi è accenno alcuno ai presunti abusi sessuali del padre verso la minore; lo stesso procedimento penale avviato nel … del … contro il sig. … è ai sensi dell’art. 609-bis del CP. Ciò ai fini di una puntuale ricostruzione cronologica della vicenda circa la presunta manipolazione psicologica della minore da parte della madre).

A richiesta del CTU di conoscere meglio i motivi del rifiuto della minore di incontrare il padre la sig.a … riferisce che nel mese di …, mentre giocava a palla con la figlia, entrambe sedute per terra con le gambe allargate che si tiravano reciprocamente la palla, la bambina a un certo momento le disse del …; la sig.a … chiese preoccupata alla figlia chi le avesse detto queste cose e la bambina rispose che era stato il padre.

A questo racconto della madre il CTU ha replicato: “Cosa gravissima se fosse vera … È stato dichiarato che il ricordo della bimba non può essere genuino”, e nel prosieguo del colloquio così si è espresso in merito al sig. …: “lo guarderò bene se ha qualche stigmata particolare che lo caratterizzi”.

Non può non rilevare il sottoscritto CTP sul comportamento estremamente scorretto tenuto dal CTU in questa circostanza, poiché si arroga il diritto di sindacare in merito alla veridicità del racconto della sig.a … (cosa di competenza del magistrato) ma soprattutto afferma falsamente che qualcuno avrebbe dichiarato che il ricordo della bambina “non può essere genuino”, fatto questo sul quale sono in corso i relativi procedimenti penali che stabiliranno se il ricordo sia genuino o meno; né può stabilirlo il CTU sia perché non gli compete, sia soprattutto affermandolo senza ancora aver conosciuto e ascoltato la minore. Già da queste prime battute emergono il pregiudizio del CTU e la sua parzialità.

All’osservazione del CTU che la bambina ha bisogno di entrambi i genitori la sig.a … così replica: “Non ho niente in contrario, glielo dico sempre a XXX ma lei non vuole parlare col padre nemmeno al telefono … Se XXX vuole andare dal papà io la porto. A me interessa il benessere di mia figlia, se vuole stare col padre la porto, le mie paure sono quello che la bambina mi racconta”.

A questo punto interviene la CTU … che chiede: “Ma lei crede a quello che le dice la bambina?”; anche questa osservazione allo scrivente pare frutto di un pregiudizio, e cioè che la bambina non sia sincera.

La sig.a … risponde: “Io credo a mia figlia … quando mi ha raccontato del … io pensavo che fosse successo all’asilo. Da quando la bambina ha iniziato a rifiutare il padre … lui veniva a trovarla ma lei non si relaziona con lui. La bambina non ha mai chiesto di restare con il padre la sera, che sarebbe stata una cosa normale.”

Circa i rapporti con l’ex-marito ne parla come di “un giorno di sole e tanti giorni di tempesta, poi siamo arrivati alla rottura finale” e alla richiesta del CTU di com’era la tempesta: “offese, apprezzamenti e insulti umilianti, – «non vali nulla … sei grassa … questo non lo sai fare … non ti sai vestire … non ti sai comportare … non sai come si tiene la casa» … continuamente sotto accusa … mi sentivo inadeguata … sino alle maniere forti per farmi capire, aggressività verbale e fisica. XXX purtroppo assisteva alla violenza”.

Riferisce che ha resistito sino a quando si è resa conto che le manifestazioni del coniuge andavano oltre il normale, come quando le ha puntato un coltello alla gola, episodio ultimo per il quale si è rivolta ai Carabinieri e successivamente si è allontanata da casa con la bambina.

Richiesta di fornire altri particolari del loro matrimonio, ricorda di discussioni in merito, per es., alla sistemazione dei libri negli scaffali, che lei voleva disporre per autore o per argomento mentre il sig. … le imponeva di disporli in base alle dimensioni o al colore del libro, un tipo di ordine che doveva essere rispettato in tutta la casa tanto che giungeva a tagliare i foglietti inseriti in alcune riviste a mo’ di segnalibro e che fuoriuscivano dalla rivista stessa. A tale narrazione il CTU commenta che lo vede come un comportamento ossessivo.

Questo è quanto lo scrivente CTP ha sommariamente trascritto del colloquio con la sig.a ….

Rivedendo il video del colloquio con la sig.a … e quello dell’ascolto congiunto si rileva il contesto fortemente accusatorio che viene fatto pesare su di lei dal CTU che continuamente la accusa di non aver rispettato le disposizioni del tribunale quando invece è chiarissimo che chi non ha rispettato le disposizioni della Corte d’Appello di … sono i servizi sociali di … che invece di organizzare gli incontri protetti così come disposto dalla Corte d’Appello si sono lasciati andare a illazioni di ogni genere.

Di tale colloquio nulla è riportato dai CTU che saltano direttamente alla valutazione psicodiagnostica, introducendo però in essa elementi non congruenti.

A tale proposito non si comprende da dove i CTU hanno tratto le impressioni che la sig.a … abbia “difficoltà nella gestione della sua bambina” (pag. 7) o la sua “apparente condiscendenza” (ib) e cosa c’entra il richiamo alla teoria dell’attaccamento nell’ambito della valutazione psicodiagnostica, da quali elementi oggettivi i CTU hanno tratto l’impressione delle “difficoltà della sig.a … circa lo svincolo dalla famiglia di origine”. Tutto quanto segue anche alle pagine successive è puro frutto di fantasia dei CTU non supportato da alcun elemento oggettivo; né possono richiamarsi alle risultanze del test MMPI, per i motivi che si diranno in seguito.

Ascolto della minore

In data … alle ore … circa, presso il Tribunale dei minori di … si è svolto l’incontro con la minore XXX.

La piccola è stata fatta entrare nella stanza dove si svolgevano le operazioni peritali, al termine dell’ascolto della madre; appena entrata si è aggrappata alla madre. Il CTU ha fatto presente a entrambi i CTP che erano esclusi dall’ascolto della minore, e ciò per prassi da essi adottata, che l’incontro sarebbe stato video-audio-registrato e il DVD consegnato poi successivamente ai CTP.

Rappresentavo al CTU la mia meraviglia per questa procedura, dato che di solito i CTP assistono anche agli incontri con i minori e si dà loro la possibilità di porre delle domande ai minori, ma il CTU è stato irremovibile e a questo punto mi vedevo costretto a uscire dalla stanza.

Su questo aspetto devo necessariamente invocare la nullità delle operazioni peritali, perlomeno per la parte che concerne l’ascolto della minore, dato che la CTU è l’unica occasione, proceduralmente consentita, perché i CTP possano ascoltare i minori e porre loro delle domande; privando i CTP di questa loro prerogativa praticamente si rende nulla la CTU ledendo gravemente il diritto delle parti alla difesa.

Il sottoscritto quindi attendeva nel corridoio il termine dell’ascolto della minore per il prosieguo delle operazioni peritali, come da comunicazioni del CTU alle parti, con l’ascolto del sig … e dell’Assistente sociale D.ssa …. La D.ssa …, CTP per il sig. … in sostituzione del prof. …, invece si allontanava dalla sede delle operazioni peritali.

L’ascolto della minore si protraeva sino alle ore … circa dopo di che rientravo nella stanza per il prosieguo delle operazioni peritali, attendendo l’arrivo della D.ssa … (Assistente sociale); il CTU usciva anche nel corridoio chiamando ad alta voce la D.ssa …. Visto il protrarsi della sua assenza si rinviava il tutto al pomeriggio dello stesso giorno, con convocazione verso le ore …. Nessun verbale veniva compilato sullo svolgimento delle operazioni peritali nella mattinata.

Nel pomeriggio del giorno …, verso le ore … circa, il sottoscritto, congiuntamente alla sig.a … di cui attendeva l’arrivo fuori del Tribunale, si recava presso il Tribunale dei Minori di … per la ripresa delle operazioni peritali. Qui veniva informato dalla CTU …, presente la sig.a …, che le operazioni peritali sarebbero proseguite solo con la somministrazione del test alla sig.a … e che si sarebbero quindi concluse poiché la D.ssa … (Assistente sociale) aveva comunicato la sua impossibilità a comparire a causa di un improvviso disguido. Vista la situazione il sottoscritto salutava i CTU e la sig.a … e faceva ritorno in albergo; anche in questo caso nessun verbale è stato compilato al momento.

Alle ore … del … il sottoscritto riceveva sul suo cellulare un messaggio da parte della sig.a … con la quale la stessa lo informava che all’uscita dalla stanza della CTU dopo aver completato il test ha visto seduta nel corridoio del secondo piano del Tribunale dei minori la D.ssa …. (Assistente sociale).

Anche su questo aspetto il sottoscritto invoca la nullità della CTU poiché, sorvolando sulla scorrettezza deontologica di non essere stato tempestivamente informato dal CTU dell’arrivo della D.ssa … (Assistente sociale), la sua esclusione dall’ascolto dell’affidataria della minore non gli ha consentito di ascoltarla e di porre alla stessa delle domande (es. se avesse mai parlato con le insegnanti della minore e i motivi della richiesta della forza pubblica che presenziasse agli incontri protetti, perché hanno disatteso le disposizioni della Corte d’Appello di … sugli incontri protetti).

Ascolto di entrambi i genitori della bambina

In data … alle ore … circa, presso il Tribunale dei minori di …, si è svolto l’incontro congiunto con i genitori della minore.

Il CTU ha preliminarmente posto la domanda su come era garantito alla minore l’accesso a entrambi i genitori.

Ha iniziato a parlare la sig.a … ricordando che la minore è affidata ai Servizi sociali di … con collocamento presso la madre; l’accesso alla figura genitoriale paterna, come da statuizione della Corte d’Appello di …, deve avvenire mediante l’ascolto protetto e gli incontri protetti con il padre. Mentre la sig.a … espone quanto sopra al CTU è interrotta in continuazione dal sig. … che sbandierando, in un certo senso, il computer che ha portato con sé rivolge alla sig.a …, con toni alterati e furiosi (“smettila con i tuoi giochi … hai rovinato XXX con la tua alienazione … chi nega la PAS merita la pena di morte”, dirigendo quest’ultima minaccia anche al sottoscritto), fa una serie di accuse dicendo che lui ha registrato tutto.

La sig.a … prosegue dicendo che la bambina può sentire il padre per telefono ma che “ogni volta che lui telefona non ci vuole parlare” e che i Servizi sociali “hanno fatto solo due incontri protetti in attesa della CTU”.

A questo punto il CTU commenta: “Quindi si sono tirati indietro”; a questo commento del CTU la sig.a … replica: “be’ in un certo senso sì”. A questo punto il CTU dice alla CTU … di mettere a verbale che la sig.a … afferma che i Servizi sociali si sono tirati indietro.

Poiché è evidente il tentativo del CTU di manipolazione delle parole della sig.a … da parte del CTU, intervengo per far notare ciò e il CTU in maniera autoritaria e imperiosa mi ingiunge di non parlare, indicandomi la porta (minuto … del file …).

Riporto questo episodio per evidenziare ancora una volta il clima nel quale si è svolta questa CTU intesa a tacitare ogni voce di dissenso e di critica, non accettando il contraddittorio e ledendo quindi il diritto di difesa della sig.a ….

La sig.a … prosegue sottolineando le disposizioni della Corte d’Appello, interrotta dal sig. … che accusa: “Anche la Corte d’Appello c’è cascata” (minuto … del file …).

L’intero incontro prosegue nella sostanza su questo registro, con la sig.a … che cerca di esporre la vicenda e il sig. … che continua a snocciolare una serie di accuse a quelli che lui chiama negazionisti della PAS, dal sottoscritto all’avvocato della sig.a … che avrebbe “perso otto cause nel tentativo di difendere madri alienanti” e che, lo ribadisce, meritano “la pena di morte”.

Nel corso dell’incontro congiunto la sig.a … rimprovera al sig. … i comportamenti incongrui da lui tenuti verso la minore (episodio dell’ascensore – minuto … e minuto … del file … – delle costruzioni – minuto … del file … – e della moneta da cinque centesimi – minuto … del file …) ma il sig. … prosegue con le sue accuse dicendo che ha tutto registrato nel computer; non nega ciò che gli rimprovera la sig.a … e quindi nella sostanza lo conferma.

Ancora, la sig.a … fa notare al sig. … che anche quando erano insieme la minore non le ha mai chiesto di restare da sola col padre, al che il sig. … replica dicendo che “XXX aveva due anni, non parlava” (minuto … del file …); viene smentito in ciò dalla sig.a … che osserva invece che XXX è stata molto precoce nello sviluppo del linguaggio, e a questa affermazione il sig. … non replica, ancora un volta sostanzialmente confermandola.

Una costante di questo incontro è stato, a parere di chi scrive, il contrasto tra l’esposizione pacata dei fatti da parte della sig.a … e l’eccitazione convulsa del sig. … che in sostanza si è limitato a lanciare una serie di accuse, pretendendo di far ascoltare e visionare ciò che lui ha registrato sul computer (tanto che a un certo punto la CTU … deve dirgli di lasciar perdere il computer – minuto … del file …), ma senza minimamente dar conto dei suoi sentimenti verso la figlia. In questo suo lanciare invettive non si rende nemmeno conto di incappare in un classico lapsus freudiano (“… (la madre) mi impediva di fare i normali giochi dei … … no dei bambini” – minuto … del file …) e culmina con le seguenti frasi pronunciate a voce alterata e tono minaccioso: “Questa storia o finisce … o finisce … lo giuro sulla mia testa e sulla testa dei miei familiari” (minuto … del file …).

Lo scrivente ha preso appunti nel corso dei lavori e trova inquietante uno scambio di battute tra il sig. … e il CTU, verso la metà dell’incontro, che è il seguente (minuto … del file …):

Sig. …: … la gioia con cui XXX mi accoglieva prima che …

CTU: … l’8 settembre

Sig. …: … 8 settembre, cioè …

L’impressione che lo scrivente CTP ne trae è che il CTU completa la frase che stava pronunciando il sig. …, anticipando che il video che questi intendeva mostrare era quello girato l’8 settembre …. Ora, come faceva il CTU a sapere che il video che il sig. … intendeva mostrare in quel momento era proprio quello girato l’8 settembre? Questa circostanza dev’essere chiarita dal CTU, poiché, letta così, porterebbe a pensare che vi sia stata un’intesa precedente fra il CTU e il sig. ….

Incontro della minore con entrambi i genitori

Tale incontro ha avuto luogo il giorno … alle ore … circa presso il Tribunale dei minori di ….

Il sig. … era già presente, con, tra le mani, alcuni giocattoli per bambini.

La piccola, tranquilla e serena al suo arrivo presso la sede delle operazioni peritali, appena ha visto il padre ha distolto lo sguardo da lui rifugiandosi tra le braccia della madre iniziando a singhiozzare e ripetendo “no…no”. A nulla sono valsi i tentativi esperiti sia dalla madre sia dai CTU di convincere la bambina a entrare nella stanza ove era presente il padre. Il suo rifiuto è stato spontaneo, genuino, fermo e per nulla indotto dalla madre, tanto che la stessa CTU … ha deciso di non insistere ulteriormente visto lo stato di autentico terrore della bambina.

Successivamente la sig.a …, ma non il sottoscritto CTP, è stata invitata a entrare nella stanza ove era già presente il sig. … mentre la bambina è rimasta con la nonna, piangente tra le sue braccia. Anche in questa occasione il sottoscritto CTP non è stato invitato a presenziare a questo estemporaneo colloquio tra i CTU la sig.a … e il sig. …; a quanto mi ha riferito successivamente la sig.a …, il colloquio verteva sul fatto che lei avrebbe dovuto in qualche modo convincere la minore a entrare nella stanza, colpevolizzandola per il mancato ascolto della minore.

A proposito dell’ascolto di XXX, i CTU lamentano di non aver potuto effettuare la sua valutazione psicodiagnostica il giorno … e il giorno …; ovviamente con la bambina così terrorizzata nessuna valutazione psicodiagnostica sarebbe stata attendibile. Dimenticano però, i CTU, che avevano a disposizione l’intera mattinata del giorno …, come da regolare convocazione, per sottoporre alla minore tutti i test che avessero voluto, visto che il giorno prima avevano familiarizzato con lei, la minore era serena e collaborativa, non era traumatizzata dalla presenza del padre. Credo quindi che abbiano poco da lamentarsi visto che essi per primi non hanno condotto le operazioni peritali in maniera razionale.

Ascolto della sig.a … (nonna materna della minore)

L’incontro con la sig.a … si è svolto presso il Tribunale dei minori di … il giorno … alle ore ….

Nella stanza era ancora presente il sig. … il quale appena ha visto la sig.a … ha ricominciato a inveire e minacciare: “… siete gente che merita la pena di morte … terrorizzare una bambina con le calunnie è un reato da pena di morte … tutto perché lei è rimasta vedova e voleva una bambina … pena di morte …”.

Queste frasi non risultano registrate perché la D.ssa … ha acceso la videocamera dopo l’uscita del sig. … dalla stanza; quando finalmente il sig. … si allontana inizia l’ascolto della sig.a ….

Riferisce che il sig. … è stato ben accolto in famiglia (minuto … del file …) ma che spesso, quando la figlia tornava a trovarla, vedeva che aveva dei lividi sulle spalle, a volte segni di morsi e si preoccupava (minuto … del file ..), ma la figlia la tranquillizzava dicendole che il marito le prometteva di cambiare (“io non mi sono mai intromessa perché lei era grande”).

Riferisce ancora di non poter rispondere su come erano i loro rapporti quando è nata la bambina perché il sig. … le impediva di recarsi a casa sua, “dovevo chiedere il permesso a lui, quando entravo io lui se ne andava al piano di sopra e poi dopo mezz’ora scendeva e mi faceva segno toccando l’orologio che era ora che me ne andassi” (minuto … del file …).

Nulla di questi eventi che il sottoscritto ha sommariamente riportato, e dei quali si potrà avere contezza visionando le video-audio-registrazioni degli incontri, trova traccia nella relazione finale dei CTU, come se essi non si fossero mai verificati. A questo punto risulta davvero arduo comprendere il percorso logico e scientifico seguito dai CTU per addivenire alle conclusioni cui giungono.

Non si comprende difatti il senso dell’affermazione (pag. 5) che “lo spettro della violenza e dell’abuso ha continuato ad aleggiare sulla famiglia …-…” (che per inciso non è più una famiglia e forse non lo è mai stata) visto che violenza e abusi in questo caso giudiziario non sono affatto spettri ma fatti sui quali sono in corso autonomi procedimenti giudiziari; né tanto meno si comprende il passaggio successivo quando si afferma che “durante i colloqui con la minore XXX, la mamma ‘sua sponte’, più volte evoca con particolari inopportuni i presunti episodi e le tecniche (addirittura!) della violenza”.

L’ascolto della sig.a … si è svolto il giorno … alle ore … e durante questo ascolto non era presente la minore; in questa sede la sig.a … ha riferito alcuni episodi di violenza da lei subiti messi in atto dal sig. … e francamente non comprendo quali sarebbero i ‘particolari inopportuni’.

L’ascolto della minore si è svolto lo stesso giorno alle ore … circa e allo stesso non era presente la sig.a …, quindi i CTU sono in errore quando affermano che durante i colloqui con la minore la madre avrebbe evocato gli episodi di violenza poiché ciò non è mai accaduto.

L’ascolto della nonna materna si è svolto il giorno … alle ore … ed è singolare che dell’intero colloquio l’unica frase rimasta impressa ai CTU sia quella riportata; non un commento sui comportamenti violenti del sig. … verso la sig.a …, se non altro per disconfermarli.

Così come è strano (o emblematico?) che nessuna delle minacce che il sig. … ha rivolto alla sig.a … (madre della minore), alla sig.a … (nonna materna) e al sottoscritto sia stata ritenuta meritevole di menzione da parte di questi CTU, se non altro per delineare meglio la personalità dello stesso.

Un accertamento psichiatrico, anche in sede giudiziaria, non può prescindere in primo luogo dalla storia di ciascun soggetto (anamnesi) poi dall’esame clinico nel quale rientrano a pieno titolo comportamenti ed espressioni, soprattutto se inadeguate al contesto, e poi dalla storia della famiglia. Questi CTU smentiscono le stesse premesse dalla quali dicono di partire, visto che dicono di essersi ispirati all’epistemologia sistemico-relazionale, poiché nel loro elaborato manca proprio l’analisi delle relazioni tra i soggetti esaminati. Ora, o certe epistemologie e certi autori si citano perché realmente ci si serve del loro lavoro, o altrimenti è solo una sovrastruttura barocca con la quale si pretende di abbellire un lavoro inconsistente. Né si comprende il minestrone tra autori della scuola sistemico-relazionale (Bateson, Haley), psicanalisti della famiglia (Akerman), teorici del modello strutturale della famiglia (Minuchin), ecc.

LE VIDEO-AUDIO-REGISTRAZIONI

Il materiale video-audio-registrato trasmesso comprende otto file, denominati, rispettivamente:

1. … della durata di un’ora e 28 secondi (ascolto sig.a …)

2. … della durata di 32 minuti e tre secondi (ascolto di XXX)

3. .. della durata di 13 minuti e 39 secondi e … della durata di 31 minuti e 39 secondi (ascolto D.ssa …)

4. … della durata di un’ora e 58 secondi e … della durata di 34 minuti e 19 secondi (ascolto congiunto genitori)

5. … della durata di 38 minuti e 3 secondi (ascolto nonna materna)

6. … della durata di 12 minuti e 18 secondi (ascolto di XXX con entrambi i genitori)

Mancano le video-audio-registrazioni degli ascolti del sig. … da solo, ben tre incontri avvenuti, stando a quanto riportato dai CTU, rispettivamente il … (prima dell’inizio delle operazioni peritali?), il …, l’…, e dell’ascolto dei genitori del sig. … l’….

Nulla lo scrivente può affermare circa gli incontri ai quali non era presente e dei quali non è stata trasmessa video-audio-registrazione; la mia impressione è che si sia voluta, in ogni modo, evitare una valutazione psichiatrica del sig. ….

FILE …: si tratta dell’ascolto della sig.a …, il …; sia pure sommariamente il contenuto di questo ascolto è riportato in precedenza.

FILE …: si tratta dell’ascolto della minore, il ….

La bambina appare disinvolta, risponde alle domande guardando direttamente in viso l’interlocutore e senza girarsi verso la madre prima di rispondere, sorride spesso, la gestualità è spontanea e vivace.

Al minuto … circa viene introdotto il discorso sul suo rapporto col padre e si può vedere subito il cambiamento comportamentale della bambina, che, sempre senza guardare la madre ma rispondendo direttamente all’interlocutore afferma “perché mi ha fatto del male”.

Dal minuto 20 in poi, rimasta sola con i CTU, XXX riferisce il suo ricordo: il suo tono di voce cambia subitaneamente, si fa triste, la mimica si congela, la gestualità si blocca, scoppia a piangere, riferisce anche della violenza assistita e della paura che il padre volesse uccidere la madre; evidente è l’imbarazzo dei CTU di fronte a questa rivelazione tanto che trascorrono lunghi secondi prima che facciano altre domande alla bambina.

Trovo singolare il contrasto tra quanto affermano i CTU al termine dell’ascolto (“XXX ci ha raccontato delle cose che ci hanno molto colpiti e addolorati”) con la proposta, nelle loro conclusioni, di allontanare XXX dalla madre e affidarla alla famiglia paterna.

FILE … e …: Si tratta dell’ascolto dell’Assistente sociale d.ssa …; è presente il CTP di parte padre Prof. ….

La D.ssa … dà atto della grossa sofferenza della bambina ogni volta che si deve confrontare col padre, dà atto che la madre stimola la minore a incontrare il padre ma poi si lascia andare a illazioni sul presunto comportamento extra-verbale della stessa che invece sarebbe di segno contrario, senza però saper rispondere alla domanda della CTU … che le chiede cosa avrebbe notato a livello extra-verbale da portarla a fare quella affermazione (dal minuto … in poi del file …).

In queste due registrazioni si ha modo di ascoltare alcune illazioni del CTP di parte del padre, Dr. … sul cosiddetto conflitto di lealtà (2) che affliggerebbe XXX (del quale si darà conto in seguito) e sul presunto ipotetico rischio psicopatologico che correrebbe la bambina non frequentando il padre.

Per pronunciarsi sul rischio psicopatologico di una persona bisognerebbe avere la classica sfera di cristallo, per potersi esprimere con quella certezza; anche sul presunto “conflitto di lealtà”, espressione che ricorre più volte in questa CTU, va fatta chiarezza (se ne parlerà più diffusamente in seguito). Il conflitto di lealtà è quella condizione in cui viene a trovarsi il figlio che, dai genitori in conflitto, riceve messaggi contraddittori, è intrappolato nella situazione che viene definita ‘triangolo perverso’; nel caso in esame la famiglia non c’è più e l’eventuale conflitto di lealtà, se mai c’è stato, è ormai risolto perché i messaggi che XXX riceve sono chiari ed espliciti, per sua fortuna.

Invece di lavorare di fantasia (il CTP di parte del padre non conosce e non ha mai conosciuto la minore e proprio le tante linee guida e carte di noto che lui ha sottoscritto dicono chiaramente che è scorretto esprimere valutazioni su di un minore senza conoscerlo – 3) credo sia più opportuno attenersi ai dati di fatto e a quanto emerso dalle operazioni peritali.

I TEST PSICOLOGICI

Alla relazione di CTU sono allegati i test psicologici somministrati al sig. … e alla sig.a …. Per questa parte della mia relazione mi sono avvalso della preziosa collaborazione di una psicologa-psicoterapeuta che ha una specifica formazione in psicodiagnosi (4).

Va premesso che è altamente opinabile la valutazione psicodiagnostica effettuata dai CTU dal momento che la finalità della diagnosi è quella di inquadrare in toto la personalità di un soggetto; nella fase di strutturazione dell’assessment psicodiagnostico non si può non tenere conto che gli strumenti che si dovrebbero utilizzare rientrano in due categorie principali: il colloquio clinico e i test psicologici. Entrambi gli strumenti sono funzionali a raccogliere e a mettere insieme le diverse informazioni, sia qualitative sia quantitative. Indipendentemente dalla formazione del clinico che li utilizza, in letteratura (Lis et all. 2003) è abbastanza condivisa l’idea che sia necessaria un’integrazione di queste due categorie di strumenti, colloquio e test psicologico, al fine di ottenere un’analisi esaustiva e approfondita del soggetto in esame. Tale indicazione è maggiormente vera, oltre che utile, quando tale valutazione psicodiagnostica avviene in un contesto peritale, che implica il perseguire criteri di obiettività e completezza, dal momento che serve a rispondere ai quesiti posti dal giudice.

Inoltre, la valutazione psicologica oltre che basarsi sull’integrazione dei dati derivati dal colloquio clinico e dal test psicologico, dovrebbe adottare un assessment orientato in una prospettiva multi-method assessment, piuttosto che in una scelta di mono-method assessment. La proposta di un assessment multi-method è finalizzata a indagare quelle che sono le determinanti della personalità di un soggetto e quelle che sono le rappresentazioni interne, integrando in una visione generale gli aspetti più consapevoli con quelli più profondi. Si ritiene che la scelta di un assessment psicodiagnostico “multi-method”, che riunisce i risultati provenienti da una batteria di diversi test, sia più efficace rispetto al “mono-method assessment” (Mattlar, 2003), che si basa su quanto emerge da un solo strumento testologico. Infatti, analizzando quanto emerge dal colloquio, e avvalendosi delle numerose informazioni che ciascun strumento psicodiagnostico apporta, si giungerà ad una valutazione completa e maggiormente garante dei criteri di fedeltà e validità.

Come scrivono vari AA (5), “il singolo test non permette un buon assessment, o una diagnosi, poiché le informazioni vanno integrate (diversi test, colloquio verbale, ecc)”.

1) Test del sig. …: si tratta del test di personalità MMPI-2.

Una prima irregolarità riguarda la data di nascita riportata che non corrisponde alla data di nascita del sig. … che è nato il … mentre come data di nascita dell’esaminando è riportata quella del ….

Una seconda irregolarità riguarda le date di somministrazione ed elaborazione del test; secondo quanto riportato sul frontespizio, il test sarebbe stato somministrato al sig. … il giorno … ed elaborato il giorno … (precedente al giorno di somministrazione). A parte l’incongruenza della data di elaborazione del test che risulta essere antecedente a quella della somministrazione dello stesso (cosa evidentemente impossibile) è evidente inoltre che il test non può essere stato somministrato successivamente alla chiusura delle operazioni peritali.

2) Test della sig.a …: si tratta del test di personalità MMPI-2.

Anche in questo caso si notano delle irregolarità circa la data di nascita dell’esaminanda (nuovamente il …, la stessa dell’ex-marito) e le date di somministrazione ed elaborazione del test che in questo caso sono identiche e cioè il giorno …. Anche in questo caso è impossibile che il test risulti somministrato successivamente alla chiusura delle operazioni peritali, visto poi che è stato somministrato il giorno … alle ore … circa, come riportato in precedenza.

Questi rilievi dimostrano l’estrema superficialità con la quale hanno proceduto i CTU visto che non hanno nemmeno controllato l’esattezza dei dati anagrafici dei soggetti sottoposti a valutazione psicodiagnostica e le date di somministrazione ed elaborazione dei test (ammesso che i test siano quelli realmente somministrati in questa CTU – aggiunta attuale).

A tale proposito si osserva che la valutazione è stata condotta esclusivamente attraverso la somministrazione del test MMPI-2 (Hathaway et all., 1939), ma i risultati del test sono stati argomentati esclusivamente sulla base del report elaborato dal programma di Pancheri De Fidio, senza contestualizzare tale profilo con i dati ricavati dal colloquio psicologico, per prassi, precedente alla somministrazione del test psicologico. Inoltre, si nota una sostanziale diversità nel commentare i risultati del test della sig.ra … e del sig. ….

Per quanto riguarda il report della sig.ra …, i CTU approfondiscono in modo dettagliato il profilo clinico che ne deriva, utilizzando in modo inadeguato uno degli indici più elevati Pa (T = 65 pienamente nei valori cut-off, che si attestano tra 50-65) per interpretare una tendenza clinica alla “ideazione paranoide” non peraltro significativa in termini patologici, come una caratteristica di personalità in grado di influenzare la relazione genitoriale. Si rintraccia infatti, nella relazione psicologica, una connessione tra profilo di personalità della sig.ra … e stile di attaccamento della minore, peraltro senza una reale valutazione del pattern di attaccamento. Non esiste, come evidenziato in letteratura una stretta associazione tra personalità del caregiver e attaccamento del minore, senza che questo possa essere valutato in modo specifico, dal momento che l’attaccamento è un costrutto a sé stante. Di conseguenza, una simile considerazione sullo stile di attaccamento della minore, sarebbe dovuta scaturire dall’uso di strumenti idonei a valutare tale costrutto. Probabilmente, si potrebbe interpretare questa congettura come derivata da un uso non adeguato e poco competente dello strumento psicologico, oltre che effetto di un bias di fondo del clinico, che utilizza i dati del test per confermare proprie supposizioni, non obiettivamente validate.

Per quanto riguarda la relazione del sig. …, si denota un report prevalentemente basato solo sui dati dell’MMPI-2 somministrato attualmente, che sebbene nella norma, non riporta alcun collegamento tra le osservazioni emerse dal colloquio clinico e quelle del test, ma soprattutto con le valutazioni psicodiagnostiche precedentemente effettuate.

Nei quesiti al CTU, difatti, si legge: “dicano i CTU, letti gli atti della procedura …ecc”; degli atti della procedura è parte integrante una precedente CTU svolta nel … dal prof. …, dove sono stati somministrati dei test psicologici alle parti; non sembra che i CTU abbiano preso in considerazione alcuna il lavoro svolto dal precedente CTU.

In quella occasione alla sig.a … e al sig. … vennero somministrati il test di Rorschach e il test TAT.

Sulla valutazione psicologica del sig. …, desunta dal colloquio clinico e dal risultato del test di Rorschach si legge (pag. 29 della precedente CTU …):

Alcuni elementi emersi nel corso dell’esame del protocollo fanno ritenere che si tratti di un soggetto che presenta marcati tratti narcisistici con tendenza a considerare prioritario il proprio punto di vista e la soddisfazione dei propri bisogni. Vi sono inoltre segni di distintivi di una accentuazione dei meccanismi di difesa consistenti in condotte ed atteggiamenti regressivi di tipo infantile”.

Nelle conclusioni del secondo test somministrato dal CTU prof. … al sig. …, il test TAT si legge (pag. 30 della precedente CTU):

In sintesi il protocollo TAT … sembra confermare alcuni aspetti della personalità del soggetto come il suo spiccato narcisismo, sia la sua condizione di inibizione ansiosa e di accentuazione delle difese, le tendenza a proiettare la colpevolizzazione al di fuori di sé investendo in questo caso la famiglia della moglie”.

Ma è ancora più interessante quanto il precedente CTU scrive poco prima in merito all’interpretazione della risposta alla tavola 5 del test TAT:

… si evidenzia un atteggiamento assolutorio nei confronti di un soggetto che si appropria dei dolci … ma che comunque deve essere perdonato perché – in un certo senso – l’appropriazione era comunque un suo diritto. Questa interpretazione può essere significativa del modo in cui il soggetto vive le relazioni con le persone significative: la moglie e la figlia possono essere simbolicamente raffigurate nel dolce. Il personaggio della tavola si appropria, ossia prende per sé, del dolce/persone-affettivamente-significative ma non è colpevole in quanto non sono altro che un ‘dono per lui’, proprio come il dolce”.

A pag. 115 della precedente CTU del prof. … viene riportato che il sig. … è stato sottoposto in precedenza alla somministrazione del test MMPI; si riporta testualmente:

Infatti al test MMPI-2 , effettuato sul sig. … da parte dei Servizi dell’Azienda dell’USL … di …, di cui la dott.ssa … trasmette relazione in data …, non emergono scale clinicamente significative se non un’unica scala, la PD (= 72) indicando tale valore la presenza di tratti d’impulsività, bassa tolleranza alle frustrazioni, suscettibilità.

Per quanto riguarda il sig. …, i ‘marcati tratti narcisistici’ emersi nel … non vengono rilevati dai CTU nel …; eppure dalla breve interazione con il sig. … in data …, e dalle notizie anamnestiche fornite dalla sig.a … sul suo matrimonio, in data …, lo scrivente CTP ha tratto l’impressione che il sig. … abbia una tipica personalità narcisistica interessata solo al suo punto di vista e incapace di vedere il punto di vista dell’altro, mancante di empatia, con comportamenti arroganti e presuntuosi e tendente a colpevolizzare gli altri per le sue mancanze non disgiunta da qualche idea di grandezza, visto che si è auto-attribuito il merito della scoperta del …, che sì è stato scoperto dal … con il quale lui collabora, forse anche dal gruppo di ricerca nel quale è inserito, ma da qui ad attribuirsene il merito ce ne corre (abbiamo scoperto il … afferma durante il colloquio congiunto).

Ma ciò che desta le maggiori perplessità sul test somministrato al sig. … dai CTU è l’appiattimento di quella punta di 72 alla scala clinica Pd, rilevata nel 2009.

La scala Pd è la scala clinica della deviazione psicopatica che misura le tendenze antisociali o il comportamento psicopatico, ovvero “Misura tratti d’aggressività aperta e di ostilità a livello sociale e familiare, impulsività, difficoltà di rapporto con l’autorità” (Cassano GB, Pancheri P, Trattato Italiano di Psichiatria, Vol I, pag 805, Masson, 2000); il suo innalzamento è francamente patologico e le possibili interpretazioni di un punteggio di 72 alla scala Pd possono andare da problemi con le autorità a problemi ricorrenti con il coniuge, essere ribelle e ostile, indicare una storia di fallimenti personali e di relazioni superficiali. Si tratta di solito di caratteristiche di personalità abbastanza stabili nel tempo, quindi non possono scomparire di colpo se non dopo un lungo lavoro di psicoterapia individuale, di cui però non vi è traccia.

Sulla valutazione psicologica della sig.a …, desunta analogamente dal colloquio clinico e dai test somministrati, si legge (pag. 31 della precedente CTU):

Il mondo affettivo appare molto ricco. Si tratta di una persona dotata di sensibilità verso i propri vissuti e di buona disponibilità umana. Anche le capacità introspettive e la capacità di analizzare i propri vissuti sembra decisamente buona.”

Per quanto riguarda la sig.a …, nella valutazione fatta dai CTU attualmente spunta dal nulla la parola ‘paranoia’ che non si comprende su cosa poggi. Né i test effettuati nella CTU del …, che pure sono molto più sensibili ad aspetti patologici di natura paranoidea, né del resto nello stesso MMPI somministrato alla sig.a … attualmente c’è qualche elemento che possa far pensare a una ideazione paranoide della sig.a …; il punteggio riportato alla scala Pa del MMPI (T = 65) è infatti un punteggio che non supera la soglia della normalità (il cut-off come già detto è di 50-65) e le cui possibili interpretazioni vanno dalla ‘ipersensibilità ai torti subiti’ alla ‘cautela nei rapporti con gli altri’ ma può anche indicare una ‘persona fiduciosa finché non si sente tradita’ o semplicemente un ‘gran lavoratore’. Le interpretazioni delle scale del test MMPI vanno sempre correlate alla storia clinica del soggetto non prese in sé e per sé.

Questo è un grave errore metodologico commesso dai CTU, quello cioè di attribuire un valore assoluto a un test che viene elaborato dal computer e quindi fornisce risposte standardizzate, già inserite in precedenza nella macchina e che la macchina restituisce in base ai dati che le vengono forniti; sta al clinico dare ai risultati del test elaborato dal computer il giusto valore all’interno della valutazione complessiva di personalità del soggetto. Valutazione complessiva di personalità che in questa CTU è del tutto inesistente.

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

La teoria dell’attaccamento è stata elaborata dallo psicanalista John Bowlby e in maniera molto sintetica può essere definita come un modello innato di comportamento caratterizzato dal bisogno di sicurezza del bambino nei confronti di figure protettive; le sue caratteristiche sono la ricerca di vicinanza a una figura adulta preferita, il cosiddetto ‘effetto di base sicura’ e la protesta per la separazione. Il sistema di attaccamento si costruisce sin dalla nascita ed evolve secondo delle sue fasi specifiche; nel corso del suo primo anno di vita il bambino costruisce il proprio legame di attaccamento con un adulto che diventa la sua figura di attaccamento. Naturalmente, il bambino stabilisce legami di attaccamento anche con altre figure di attaccamento che si prendono cura di lui e che gli infondono sicurezza.

Un’allieva di Bowlby, Mary Ainsworth, ha studiato la capacità del bambino di utilizzare la madre come base sicura, delineando 3 stili di attaccamento; un quarto tipo è stato prefigurato da studi successivi. Esistono ben precise scale per valutare gli stili di attaccamento (es., Child Development Interview e Current Relationship Interview) ma i CTU non ne hanno utilizzata alcuna; quindi di che parlano? Di loro impressioni personali?

Nella loro relazione (pag. 10) i CTU a pag. 7 scrivono che “il comportamento della bambina nei confronti del genitore (la madre) sembra indicare un legame insicuro-ambivalente o disorganizzato”, a pag. 10 scrivono invece che si tratterebbe di “un legame certamente forte ma insicuro ed eccessivamente simbiotico”.

A parte la contraddizione tra quello che scrivono a pag. 7 e quello che scrivono invece a pag. 10, e il singolare ossimoro in cui cascano i CTU parlando di un legame madre-figlia “certamente forte” ma allo stesso tempo “insicuro” (se è forte non può certo essere insicuro!) lo scrivente CTP in primo luogo osserva che nella teoria dell’attaccamento di John Bowlby non esiste lo stile di “attaccamento forte ma insicuro ed eccessivamente simbiotico”; in secondo luogo non comprende se per i CTU lo stile di attaccamento della minore è insicuro-ambivalente o insicuro-disorganizzato, perché le due cose non sono intercambiabili ma anzi sono profondamente differenti. E se i CTU non hanno le idee chiare su questi punti avrebbero fatto meglio a non parlarne.

Difatti, riprendendo un recente articolo di una psicanalista, Franca Tani, Professore Ordinario di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di Firenze, spero di apportare elementi di chiarimento al proposito (Tani F: I legami di attaccamento fra normalità e patologia, Psicoanalisi neofreudiana, XXIII, 1, 2011).

I bambini con attaccamento insicuro-ambivalente cercano la madre, cercano di riunirsi a lei e di essere consolati, dopo l’allontanamento, ma possono anche mostrare rabbia e passività verso di lei.

I bambini con attaccamento insicuro-disorganizzato, durante l’assenza della madre piangono e la ricercano attivamente per poi rimanere in silenzio, evitarla ed ignorarla apertamente al momento della riunione.

Nessuna di queste caratteristiche è stata osservata nel corso delle operazioni peritali in cui la madre è stata presente con la minore, mentre quel che si è osservato è uno stile che si avvicina a quello descritto come attaccamento sicuro:

Attaccamento sicuro: un bambino il cui attaccamento è sicuro, gioca con i giocattoli, mostra segni di disagio quando la madre esce dalla stanza, interrompendo il suo comportamento di gioco o di esplorazione e sollecitando in qualche modo una riunione. Quando la madre ritorna, egli viene confortato facilmente, si tranquillizza e torna a giocare. Si tratta di bambini che hanno fatto esperienza nel primo anno di vita di una madre “sensibile e responsiva”, in grado di riconoscere e rispondere adeguatamente alle loro richieste.

Difatti, nel corso delle operazioni peritali, ne danno atto gli stessi CTU, XXX ha protestato al momento di separarsi dalla madre per il colloquio con i CTU, ma al termine del colloquio, quando è uscita dalla stanza si è buttata tra le braccia della madre, senza alcuna ambivalenza, madre che per lei è una base sicura; XXX potrà pure “utilizzare la madre come roccia o trespolo” come fantasticano i CTU a pag. 7, ma la realtà è che il suo legame con la madre è forte e sicuro.

Né si comprendono le fantasie dei CTU sul “bisogno implicito della bambina di essere solidale con la madre”, poiché queste sono pure illazioni non sostenute da alcuna evidenza oggettiva (la lettura del pensiero non fa ancora parte dello strumentario psichiatrico o psicologico).

CONCLUSIONI

In primo luogo si contesta il concetto di ‘triangolo perverso’ applicato a questa situazione poiché lo stesso nasce applicato a famiglie unite e non separate e non risultano ricerche su questi concetti applicati alle famiglie separate; i concetti scientifici non sono intercambiabili.

Nel triangolo perverso non domina affatto la “denigrazione e il rifiuto dell’altro genitore”, come i CTU scrivono a pag. 15, ma si tratta di famiglie nelle quali regna un amorevole accordo di facciata, caratterizzate però da una conflittualità occulta, non espressa, tra i due genitori e all’interno della quale ciascuno dei due cerca l’alleanza, sempre inespressa, con il figlio (triangolazione);

Nel caso della ex-famiglia …/… la minore non ha nessun rischio di essere ‘triangolata’ e quindi sottoposta a messaggi del tipo ‘doppio-legame’ (trattasi di messaggi dove ciò che viene affermato a livello di contenuto – comunicazione verbale – viene sottilmente negato e contraddetto a livello di relazione – extra-verbale – 33) per il semplice motivo che la famiglia non c’è più e quindi i rapporti tra i due genitori e la figlia sono ormai chiari e definiti, né si è osservata, nel corso delle interazioni, alcuna comunicazione patologica.

Lo stesso Jay Haley, citato dai CTU, scrive che una caratteristica del triangolo perverso è che “la coalizione tra due persone non viene mai resa esplicita ma è negata e dissimulata” (6); come afferma un altro autore (7) citando ancora Haley, “la perversità del triangolo non sta tanto nella relazione quanto nell’impossibilità di parlarne apertamente”. Allo scrivente non sembra affatto che il conflitto …/… sia occulto e dissimulato, tutt’altro, è invece molto esplicito e questo protegge XXX dalla triangolazione; se questa famiglia fosse rimasta unita avremmo potuto avere questi meccanismi al suo interno.

Il famoso “conflitto di lealtà”, cui si è fatto cenno spesso in questa CTU, è la situazione in cui viene a trovarsi il figlio intrappolato nel triangolo perverso; si è già dimostrato che nella situazione in esame non siamo affatto in presenza di un triangolo perverso visto che del conflitto se ne parla esplicitamente e lo stesso non è affatto negato, tanto che la famiglia proprio a causa di questo conflitto si è separata.

XXX non corre affatto alcun rischio di evoluzione psicotica.

Da oltre un secolo la psichiatria s’interroga sulle cause delle psicosi e adesso scopriamo che sono state individuate nella PAS; ma questo lo sanno solo i sostenitori della PAS, non il resto della psichiatria mondiale.

In secondo luogo si contesta fortemente l’associazione tra la teoria dei sistemi, che è alla base del concetto di triangolo perverso, e la teoria della PAS di Gardner che con quella non ha proprio nulla a che vedere. Mai Gardner, che non era psichiatra e non conosceva la psichiatria, si è rifatto ai concetti della psichiatria sistemica, mai ha citato nei suoi lavori un qualsiasi articolo di autori sistemico-relazionali ma ha citato continuamente se stesso; credo proprio che questi CTU non sappiano per davvero cosa sia la PAS né abbiano mai letto una riga degli scritti di Gardner. Penosa è poi la citazione della d.ssa Linda J. Gottlieb, che non è né psichiatra né psicologa (in un suo breve curriculum si legge: “Linda is a licensed Marriage and Family Therapist – LMFT – and licensed Social Worker – LCSW – who works out of Long Island, NY), esercita come libera professionista, non è legata ad alcun centro di ricerca né tanto meno universitario. Nel 2012 ha pubblicato un libro dove ripropone la teoria della PAS, ormai ampiamente sconfessata, a cominciare proprio dagli USA.

Al primo quesito posto dal Giudice (quali siano le attuali condizioni di vita e di salute della minore) lo scrivente, essendo stato escluso dall’ascolto della stessa in sede di CTU, può rispondere solo con valutazioni indirette desunte dall’analisi delle pagelle scolastiche e dei giudizi degli insegnanti, oltre che dall’analisi della video-audio-registrazione dell’ascolto della minore (file …).

Gli ottimi risultati scolastici e i lusinghieri giudizi espressi dalle insegnanti testimoniano che le attuali condizioni di vita e di salute della minore sono ottime; a nulla vale in proposito l’osservazione ironica dei CTU (pag. 11: “non ci consolino i suoi buoni voti”) poiché un bambino col vissuto emotivo disorganizzato presenta difficoltà proprio nel rendimento scolastico; viceversa il buon rendimento scolastico è un indicatore del buono stato di salute mentale di quel bambino. Questo è un dato di fatto che qualsiasi pediatra o neuropsichiatra infantile o psicologo dello sviluppo può confermare.

Dalla video-audio-registrazione dell’incontro (file …) si può vedere che la bambina è sana, spontanea, vivace, dalla mimica mobile, dalla gestualità anche spontanea e vivace, molto attenta al contesto; l’eloquio è fluido, risponde adeguatamente e prontamente alle domande guardando in viso l’interlocutore senza cercare prima l’approvazione della madre, di buon umore, ironica, curiosa. Gli unici momenti in cui si intristisce è quando rievoca la vicenda col padre.

Al primo quesito posto dal Giudice si può pertanto così rispondere: la bambina è sana e non ha alcun disturbo psicopatologico.

Al secondo quesito posto dal Giudice (valutino altresì le personalità e le capacità genitoriale delle parti, nell’ottica della presente controversia ex art. 330 cc) lo scrivente CTP, sulla scorta di quanto osservato durante l’ascolto delle parti, esprime le seguenti valutazioni.

PADRE: nel corso dell’ascolto congiunto è parso un soggetto molto problematico, dalla personalità fragile e immatura, interessato a demonizzare l’ex-moglie e i professionisti cui lei si è affidata più che a cercare un riavvicinamento con la figlia minore. Scarsamente aderente alla realtà, nel corso dell’ascolto congiunto, che si è protratto per oltre un’ora, si è limitato a lanciare ai presenti una serie si improperi e minacce di morte, non rendendosi conto che motivo delle operazioni peritali era proprio la valutazione della sua personalità che ha mostrato invece nei suoi aspetti più deteriori. Tutto questo non è stato colto dai CTU, i quali si rifugiano nella ‘normalità’ del test MMPI (9), scotomizzando il lavoro psicodiagnostico precedentemente svolto da altri professionisti e che hanno rilevato nel sig. … marcati tratti narcisistici di personalità, tendenza a proiettare la colpevolizzazione al di fuori di sé investendo la famiglia della ex-moglie (e proprio in questa sede ha dato prova di ciò con le sue esternazioni) e soprattutto quella elevazione della scala Pd (T = 72) indice di deviazione psicopatica di livello patologico, ma soprattutto ignorando del tutto le risultanze dell’esame clinico durante l’ascolto.

MADRE: è apparsa un soggetto tranquillo, adeguato, capace di discernere i suoi motivi di rancore verso l’ex-marito dalla funzione genitoriale che questi dovrebbe svolgere verso XXX; più volte ha ripetuto nel corso del suo ascolto che se XXX le dovesse chiedere di andare dal padre lei è pronta ad accompagnarla. La colpa di questa madre, se colpa si può chiamare, forse è solo quella di credere al racconto della figlia; non è questa la sede per entrare nel merito di questo racconto ma è dopo questo ricordo di XXX che i suoi rapporti col padre sono precipitati. Cosa si chiede a questa madre? Di far finta di nulla? Può una madre far finta di nulla rispetto al racconto di una figlia su fatti così delicati e intimi? La madre è, per XXX, l’unico elemento di stabilità in questa vicenda, insieme alla nonna materna, e i risultati si vedono nell’ottimo sviluppo psico-fisico della bambina.

Alla luce delle inadeguatezze genitoriali mostrate dal padre di XXX in passato (lasciarla sola nell’ascensore di un centro commerciale all’età di un anno e mezzo, tirarle addosso indispettito i pezzi delle costruzioni, ecc.) questa madre chiede solo di venire rassicurata su quello che sarà il comportamento del padre verso la figlia; rassicurazione che nessuno è stato in grado di darle sinora, nemmeno lo stesso padre della minore che non ha saputo approfittare dell’occasione offertagli dalla CTU, visto che l’unica cosa che ha saputo fare è stata quella di lanciare minacce di morte a tutti quelli che non condividevano il suo pensiero. (Minacce che proseguono in telefonate e mail con le quali subissa la ex-moglie, dicendo di voler acquistare una pistola per sparare agli orsi o minacce velate del tipo “stanno finendo i tuoi giorni” accenni a un cosiddetto “piano B”, ecc. – dal minuto … in poi del file … -, accompagnate da fantasie sulla ‘assegnazione del prossimo premio Nobel per la … visto che quello di quest’anno gli è sfuggito’ – tali circostanze sono fuori dagli accertamenti peritali, ne sono consapevole e quindi non se ne deve tenere conto in sede di giudizio, ma le ho riportate perché la sig.a … è seriamente preoccupata e angosciata da questi comportamenti del padre di XXX).

Rassicurazione che non hanno saputo darle neppure i Servizi sociali di …, che addirittura hanno fatto ricorso alla forza pubblica in occasione degli incontri protetti (trasmettendo, questa sì che è comunicazione extra-verbale, un messaggio di pericolo, il messaggio di avere loro per primi paura di qualcosa), e che, nella persona della D.ssa …, hanno gratuitamente attaccato e denigrato la sig.a …. Questa madre che fiducia può continuare ad avere in pubblici ufficiali che si sono comportati in quel modo con lei? Che l’hanno accusata di voler fare della figlia una “handicappata come la madre”?

Al secondo quesito posto dal Giudice si può così rispondere:

Il sig. … è parso un soggetto dalla personalità disturbata, irascibile, con scarso controllo dei suoi impulsi aggressivi (per ora solo sul piano verbale), con tratti ossessivi e narcisisti, scarsamente empatico; le sue capacità genitoriali risentono negativamente di questo peculiare assetto di personalità.

La sig.a … è parsa un soggetto dalla personalità ben equilibrata, amorevole e protettiva verso la figlia che ha con lei un ottimo rapporto; gli aspetti di diffidenza e a tratti di sospettosità rilevati dai CTU (peraltro giustificati dal contesto psico-socio-giudiziario che la colpevolizza di continuo) non incidono sulla sua capacità genitoriale che rimane integra.

Circa il terzo quesito posto dal Giudice (con particolare riferimento all’eventuale instaurarsi di una sindrome di alienazione parentale – specificandone l’esatta definizione se esistente – da parte della sig.a … in danno del sig. …) lo scrivente CTP rappresenta alla S.V. che a tutt’oggi la cosiddetta sindrome di alienazione parentale, o genitoriale, non è riconosciuta dalle classificazioni ufficiali delle malattie e che non esiste una sua definizione in quanto patologia. Alla luce di ciò lo scrivente CTP ritiene che questo concetto deve restare fuori dal processo in essere poiché su un concetto non riconosciuto dal mondo scientifico ufficiale non si può basare una sentenza giudiziaria.

Su questa controversa sindrome il 18 ottobre del 2012 si è pronunciato in maniera ufficiale il Sottosegretario di Stato alla Sanità, Prof. Adelfio Elio Cardinale, con la seguente dichiarazione alla Camera dei Deputati:

Signor Presidente,

onorevoli deputati, ringrazio gli onorevoli interpellanti per aver sollevato la delicata questione relativa alla sindrome parental alienation syndrome (PAS o sindrome di alienazione genitoriale), in quanto mi si consente di puntualizzare che detta sindrome è stata di recente ipotizzata da uno studioso statunitense, Gardner, e che anche negli Stati Uniti essa è tuttora soggetta ad amplissime discussioni e non ha ricevuto alcun riconoscimento ufficiale secondo i canoni della medicina delle evidenze scientifiche.

Secondo Gardner, la PAS è un vero e proprio disturbo che si sviluppa prevalentemente nel contesto di controversie per la custodia dei figli e sarebbe il frutto di un condizionamento dei figli da parte di un genitore, così detto «alienante», che porterebbe i figli ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l’altro genitore, così detto «alienato».

Peraltro, Gardner ha ulteriormente descritto il costrutto di alienazione genitoriale in numerosi lavori autopubblicati, cioè non sottoposti alla verifica della letteratura specifica propriamente detta, ad alcun filtro di pubblicazione mediante revisione di esperti, la cosiddetta peer review, che oggi è il canone principale di valutazione delle pubblicazioni scientifiche anche nei concorsi universitari.

La sindrome in esame non risulta inserita in alcuna delle classificazioni in uso (ICD-10, ovvero International classification of diseases; DSM-IV, ovvero Diagnostic and statistical manual of mental disorders), né si è a conoscenza di un suo possibile inserimento nell’edizione del DSM-V, attualmente nella fase di definizione.

In effetti, la sindrome PAS non viene considerata come un disturbo mentale, ed è stata oggetto di attenzione prevalentemente in ambito forense, più che da parte della psichiatria e della psicologia clinica. In merito alle iniziative per verificare il ricorso diagnostico alla sindrome PAS da parte di alcuni medici nel nostro Paese, è opportuno rilevare che tale aspetto rientra nell’ambito delle competenze professionali e della coscienza del medico curante.

L’Istituto superiore di sanità, interpellato perché è il più alto organo di consulenza scientifica del Ministero, ha sottolineato che i fenomeni di ritiro dell’affetto da parte del bambino nei confronti di uno dei genitori, emersi in alcuni casi di affidamenti a seguito di divorzio, possono essere gestiti dagli operatori legali e sanitari senza necessità di invocare una patologia mentale per spiegare i sentimenti negativi di un bambino verso un genitore. L’inutile e scientificamente non giustificato etichettamento come «caso psichiatrico» può rendere ancora più pesante la difficile situazione di un bambino conteso.

Sebbene la PAS sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine «disturbo», in linea con la comunità scientifica internazionale, l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici.

Se posso, poi, alla fine della risposta ufficiale esprimere una mia valutazione, come medico e cittadino, credo che provvedimenti si dovrebbero prendere contro alcuni genitori che si vedono strappati i figli e non intervengono in maniera brutale.

Il terzo quesito così prosegue:

d) valutando quindi anche gli attuali rapporti tra i singoli genitori e la figlia, alla luce delle dinamiche intrafamiliari in essere, e considerate le pronunce giudiziali in atti relative alla separazione personale tra i coniugi.”

I rapporti sono ben delineati e sono chiari; la bambina rifiuta in modo deciso il padre, dal quale è letteralmente terrorizzata, tanto che la stessa CTU ha interrotto l’ascolto della minore con il padre per non traumatizzarla ulteriormente.

Contesto quindi fortemente l’affermazione dei CTU, verso la fine della pag. 14, sulla non disponibilità della madre a far incontrare XXX col padre, visto che nel corso delle operazioni peritali la madre ha più volte dichiarato che se XXX le chiede di andare dal padre lei è disposta ad accompagnarla.

Ma questo padre non deve proprio far nulla per riavvicinarsi alla figlia? La figlia è per lui davvero solo quel “dolce”, di cui alla CTU del prof. …, pag. 30, del quale si appropria senza minimamente sentirsi in colpa, senza minimamente comprendere che la figlia non è un “dono” per lui ma un essere umano dotato di volontà e sentimenti?

Pertanto, sulla questione della ripresa dei rapporti di XXX con il padre lo scrivente ritiene ineludibile proporre una seria psicoterapia per questo padre che è notevolmente disturbato sul piano di personalità; quando lo psicoterapeuta del padre fornirà garanzie sul recupero della capacità genitoriale del sig. … potranno essere cautamente avviati incontri protetti con la figlia.

Nessun senso ha la proposta dei CTU di una psicoterapia della bambina perché la bambina non ha alcun disturbo mentale; le terapie, anche la psicoterapia, si fanno per superare un qualche problema psicologico; XXX che problema deve superare? La difficoltà di incontrare il padre? Ma questa difficoltà non è riconducibile a un qualche fattore intrapsichico della bambina che possa essere affrontato in psicoterapia ma a un dato di realtà, il suo ricordo. Cosa dovrebbe fare lo psicoterapeuta con XXX? Convincerla che il suo ricordo è sbagliato? Farle il lavaggio del cervello?

Nessun senso ha la proposta dei CTU di una psicoterapia della madre poiché la sig.a … non presenta disturbi mentali o di personalità tali da richiedere un percorso psicoterapeutico. Cosa dovrebbe fare lo psicoterapeuta con la sig.a …? Convincerla che il ricordo di XXX è sbagliato? Convincerla che le violenze che lei ha subito dall’ex-marito non ci sono mai state? Quindi, nuovamente, farle il lavaggio del cervello?

Dico una cosa ingiusta, lo so, ma la mia impressione è che questi CTU, in questa sede, mostrano di non avere la più pallida idea di cosa sia una psicoterapia e di quali siano le indicazioni cliniche per una psicoterapia.

Tracimano poi i CTU dal compito assegnato loro dal Giudice, perché esula dai quesiti, con la proposta allucinante e decontestualizzata di allontanamento di XXX dalla madre, della quale essi stessi riconoscono la paradossalità: la madre è l’unica persona che in questo contesto conflittuale ha permesso alla bambina di crescere in maniera sana ed equilibrata e questi illustri colleghi, andando al di là del loro mandato, propongono di distruggere la serenità della bambina allontanandola dall’unica persona che la sta tutelando. Non si gioca in questo modo con le persone e con i sentimenti.

La bigenitorialità è sacrosanta, e chi la nega, ma i genitori debbono sapersela meritare la genitorialità, non possono pretendere di essere considerati genitori a prescindere. XXX merita un padre, questo è indubbio, ma non ha affatto bisogno di un fratello maggiore irascibile e dispettoso, poiché tale pare allo scrivente il comportamento del sig. … verso sua figlia, dalle poche battute colte.

I CTU hanno, scientemente o meno, adottato tutte le cautele per evitare una seria valutazione psichiatrica del sig. …, dalla mancata comunicazione dell’inizio delle operazioni peritali allo scrivente, al non aver tenuto conto delle mie esigenze lavorative e pertanto di una tempestiva informazione sulle date degli incontri di CTU, al non aver video-registrato gli incontri col sig. … e i nonni paterni.

Di cosa hanno avuto paura questi CTU? Che da operazioni peritali rettamente condotte emergesse l’incapacità genitoriale del padre?

La bambina è comunque rimasta collocata dalla madre. Ha però dovuto subire le torture degli incontri protetti con il padre. Diciamo un disonorevole compromesso; infatti il Tribunale non se l’è sentita di togliere questa bambina alla madre ma nemmeno ha ‘liberato’ la bambina dal controllo di questo padre.

Raramente i giudici danno un’occhiata alle consulenze di parte, anche quando ben argomentate; quindi, al di là della mia consulenza, l’aver evitato a questa bambina la comunità (terapia della minaccia per resettarla) e poi il collocamento dal padre è merito dell’avvocato, l’unico che può interloquire con il giudice.

Avvocato della madre era l’avv. Andrea Coffari ed è lui che ha ottenuto questo bel risultato.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. Dell’assoluta malafede e mancanza di deontologia professionale di questi CTU se ne ha ulteriore prova dal fatto che lo psichiatra è uno dei firmatari del “documento psicoforense sugli ostacoli al diritto alla bigenitorialità e sul loro superamento”, diffuso dai sostenitori della PAS dopo la dichiarazione del Ministro della salute sulla non scientificità della PAS, la psicologa, in una tesina per un corso di, cosiddetta, alta formazione in psicologia forense, criminale e investigativa, si è riferita a questo caso come “un classico caso di PAS”. E se l’alta formazione la fanno sulla PAS non oso immaginare su cosa facciano la formazione non alta.
  2. Questa del conflitto di lealtà mi sembra l’ennesima sciocchezza inventata dagli psicologi giuridici; non potendo più parlare di PAS se ne vengono fuori con questa faccenda, pensando così di impressionare i giudici. Conflitto significa essere combattuti tra due bisogni contrapposti. Il concetto è nato dagli studi della psichiatria sistemica applicati alle famiglie disfunzionali, conflittuali, con un figlio adulto affetto da gravi disturbi mentali (schizofrenia, anoressia mentale, essenzialmente). In queste famiglie, non ancora separate, il conflitto tra i due genitori esiste ma è sommerso, non viene portato alla luce; questi genitori mandano al figlio dei messaggi contraddittori per avere la sua alleanza nel conflitto contro l’altro genitore. Questi messaggi però non sono mai chiari, espliciti, e pur esistendo a livello implicito (extra-verbale) vengono negati a livello esplicito (verbale). In questa situazione il figlio vive un grave conflitto psicologico perché ha bisogno di mantenere la lealtà a entrambi i genitori ma se lo fa li tradisce entrambi; se non lo fa, alleandosi esplicitamente con uno dei due, li tradisce ugualmente perché nessuno dei genitori gli ha chiesto, a livello esplicito, l’alleanza. Quando una famiglia di questo tipo si separa il conflitto genitoriale viene finalmente alla luce e il figlio sceglie esplicitamente di coabitare con uno dei genitori, rifiutando la relazione con l’altro genitore; il conflitto di lealtà che il figlio viveva in precedenza automaticamente si estingue, il figlio non ha più il bisogno di mantenere la lealtà a entrambi i genitori. Quindi non ha senso logico parlare di conflitto di lealtà quando i figli rifiutano la relazione con un genitore; proprio il rifiuto è la prova che il conflitto di lealtà non c’è più.
  3. Carta di Noto, 2011, punto 8. Linee guida per lo psicologo forense, art. 8.
  4. D.ssa Valeria Pace, psicologa, psicoterapeuta. Lecce.
  5. Giusti E, Montanari C, Iannazzo A (2006) Psicodiagnosi integrata, pag 464. Sovera Multimedia, Roma.
  6. Watzlawick P, Beavin JH, Jackson DD (1971), Pragmatica della comunicazione umana, pag 64 e segg. Astrolabio, Roma.
  7. Haley J, cit in Gambini P (2007) Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, pag 145. Franco Angeli, Milano.
  8. Bertrando P (1997) Nodi familiari, pag 175. Feltrinelli Editore, Milano.
  9. Per inciso: il test consiste in 567 domande alle quali il soggetto deve rispondere VERO o FALSO; la sua validità è legata alla sincerità del soggetto nel rispondere alle domande. Non ci vuole uno scienziato per capire che basta individuare le domande cruciali per poterlo manipolare. Se ne dà contezza in questo testo già citato: Giusti E, Montanari C, Iannazzo A: Psicodiagnosi integrata, pag 464. Sovera Multimedia, Roma, 2006.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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Terzo caso

Per il caso seguente mi impegnai, pur svolgendosi la CTU in una località molto distante dal mio domicilio, perché i soliti servizi sociali avevano fatto diagnosi di PAS (1) e sulla scorta di questa diagnosi l’avvocata del padre chiedeva l’ablazione della responsabilità genitoriale della madre; la vicenda è descritta qui (2).

Una situazione davvero assurda poiché c’era il rischio concreto del collocamento dei bambini in comunità. Ed è davvero sconvolgente la facilità con cui l’avvocata ha chiesto l’ablazione della responsabilità genitoriale per una madre che non ha mai dato prova alcuna di incapacità genitoriale, sulla base di una presunta malattia già oggetto di critiche a livello internazionale; un semplice giro in internet, alla portata di tutti, avrebbe consentito di capire cosa fosse questa PAS.

Riservandosi di meglio esplicitare a codesto spett.le Tribunale il suo pensiero in merito alla presunta sindrome di alienazione genitoriale (più brevemente PAS) nell’appendice alla presente CTP, al fine di non appesantire la lettura della stessa, il sottoscritto non può, preliminarmente, non rilevare che in merito alla PAS, al di là della controversia scientifica, due sono i punti fermi che la caratterizzano:

1) L’assenza di questo concetto nelle principali classificazioni internazionali delle malattie (ICD e DSM), pur essendo lo stesso ormai ampiamente datato (1985) e non certo di recente “invenzione”;

2) La sua non utilizzabilità in Tribunale come prova proprio per quanto detto al punto 1; difatti mai in altri settori del diritto (es. lavoro, civile, penale) una malattia non classificata entrerebbe nel processo.

Qualsiasi accenno a tale presunta sindrome è privo quindi di qualsivoglia valore scientifico, per i motivi suesposti, e si ritiene che una sentenza che utilizzi concetti privi di valenza scientifica sia nulla per tale vizio di forma.

Tutto il lavoro svolto dagli operatori del Consultorio familiare di … (Assistente Sociale e Psicologa), e parte di quello della CTU D.ssa …, appare purtroppo viziato da questo pre-giudizio antiscientifico.

In una delle loro relazioni al Tribunale gli operatori sociali giungono a formulare autonomamente il sospetto clinico (che è atto di competenza medica) della presenza nei minori di questa presunta malattia, rilevando, addirittura, un “estremo stato di sofferenza dei minori” (ma senza precisare in cosa consistesse questo “stato di estrema sofferenza”, senza obiettivarlo con dei test psicologici ma soprattutto senza richiedere, a quel punto, la consulenza specialistica di un Neuropsichiatria infantile che, se davvero la sofferenza fosse stata estrema, avrebbero avuto il preciso dovere di richiedere con immediatezza!); giungono addirittura a esprimere una valutazione prognostica parlando di disagio psicopatologico che si sarebbe potuto manifestare nel tempo. Comportamenti che sfiorano, a parere dello scrivente, l’esercizio abusivo della professione medica!

Un modo di fare superficiale e approssimativo, da parte di operatori del Servizio pubblico che hanno l’obbligo dell’imparzialità nel loro lavoro, oltre quello di non andare al di là dei propri compiti istituzionali ipotizzando malattie (cosa che non compete certo a loro) peraltro inesistenti e quindi prendendosi, in questo modo, gioco della giustizia.

Entrando in ambiti non di propria competenza si finisce con l’esprimere concetti senza valutarne le conseguenze, mostrando la scarsa conoscenza che si ha della materia e soprattutto ignorando che già dal lontano 2005 è stato dimostrato che i minori cui viene diagnosticata la cosiddetta PAS non presentano ai test danni psicologici maggiori di quelli causati dalla stessa separazione genitoriale (Lavadera Lubrano A, Marasco M: La sindrome di alienazione genitoriale nelle consulenze tecniche d’ufficio: uno studio pilota. Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol 7, n. 3, pag. 75, dicembre 2005).

Non vi è invece traccia alcuna, negli atti, dello svolgimento da parte dei Servizi consultoriali di inchieste sociali, di approfondimenti della natura dei rapporti tra la famiglia del sig. … e i minori (cose che rientrano invece nelle loro competenze), e soprattutto se corrisponda al vero l’elargizione di somme di denaro eccessive da parte dei nonni paterni ai minori (importi di 50 euro per volta); credo non sfugga a nessuno l’alto disvalore educativo di comportamenti del genere! (di ciò la sig.a … non ha fatto parola nel corso delle operazioni peritali perché già ampiamente stigmatizzata – “alienante … aggressiva … proterva … narcisista … persecutoria … istrionica … poco razionale”, ecc. – per non gettare ulteriore benzina sul fuoco, come si suol dire).

Ma forse c’è di peggio perché nella memoria dei legali del sig. … non si può non leggere il tentativo opposto, quello cioè di escludere invece la madre dalla vita dei figli proprio invocando la malattia inesistente e richiedendo addirittura l’ablazione della potestà genitoriale della sig.a … sulla base di ciò che non esiste; disegno perverso messo in atto, verosimilmente, dalla famiglia del sig. … con, non voglio dire la complicità ma certo la condiscendenza dei Servizi Consultoriali di ….

ANTECEDENTE CRONOLOGICO

Pur essendo la vicenda ampiamente nota a codesto spett.le Tribunale ritengo opportuno riassumerla per brevi linee.

La presente CTU nasce dal reclamo proposto dalla sig.a … il … avverso il decreto cron. … del … della Corte d’Appello del Tribunale di …, con il quale il Tribunale di … modificava le condizioni di separazione vigenti tra i coniugi …/…. In particolare tale decreto disponeva l’affido condiviso con collocazione dei minori presso la madre e diversamente regolamentando il tempo di permanenza dei minori presso il padre; contestualmente, il decreto impugnato dalla … riduceva il contributo economico a carico del padre per il mantenimento dei due minori da € … a € … mensili.

Sul reclamo proposto dalla sig.a …, di cui sopra, veniva disposta

CTU psicologica diretta ad accertare se siano già affiorati nei minori sintomi della sindrome di alienazione genitoriale e quale sia il regime più favorevole allo sviluppo equilibrato dei minori”, al fine di “stabilire il collocamento prevalente dei figli minorenni dei coniugi e la conferma o meno dell’affido congiunto ai genitori”.

OPERAZIONI DI CTU

Il sottoscritto, per motivi legati alla distanza della sua residenza dal luogo in cui si è svolta la CTU, non ha potuto partecipare a tutti gli incontri; ha partecipato all’incontro preliminare con la sig.a … e il sig. … (…), a quello con i minori ed entrambi i genitori (…) e a quello con i minori del ….

Nel corso delle operazioni peritali è apparso chiaro che non vi è, da parte della sig.a …, alcuna sua opposizione all’esercizio del diritto alla genitorialità del sig. …, anzi tutt’altro; la sua richiesta è quella di un maggiore impegno del padre nello svolgere quotidianamente il suo dovere di genitore e non di limitare il suo preteso diritto alla genitorialità solo ai momenti ludici da trascorrere con i figli, dato questo che non lascia intravedere un genuino desiderio di svolgere il suo compito di genitore nella quotidianità dei figli ma rimanda a istanze puramente egoistiche.

Una quotidianità che significhi dare garanzie di affidabilità nei tempi e negli orari, che è fatta dall’accompagnare i figli a scuola, riprenderli dalla scuola, assisterli nelle malattie, essere presente nelle loro attività extra-scolastiche, nei momenti ludici e nei momenti tristi, difficili della loro vita.

Questa puntualizzazione della sig.a … sull’espletamento della genitorialità, responsabile e non goliardica, da parte del padre, non solo come diritto da esercitare di tanto in tanto ma come preciso dovere quotidiano non è stata affatto recepita dai Servizi, anzi spesso fraintesa, forse a causa del modo di porsi della sig.a …, ma sono gli operatori che devono saper decodificare certi comportamenti o certe prese di posizione e soprattutto evitare l’innescarsi di simmetrie tra operatori e utenti; la sfiducia della sig.a … verso l’operato dei Servizi Sociali del Consultorio di … nasce da uno stillicidio di accuse che le sono state rivolte ma soprattutto dal subire l’affronto di avere manipolato psicologicamente i figli contro il padre sino a paventare (avvocato della controparte) l’ablazione della potestà genitoriale. Davvero si è andati oltre i limiti.

E che le cose non stiano come rappresentato dai Servizi è sufficientemente testimoniato dall’ottimo sviluppo educativo dei minori, come rilevato dalla CTU, dai loro risultati scolastici, dalla molteplicità dei loro interessi extra-scolastici, dalle loro capacità di socializzazione.

Poiché la piega presa da questa vicenda post-separativa pare voler addossare la “croce” della lesione del diritto di visita del padre totalmente alla madre, pare opportuno allo scrivente riportare un resoconto delle visite effettuate dal padre ai figli minori, sia pure limitato all’ultimo anno; il Tribunale con il suo decreto disponeva:

il padre, … potrà vedere e tenere con sé i figli il secondo e il quarto fine settimana di ogni mese, dal sabato mattina alle ore 10.00 circa fino alla domenica sera alle 21.00; il sig. … preleverà i bambini presso l’abitazione materna e là li riconsegnerà alla madre”;

durante la settimana il sig. … potrà stare con i figli nel pomeriggio e a cena nel giorno che si indica in quello di mercoledì”;

… … potrà tenere con sé i due figli per dieci giorni consecutivi durante le vacanze estive, per una settimana durante le vacanze natalizie e per tre giorni durante quelle pasquali”.

Corre l’obbligo di verificare se quanto disposto dal Tribunale sia stato rispettato e se non lo è stato a chi addebitarne la responsabilità; il decreto della Corte d’Appello del Tribunale di … col quale si modificavano le condizioni separative e il diritto di visita del padre è datato …. A tale proposito si è preparato un calendario al fine di verificare tale circostanza.

Come si vede dalle tabelle allegate, per i rimanenti giorni del mese di … e per l’intero mese di …, nonostante il decreto del Tribunale, il sig. … non ha preso i figli nei periodi disposti: è solo dal mese di … in poi, dopo aver concordato un calendario con i Servizi Sociali, e dopo le rimostranze della madre (sempre fraintese dagli stessi Servizi) che ha iniziato le visite ai figli.

Ma anche dopo avere concordato il calendario delle visite con i Servizi Sociali, il sig. … continua a mostrarsi inadempiente; come si vede dalle tabelle quasi mai ha preso i figli con sé nella giornata del mercoledì, a volte avvisando telefonicamente la madre altre volte senza nemmeno avvisare. Credo non sfugga l’assoluta mancanza di rispetto di tali comportamenti verso i figli e verso la ex-moglie.

Circa i fine settimana, che avrebbero dovuti essere alterni, risulta invece che nel mese di … li ha tenuti con sé tutti i sabati e ciò a smentire (ove ancora ce ne fosse bisogno) i Servizi Sociali del Consultorio di … per i quali la madre vorrebbe escludere il padre dalla vita dei figli e a confermare il loro pre-giudizio nei confronti della sig.a ….

L’ultimo sabato in cui il padre tiene i figli con sé è l’…, poi non solo non dà più notizie di sé ma, pur essendo in malattia, e quindi con maggiore disponibilità di tempo, non li visita né a Natale né a Capodanno (il tribunale aveva invece disposta una intera settimana durante le vacanze natalizie) recuperando poi con tre giorni consecutivi dal … all’… … …. E questo pur essendo in congedo dal lavoro per malattia, e quindi non potendo invocare la mancanza di tempo per motivi lavorativi.

Nessuna visita per il rimanente mese di … e nemmeno a … quando la bambina ha il gesso alla gamba per una caduta accidentale e il maschietto è a letto con la febbre, trova il tempo per visitarli. Non dimostra quindi neppure compassione per la figlia e non regge la motivazione dell’impegno lavorativo, in quanto si auto-dichiara (?) in cassa integrazione in quel periodo. Pretende poi il suo diritto di visita con violenza verbale il …. Nonostante non si sia mai occupato della bimba con la frattura e non dia quindi motivo di pensare che se ne voglia occupare adeguatamente (la bambina ha ancora il piede dolorante) e nonostante anche il bambino non stia bene, vorrebbe portarli via a forza.

Anche questo aspetto solleva qualche dubbio sulla tempestività di una “cassa integrazione” che sembra essere “provvidenzialmente” intervenuta proprio nel momento in cui bisognava esibire in Tribunale le buste paga (che per i mesi di … e … sono per forza di cose di importo inferiore a quello dei restanti periodi lavorativi) e ottenere in questo modo la riduzione dell’assegno divorzile.

Trascorre in questo modo, nella totale assenza del padre, anche il mese di … e le visite riprendono verso la fine del mese, e cioè, singolarmente, in coincidenza con il decreto del tribunale che dispone la CTU. Nei mesi in cui si svolge la CTU è più presente, ma già dal mese di … riprende il suo solito comportamento, se si esclude il periodo delle vacanze estive.

È parso chiaro che il sig. …, pur non intendendo sottrarsi ai suoi doveri verso i figli, si trova in una condizione di oggettiva difficoltà ad aderire alle esigenze che una genitorialità consapevole richiede; in queste condizioni l’affidamento condiviso viene ad essere fortemente sbilanciato prevedendo a carico della sig.a … un surplus di doveri in presenza di scarsi diritti e per il sig. … una scarsità di doveri pur con la pretesa del diritto alla bigenitorialità (e alla ottenuta riduzione dell’assegno divorzile che, a parere dello scrivente, sembra essere l’unica molla vettore della vicenda).

Le condizioni oggettive che ostano alla funzione genitoriale del padre non sono rappresentate dalla ipotizzata manipolazione dei minori da parte della madre (come sostenuto dai Servizi sociali) ma dalla relazione del padre con un’altra donna e dalla nascita di una figlia da questa relazione.

L’attuale compagna del sig. …, pur convocata dalla CTU, non si è presentata. Ritengo questa una grave carenza di questa CTU poiché non si è avuto modo di comprendere la natura dei rapporti fra i tre minori e soprattutto valutare sotto il profilo psicologico proprio l’attuale partner del padre dei minori che, da alcune allusioni, sembra di capire che sia molto gelosa del sig. … e che, verosimilmente, è l’ostacolo principale alla continuità dei rapporti tra il sig. … e i figli avuti dal matrimonio con la sig.a …. Addirittura in alcune conversazioni con la ex-moglie (delle quali ovviamente non c’è prova ma ciò non significa che non si siano svolte – non siamo in ambito penale) il sig. … avrebbe persino ventilato l’idea di togliere il proprio cognome a … e ….

Come affermato proprio dalla sig.a …, non si può obbligare un padre a fare il padre per forza.

Da tenere poi conto dei riferiti comportamenti della compagna del sig. … verso la figlia …; è risultato infatti nello svolgimento della CTU che XXX e YYY hanno assistito a manifestazioni di violenza verso la piccola … da parte della madre (“picchiata dalla mamma senza un serio motivo” come dà atto la CTU a pag. 24). Manifestazioni di violenza assistita che non fanno certo bene al processo educativo dei minori.

CONCLUSIONI E RISPOSTA AI QUESITI DEL MAGISTRATO

Ai quesiti posti dal magistrato si può pertanto così rispondere:

Non esiste, come non può esistere, alcuna sindrome di alienazione genitoriale; in ciò il Tribunale è stato tratto in errore dalle relazioni dei Servizi Sociali.

Il regime più favorevole all’equilibrato sviluppo dei minori, al momento, è l’affidamento condiviso ma condizionato al vincolo del padre a un regime di visita più rigoroso e a un suo maggiore coinvolgimento nella quotidianità dei figli e nelle loro attività scolastiche ed extra-scolastiche, secondo le indicazioni che codesto spett.le Tribunale vorrà dare.

Il monitoraggio va effettuato da Servizi Sociali che, raccogliendo il suggerimento della CTU, debbono essere diversi da quelli che se ne sono occupati sinora.

Inoltre si ritiene di suggerire che, qualora da tale monitoraggio continuino a risultare comportamenti elusivi del sig. … delle disposizioni del Tribunale in merito al suo diritto di visita ai figli e alla condivisione della responsabilità genitoriale anche nella quotidianità, oppure comportamenti diseducativi dei nonni paterni verso i minori, o addirittura nuova esposizione dei minori a violenza assistita da parte dell’attuale compagna del sig. …, tali condizioni devono essere riviste orientandosi per un affido esclusivo dei minori alla madre e rideterminazione dell’assegno divorzile.

APPENDICE

LA PRESUNTA SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE

Proposta alla comunità scientifica dal Dr Gardner nel 1985 non è stata mai considerata come patologia proprio per la mancanza nel suo costrutto di serie basi logiche e scientifiche (Bruch, 2002 – 3).

Sul Dr Gardner vanno smentite alcune mistificazioni: non era né psicologo né psichiatra (4), non era professore universitario ma solo un volontario non retribuito alla Columbia University di New York (5); la Columbia University, dopo che Gardner propose il concetto di PAS, prese le distanze dalle sue teorie ed egli andò gradualmente trasformandosi in un “autentic american monster” (6).

La teoria della PAS è stata oggetto di analisi nel lontano 2003 da parte dell’Istituto di Ricerca dei Procuratori Americani (American Prosecutors Research Institute) che l’hanno definita come “una teoria non verificata che, se non contestata, può provocare conseguenze a lungo termine per il bambino che cerca protezione e rivendicazione legale nei tribunali” (7) e “una teoria non dimostrata in grado di minacciare l’integrità del sistema di giustizia penale e la sicurezza dei bambini vittime di abusi” (8).

Più di recente, nel marzo 2010, si sono pronunciati sulla PAS gli psichiatri dell’Associazione Spagnola di Neuropsichiatria definendola senza mezzi termini “un castello in aria” (9) e consigliando a tutti i loro associati di non farne uso né in ambito clinico né in ambito giudiziario.

Ho riassunto infine in questo articolo (10) le vedute più recenti sulla PAS.

La vicenda su riportata è un esempio delle storture del sistema giudiziario delle separazioni e affidamento dei minori.

Questa madre aveva fatto ricorso al tribunale unicamente per la rideterminazione dell’assegno di mantenimento; per ritorsione il padre dei bambini è andato a lamentarsi con i Servizi sociali del fatto che la ex-moglie non gli faceva vedere i figli e i Servizi sociali, senza verificare, hanno relazionato al Tribunale circa la presunta PAS. Da qui si è aperto un contenzioso che rischiava di far finire in comunità i bambini.

Per smontare le accuse fatte dal padre alla madre di non fargli vedere i figli, avallate dai Servizi sociali che non hanno svolto alcuna inchiesta sociale, abbiamo dovuto ricostruire tutte le visite paterne ai figli, costruendo un vero e proprio calendario (un file di excel); di fronte all’evidenza della latitanza del padre le accuse sono cadute.

So che al termine della CTU le parti hanno comunque raggiunto un accordo; i bambini sono rimasti con la madre.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. Questa, dei Servizi sociali che si sbilanciano facendo diagnosi di improbabili malattie, è una costante nelle vicende di affidamento dei minori. Purtroppo i corsi di formazione e di aggiornamento per anni sono stati, e lo sono tuttora, monopolizzati dagli psicologi giuridici che hanno sapientemente indottrinato assistenti sociali e psicologi con questi concetti antiscientifici. Un minimo di senso critico però dovrebbe portare questi professionisti a meglio documentarsi in merito. Non parliamo poi di alcuni avvocati che imperversano nelle questioni del Diritto di famiglia senza averne competenza alcuna; in questo caso l’avvocata del padre si occupava prevalentemente di recupero crediti. Investita di questo caso si è limitata a fare il copia-incolla da alcuni blog di associazioni di padri separati, senza minimamente porsi il problema del benessere dei figli minori di questa coppia. Sotto questo aspetto, della corretta informazione e dell’aggiornamento professionale serio e competente, le associazioni forensi, gli Ordini degli avvocati come pure gli Ordini professionali degli assistenti sociali sono clamorosamente latitanti. Come pure lo sono gli Ordini professionali dei medici e degli psicologi; più volte, in queste fasi iniziali, ho fatto segnalazioni sull’uso dei loro iscritti di concetti privi di validità scientifica, ma senza esito alcuno. L’unica conclusione che posso trarre è quella di una pericolosa collusione di queste istituzioni con il sistema perverso della PAS.
  2. http://www.andreamazzeo.it/docu/Anna.pdf
  3. Bruch CS, (2002) Parental Alienation Syndrome and Alienated Children – getting it wrong in child custody cases. Child and Family Law Quarterly, Vol 14, No 4. (https://bit.ly/3sOzaMU e in francese https://bit.ly/3dFDBVG)
  4. Vaccaro S, Barea Payueta C (2009), El pretendido Síndrome de Alienación Parental – un instrumento que perpetúa el maltrato y la violencia. Desclée de Brower, Bilbao, Spagna. (http://www.edesclee.com/products.php/ISBN978843302331) Attualmente su Amazon: https://amzn.to/3do2xRp; Qui un estratto: https://www.edesclee.com/img/cms/pdfs/9788433023315.pdf
  5. https://nyti.ms/3agv7SS
  6. https://bit.ly/2OUkFcg
  7. Rivera Ragland E, Fields H (2003), Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know – Part 1 of 2. National District Attorneys Association, National Center for Prosecution of Child Abuse, 16, 6. http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no6.html Link attuale: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/update-16-6.pdf
  8. Rivera Ragland E, Fields H (2003), Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know – Part 2 of 2. National District Attorneys Association, National Center for Prosecution of Child Abuse, 16, 7. http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no7.html Link attuale: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/update-16-7.pdf
  9. AEN (2010), Declaración en contra del uso clínico y legal del llamado Síndrome de Alienación Parental. http://www.aen.es/docs/Pronunciamiento_SAP.pdf Link attuale: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/aen_sap.pdf
  10. Mazzeo A, (2011) La sindrome di alienazione parentale (PAS) – Realtà clinica o argomento retorico? Osservatorio per la Psicologia nei Media, Gennaio. https://bit.ly/3vdab7i, oppure http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/articolo_opm.pdf

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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Un secondo parere

Per il caso seguente venni contattato da una madre alla quale il Tribunale aveva collocato il figlio in una comunità per minori. Mi chiese di redigere un parere terzo, da consegnare al suo legale per una eventuale azione contro i servizi sociali.

Le chiesi di inviarmi la documentazione del caso in maniera da valutare se potevo impegnarmi nel redigere una relazione del genere.

In effetti, leggendo i vari atti mi resi conto che i servizi sociali erano responsabili di questo disastro; ebbi l’impressione netta che intento dell’assistente sociale sia stato sin all’inizio, da quando il tribunale affidò il bambino ai servizi sociali, di lavorare per farlo rinchiudere in comunità.

Per redigere la presente relazione, che è fatta sugli atti esistenti, mi sono avvalso della consultazione dei documenti allegati e di informazioni fornitemi dalla sig.a ….

Come emerge dai documenti in atti, dopo un breve periodo di armonia i rapporti tra i due coniugi, … e …, sono ben presto divenuti estremamente conflittuali (“dal … al … ho condotto una vita infernale da reclusa con maltrattamenti fisici e psicologici – sottrazione dei documenti, imposizione assoluta del … sulla mia vita con orari per mangiare, per uscire e lavorare; portando a casa la paga ero obbligata a consegnarla a lui, non potendo mai disporre del mio stipendio per le necessità personali e del bambino; … sceglieva i posti di lavoro, mi seguiva, sceglieva i luoghi dove potevo andare anche a prendere un caffè”).

Nel … la sig.a … decise si separarsi dal coniuge e nel … …, con la sentenza di separazione, il bambino venne dato in affido esclusivo alla madre. Da questa epoca la sig.a … è stata fatta oggetto di continue molestie da parte dell’ex-coniuge (“continue persecuzioni giornaliere consistenti in telefonate continue ad ogni ora del giorno e della notte, minacce di ogni genere, inseguimenti in auto ed in motorino ad ogni mio spostamento, minacce e diffide ai miei amici anche scritte. Lo stesso atteggiamento il sig. … lo pone in essere col proprio figlio YYY, operando nei suoi confronti un totale lavaggio del cervello”) che, per le modalità dalla stessa descritte, si configura come un vero e proprio comportamento di stalking.

Nel … la sig.a …, preoccupata per le ripercussioni dei comportamenti paterni sullo sviluppo psicologico del figlio YYY, chiese aiuto ai Servizi Sociali del Comune di …, i quali tentarono, nella figura della D.ssa …, un’opera di mediazione familiare ma si trovarono di fronte al rifiuto opposto dal sig. … a ogni mediazione e dialogo.

Nel … ha avuto inizio la causa di divorzio, che è stato giudiziale su richiesta del sig. …, e che si è protratta per ben quattro anni che vengono così descritti dalla sig.a …: “sono stati quattro anni di grandissima belligeranza in cui il sig. … ha proposto ben 8 ricorsi in corso di causa per la modifica delle condizioni di separazione e di modifica delle condizioni temporanee ed urgenti assunte in sede presidenziale nonché un appello”.

In questo periodo il minore, continuando a subire l’opera di manipolazione da parte del padre che ad ogni incontro gli parlava male della madre, ha cominciato a presentare segni di disagio psicologico (“sempre più agitato, con abbassamento del rendimento scolastico, e iniziava ad avere conflitti terribili verso di me apostrofandomi con termini come ‘brutta russa di merda’ ed altri epiteti, presentava inoltre aggressività, insonnia e continue crisi di pianto”) che hanno portato la madre a richiedere insistentemente ai Servizi Sociali una consulenza da parte di un neuropsichiatra infantile per il piccolo ed una valutazione psicologica sul comportamento dell’ex-coniuge. I Servizi Sociali non solo non si sono attivati per garantire al minore tale consulenza neuropsichiatrica infantile ma hanno anche omesso di segnalare al Tribunale la condizione di maltrattamento psicologico che il minore subiva ad opera del padre; omissione censurabile dato che i maltrattamenti psicologici vengono a configurarsi come reato (art. 572 CP) che i Servizi Sociali erano tenuti a segnalare al Tribunale.

Il Tribunale di … con decreto del … conferma l’affido esclusivo alla madre negando l’affido condiviso, richiesto dal padre.

Nel corso dello stesso anno, preoccupata per la salute del figlio, la sig.a … informava i Servizi Sociali della sua decisione, quale genitore affidatario, di far visitare il piccolo da uno specialista di sua fiducia, nella persona del Dr …, psicoterapeuta; il Dr … invitava più volte il padre perché collaborasse al trattamento intrapreso ma come risposta otteneva un rifiuto e la minaccia di deferimento all’Ordine dei Medici; cosa che effettivamente venne messa in atto successivamente ma l’Ordine dei Medici non ravvisò nel comportamento del Dr … elementi deontologicamente censurabili.

Il trattamento psicoterapeutico intrapreso sortì dei risultati positivi tanto che il minore migliorò il suo comportamento, riprese il sonno fisiologico, si mostrò meno ansioso e più sereno.

Nonostante le migliorate condizioni psichiche del minore, le segnalazioni dei Servizi Sociali portarono il Tribunale dei minori di … ad emettere, il …, un decreto di affidamento del minore ai Servizi Sociali del Comune di …; minore che non versava, però, in stato di abbandono e che, grazie alle cure del Dr … iniziava a migliorare sul piano psicologico. Quindi, lo stato di affidamento alla madre e la collocazione presso di essa si dimostravano già protettivi per il minore.

Il Tribunale per i Minori di …, in data … emanò un proprio decreto nel quale testualmente si legge: “… – dagli atti emerge un disagio importante del minore, collegato ad una possibile (se verificata, grave) sindrome da alienazione genitoriale con riferimento alla madre …”. Pur non entrando, in questa sede, nel merito di codesta molto discutibile presunta sindrome non si può non rilevare un errore di valutazione del Tribunale che, forse, ha condizionato tutto l’iter successivo della vicenda, e cioè l’attribuzione della sindrome di alienazione genitoriale alla madre.

Il Dr …, psicoterapeuta che ha avuto in trattamento il minore dal …, sin dall’inizio ha parlato di sindrome di alienazione genitoriale provocata nel minore dal padre e non dalla madre (relazione Dr … del …); dal … … al … … questa sindrome si “trasferisce” dal padre alla madre.

Da questo errore di valutazione, e cioè l’attribuzione della suddetta sindrome alla madre piuttosto che al padre, scaturisce la decisione del Tribunale di … di affidare il minore ai servizi Sociali del Comune di …; un errore di valutazione meritevole di approfondimento nelle sedi opportune (errata interpretazione delle relazioni del Dr …? intenzionale rappresentazione al Tribunale dei Minori di … di una realtà non corrispondente alla situazione effettiva? è per caso intervenuto nella vicenda un altro medico specialista che ha visitato il minore e la madre e ribaltato la diagnosi? e se nella vicenda non è intervenuto, come di fatto non è intervenuto, nessun altro specialista che ha visitato il minore e la madre da chi è stata formulata la diagnosi di “sindrome di alienazione genitoriale riferita alla madre”? e se è intervenuto, si può fare una diagnosi senza una preventiva vista medica del paziente?).

Con successivi decreti il Tribunale dei Minori di … ad … … sospende la potestà genitoriale alla madre e a … … interrompe la psicoterapia da parte del Dr … dispone che il Servizio Sociale collochi “il minore in idoneo luogo protetto” e “convoca il minore accompagnato dai Servizi avanti il Giudice onorario D.ssa … il giorno …”.

Tutto questo in un quadro generale che vedeva invece le condizioni del minore migliorare sempre più.

Il minore, informato della decisione del Tribunale di inserirlo in comunità, ha una serie di crisi ansiose, che lo portano a due accessi al Pronto Soccorso, rispettivamente dell’Ospedale di … il … con ricovero di un giorno e dell’Ospedale di … il …, ed infine al ricovero, il …, presso il Reparto di Pediatria dell’Ospedale di …, in seguito ad una crisi di agitazione psicomotoria con idee autosoppressive, che ha richiesto l’intervento urgente del 118, dei Vigili del Fuoco e del suo terapeuta, Dr …, dato che si era barricato in bagno rifiutando di uscire e minacciando gesti estremi. Circostanza, quest’ultima, e cioè il motivo del ricovero, che i servizi Sociali del Comune di … omettono di relazionare al Tribunale.

Nella sua relazione dell’… l’Assistente Sociale riporta tali fatti minimizzandone la portata; i toni usati (“… nuovo accesso … nuova comunicazione telefonica …”) dall’Assistente Sociale nel relazionare tali fatti al Tribunale dei Minorenni sembrano allo scrivente (ma è una impressione meramente personale) quasi un voler vedere in questa escalation negativa dello stato di salute del minore una sorta di tentativo messo in atto dalla madre e dal Dr … per sottrarre il minore alle decisioni del Tribunale. Tra l’altro questa relazione presenta ulteriori aspetti da approfondire; nella relazione è scritto “la scrivente e la psicologa D.ssa … presente all’incontro…” ma poi la relazione è a firma della sola Assistente Sociale; anche qui meriterebbe approfondimento il motivo della mancata firma della psicologa. L’affidamento del minore è all’Ente Servizi Sociali del Comune di …, quindi congiuntamente Psicologa ed Assistente Sociale o alla sola Assistente Sociale? Come mai fino a un certo punto le relazioni al Tribunale sono a firma congiunta e da un certo momento in poi a firma della sola Assistente Sociale, pur partecipando la psicologa alle attività del Servizio per questa vicenda?

Il giorno … il minore, ricoverato presso il Reparto di Neuropsichiatria dell’Ospedale di … viene dimesso per consentirgli di andare dal Giudice (almeno così gli viene riferito), ma l’Assistente Sociale, D.ssa …, recatasi a prelevarlo per accompagnarlo in comunità, di fronte al rifiuto del minore di seguirla, di fatto lo raggira, dicendogli che lo porterà dal Giudice mentre invece, una volta nel pulmino si avvia in direzione della comunità. Comportamento che non si può certo definire dall’etica cristallina. E anche qui la domanda: come mai la Psicologa, che pure ha seguito la vicenda sin dall’inizio non è presente in questa fase delicatissima, in cui la sua presenza avrebbe potuto essere di aiuto psicologico al minore per affrontare il trauma del distacco dalla madre e dell’inserimento in comunità? E con quelle modalità, poi.

Tale vicenda presenta ulteriori aspetti poco chiari poiché mentre l’Assistente Sociale sosteneva che il Giudice, …, non avrebbe più sentito il minore, “avendoci ripensato” (sic!), il legale della sig.a … telefonava più volte nella stessa giornata in Tribunale ricevendo conferma invece che la D.ssa … (giudice onorario) era in attesa di parlare col minore; solo in seguito il legale è stata informata che il Tribunale aveva revocato l’udienza di ascolto del minore senza nemmeno comunicarlo alla D.ssa … (giudice onorario), che infatti ha atteso inutilmente il minore sino a tardi. Dagli atti risulta che è stata la stessa Assistente Sociale a chiedere al Tribunale di posticipare l’audizione del minore, ma di questo non ha informato, come avrebbe dovuto, né il minore né la madre né il suo legale.

Dall’esame della copiosa documentazione pare di dedurre che i rapporti tra i Servizi Sociali del Comune di … e la sig.a … si siano deteriorati a partire dal …, da quando cioè quest’ultima, vista l’inerzia dei Servizi Sociali, ai quali aveva più volte richiesto una visita specialistica neuropsichiatrica per suo figlio, per via del comportamento che lo stesso manifestava, ha deciso di rivolgersi a uno specialista di sua fiducia, nella persona del Dr …, scavalcando, in un certo, senso gli stessi Servizi (o almeno così deve essere stata vissuta questa decisione dalle operatrici), pur, correttamente, informandoli della sua decisione e del nominativo dello specialista prescelto per curare suo figlio.

A … …, infatti, il Tribunale dei minori di … affida il minore ai Servizi Sociali del Comune di …; decisione che non sembra essere stata presa nell’interesse del minore che, affidato alla madre e grazie alle cure del Dr …, era decisamente migliorato rispetto al periodo precedente.

Sono numerose poi le relazioni al Tribunale Ordinario di … e a quello dei Minori di …, a firma della sola assistente sociale, prassi inusuale poiché tutte le altre sono a firma congiunta dell’Assistente Sociale e della Psicologa.

Nella relazione dei Servizi Sociali del giorno …, a firma della sola Assistente Sociale, pur riportando quanto disposto dal provvedimento del Tribunale dei Minori di … (“affida il minore al Servizio Sociale del Comune di … ovvero al Servizio Sociale competente in relazione al luogo ove dovesse in futuro trasferirsi”) afferma più avanti che, a suo parere evidentemente, “sia nell’interesse del minore … non cambiare lo stato della residenza del minore”, ponendo il proprio mandato al di là delle prescrizioni del Tribunale (che invece scrive “… ovvero al Servizio Sociale competente …”) e paventando in chiusura della relazione una sorta di timore che qualcuno voglia sottrarle il mandato (“Questo Servizio è intenzionato a portare a termine il proprio mandato”); volontà che nessuno ha mai espresso. Perché utilizzare quel concetto? Perché arrivare a dire alla sig.a … che non poteva trasferire la residenza del minore? Quale sarebbe stato il problema se la competenza del caso fosse passata ai Servizi Sociali del nuovo Comune di residenza del minore?

La relazione dei Servizi Sociali del …, trasmessa al tribunale con nota n° … di Prot. (nota di accompagnamento che porta però una data antecedente a quella della relazione stessa, e cioè …), è a firma della sola Assistente Sociale pur riportando anche il nominativo della psicologa ma senza la sua firma autografa. Vi si legge: “Rispetto al punto richiesto da codesto Tribunale di un percorso di mediazione familiare … Allo stato attuale non ci sono spazi né disponibilità per ritentarlo. Le scriventi (ma la relazione porta una sola firma) rilevano la difficoltà di gestire questa situazione per lo scarso spazio per una contrattazione e mediazione e le difficoltà di proseguire con obiettività il mandato …. YYY sembra mostrarsi coeso nei confronti della madre e del suo compagno che sembrano rappresentare per lui un elemento di stabilità …”.

Come spiegare il fatto che, pur riscontrando che il minore ha finalmente trovato un “elemento di stabilità” nella madre e nel suo compagno la vicenda abbia poi preso una piega nettamente in contrasto con tale constatazione e cioè la collocazione del minore in una comunità?

In che modo sono stati rappresentati i fatti al Tribunale dei Minori di … tanto da portarlo ad assumere nel … decisioni così drastiche, in assenza di uno stato di abbandono del minore o di maltrattamenti fisici o psichici da parte della madre?

La lettura degli atti porterebbe a ritenere che all’origine di tutto ciò vi sia la diagnosi della cosiddetta “sindrome di alienazione genitoriale riferita alla madre”; i passi effettuati (sospensione della potestà genitoriale, affido ai Servizi Sociali, inserimento del minore in comunità, interruzione dei rapporti con i genitori) sono infatti coerenti con la “terapia” di codesta presunta sindrome. Ma il Dr …, che è l’unico specialista ad averla nominata, ha chiaramente attribuito la causa di tale condizione, sin dalla sua prima relazione del …, al padre del minore e non alla madre. Come può una malattia causata dal padre essere poi attribuita alla madre? Su che basi? Chi lo ha determinato? Non certo il Tribunale dei Minori di …. E gli unici atti sui quali il Tribunale ha basato le sue decisioni sono le relazioni dei Servizi Sociali del Comune di …. Cosa è scritto in queste relazioni? I Servizi Sociali hanno frainteso la relazione del Dr …?

Si deve inoltre rilevare che l’atteggiamento svalutativo dei Servizi Sociali del Comune di … nei confronti della sig.a … è proseguito anche successivamente; nella relazione dell’…, infatti, si legge che “la madre ha continuato a porre quesiti e richieste ben lontane da quelle che potevano essere i bisogni di un ragazzino” citando fra questi, ad es., la richiesta di far visitare il figlio dal proprio medico di fiducia, come se una madre preoccupata per la salute del figlio (che a gennaio … aveva subito un ricovero ospedaliero in condizioni di urgenza per minaccia di suicidio) non abbia il diritto, costituzionalmente garantito, di far visitare il proprio figlio dal medico di sua fiducia. Richiesta che l’Assistente Sociale arriva a definire addirittura impropria.

Nel prosieguo della sua relazione l’Assistente Sociale lamenta l’atteggiamento di sfiducia della sig.a … verso il Servizio, sottovalutando però il fatto, a mio parere, che questa madre, rivoltasi ai Servizi Sociali per chiedere un aiuto per il figlio e per se stessa contro i maltrattamenti psicologici messi in atto dal padre, non solo non ha ricevuto l’aiuto richiesto (far visitare il figlio da un neuropsichiatra infantile) ma, nel momento in cui, da madre coscienziosa ha fatto visitare il figlio privatamente da uno specialista di fiducia e quando il figlio ha cominciato a presentare un miglioramento del suo comportamento si è vista togliere la potestà genitoriale e collocare il figlio in comunità.

E ancora si rileva come l’Assistente Sociale travalichi il suo ruolo di operatore sociale addebitando addirittura alla sig.a … i malesseri del minore, laddove esiste copiosissima documentazione medica specialistica che chiarisce che i comportamenti disturbanti del minore sono dovuti alla strumentalizzazione paterna contro la madre (maltrattamenti psicologici che i Servizi Sociali hanno omesso di segnalare al Tribunale); il ruolo paterno dal … al … non è stato affatto marginale tanto che proprio il Tribunale di … nel … ha riconfermato l’affidamento esclusivo alla madre del minore.

Circa gli accessi al Pronto Soccorso e il successivo ricovero risulta chiaramente dagli atti che gli stessi sono avvenuti in seguito alla comunicazione al minore del suo imminente ingresso in comunità; periodo in cui il minore era sì gestito dalla madre, collocataria, per gli aspetti attinenti la quotidianità, ma dimentica, l’Assistente Sociale, che il minore era affidato ai Servizi Sociali dal … … e che quindi, sono state proprio le azioni messe in atto dall’Ente affidatario a provocare i malesseri del minore del … … e del … …, che sono con esse in stretta relazione di causa-effetto.

Nella sua relazione del …, infine, il Dr …, psicologo dello … della ASL di …, segnala di aver rilevato nel minore “segni anedonici” reattivi alla istituzionalizzazione, “segni d’ansia attribuibili alla situazione di provvisorietà in cui si sente versato il minore”; indicatori questi che consigliano fortemente che il minore faccia ritorno ai suoi affetti familiari data anche la segnalata assenza di un “disturbo di salute mentale che giustifichi un inserimento residenziale prolungato”. E se le relazioni del Dr … (primo neuropsichiatra infantile del bambino) potrebbero essere considerate di parte, pur essendo molto obiettive, tale non può essere considerata quella del Dr …, psicologo del servizio pubblico.

Le perizie svolte su entrambi i genitori, finalmente espletate nel … del …, hanno sostanzialmente confermato quanto già noto sin dal …, e cioè gli aspetti tuttora problematici della personalità del padre e l’assenza di disturbi nella madre.

Si ritiene più che mai necessario, a questo punto, un approfondimento nelle sedi opportune dell’intera vicenda.

Non ho ulteriori notizie di questo caso. È evidente, dai fatti descritti, l’interesse dell’assistente sociale per rinchiudere il bambino nella casa famiglia.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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Un primo parere

Riporto adesso un parere che mi venne richiesto dalla madre dei minori (due ragazzi di 16 anni).

La CTU si era già svolta e a carico della madre era stata fatta la diagnosi di PAS; la madre temeva quindi conseguenze negative, e cioè un collocamento in una comunità per minori dei suoi figli in seguito a questa diagnosi.

Uno di quei casi in cui pur essendo palese l’incapacità genitoriale del padre dei due ragazzi, il CTU ha voluto penalizzare la madre con questa diagnosi, colludendo con la CTP del padre.

I quesiti posti dal Giudice sono stati i seguenti:

Dica il CTU, esaminati gli atti di causa, valutata la personalità dei genitori nonché dei minori, anche alla luce delle specifiche accuse, quale sia la attuale situazione dei minori e la relazione con ciascun genitore, nonché la capacità dei bambini di rapportarsi con la realtà, di conoscerla, di ricordarla nella mente e di rappresentarla con le parole.

Dica inoltre quale siano le competenze genitoriali sia del padre sia della madre, quale il regime di affidamento più adatto ai bambini al fine di garantire agli stessi una sana ed equilibrata crescita psico-fisica, quale la collocazione più idonea e la modalità di frequentazione con il genitore eventualmente non affidatario e non collocatario, indicando altresì se e quali interventi di supporto ai genitori ed ai minori siano necessari a tutela di quest’ultimi.

Corre l’obbligo preliminare, da parte dello scrivente, di far osservare a codesto spett.le Tribunale che la cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale (PAS) lungi dall’essere una patologia acclarata e unanimemente accettata dalla comunità scientifica è, al contrario, un concetto molto controverso che non ha ancora un riconoscimento ufficiale nelle classificazioni internazionali delle malattie. Un giudizio che basato su concetti estranei alla scienza ufficiale è pertanto viziato a priori.

Non credo che un tribunale civile baserebbe un giudizio, es. in cause di lavoro o di interdizione, su malattie che non siano comprese nelle classificazioni ufficiali; men che meno in sede penale si procederebbe per la non imputabilità dell’autore di reato basata su malattie non previste dalla scienza ufficiale. Non si comprende pertanto perché, in questa sede, si debba tirare in ballo una presunta malattia che non esiste nelle classificazioni ufficiali dei disturbi mentali, né nel DSM, classificazione dell’Associazione Americana di Psichiatria, né nell’ICD, classificazione della Organizzazione Mondiale di Sanità.

Qualsiasi accenno a tale presunta sindrome è privo quindi di qualsivoglia valore scientifico, per i motivi suesposti.

Si tratta pertanto di un mero parere personale del CTU espresso su un suo personale pre-giudizio formulato sulla scorta di un ragionamento tautologico (“se un figlio esprime il rifiuto di vedere un genitore lo fa perché è stato manipolato dall’altro genitore”).

Non avendo conoscenza di prima mano dei fatti per cui è causa e delle persone coinvolte, non sono ovviamente in condizioni di esprimere una valutazione su questa presunta manipolazione psicologica dei minore da parte della madre; ma se così fosse, ovvero se si abbia il fondato sospetto che la madre ha messo in atto comportamenti manipolatori nei confronti dei figli minori, ciò integra il reato di maltrattamento psicologico. Reato sul quale deve essere chiamato ad esprimersi il Giudice Penale in un regolare processo con diritto della madre a difendersi da questa accusa.

Come è possibile difendersi dall’accusa di avere una malattia, la PAS, peraltro inesistente per la scienza ufficiale? Come è possibile difendersi dall’accusa di avere provocato la stessa malattia inesistente nei figli minori?

Praticamente il CTU, sulla scorta della sua autorevolezza, sostiene la presenza nella madre e nei minori di una malattia inesistente, non assumendosi minimamente l’onere di provare la scientificità di quel che esprime e lasciando l’onere alla controparte di dimostrare che tale malattia non esiste.

Francamente è un po’ troppo; davvero questo modo di procedere è un insulto all’intelligenza di chi legge e forse anche oltraggioso verso il Tribunale al quale il tecnico, in veste di CTU, ma anche di CTP o comunque di consulente di una delle parti in causa, ha l’obbligo di fornire dati scientifici certi, riconosciuti e riconoscibili, con elementi che consentano al Magistrato di potere con facilità risalire alle fonti originarie citate (es. nel caso di riferimento a malattie il medico ha l’obbligo di indicare accanto al nome della malattia anche il relativo codice nosologico, come da classificazione internazionale delle malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – classificazione ICD – o, se si vuole, del DSM per i disturbi psichiatrici, dato che le codifiche dei due sistemi nosografici internazionali sono sovrapponibili).

È questa la prassi corrente nella medicina legale e nella psichiatria forense; omettere questo codice potrebbe configurarsi come negligenza; citare malattie sprovviste di questo codice, e cioè non classificate, potrebbe configurarsi come imperizia, potendo addirittura rappresentare, a parere dello scrivente, oltraggio al Tribunale; oltraggio perché si cerca di spacciare per vero ciò che vero non è, rendendo in tal modo un pessimo servizio alla Giustizia.

Si tratta di aspetti formali ma non dimentichiamo che nel diritto la forma è sostanza; altrimenti non ci troviamo più nel solco del diritto ma in quello dell’arbitrio (come scrive Remo Bodei, in latino l’atto di andare fuori del solco si chiama de lira – Bodei R, Le logiche del delirio, Ed. Laterza, 2002).

Su questa presunta malattia vi è ampia e recente letteratura internazionale, giuridica e psichiatrica, che ne dimostra l’insussistenza e la pericolosità quando utilizzata nei processi di affidamento dei minori; si citano a titolo di esempio:

A) Bruch C, Parental Alienation Syndrome: Junk Science in Child Custody Determination, 3 European J L. Reform 383, 2001.

B) Bruch C, Parental Alienation Syndrome and Parental Alienation: Getting It Wrong in Child Custody Cases, 35 Family Law Quaterly 527, 2001. http://www.law.ucdavis.edu/faculty/Bruch/files/fam353_06_Bruch_527_552.pdf

C) Bruch C, Parental Alienation Syndrome and Alienated Children: Getting It Wrong in Child Custody Cases, 14 Child & Family Law Quarterly 381, 2002. http://www.law.ucdavis.edu/faculty/Bruch/files/bruch.pdf

D) Rivera Ragland E & Fields H, Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know Part 1 of 2, Update – NDAA’s American Prosecutors Research Institute – Volume 16, Number 6, 2003. http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no6.html (1)

E) Rivera Ragland E & Fields H, Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know Part 2 of 2, Update NDAA’s American Prosecutors Research Institute – Volume 16, Number 7, 2003. http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no7.html (2)

F) Bruch C, Sound Research or Wishful Thinking in Child Custody Cases? Lessons from Relocation Law, 40 Family Law Quarterly 281, 2006. http://www.law.ucdavis.edu/faculty/Bruch/files/BruchFLQSummer06.pdf

G) Hoult J, The Evidentiary Admissibility of Parental Alienation Syndrome: Science, Law, and Policy Children’s, Legal Rights Journal, 26, N° 1, Spring 2006. http://www.leadershipcouncil.org/docs/Hoult.pdf

H) Escudero A, Aguilar Redo L, de la Cruz LeivaL, La lógica del Síndrome de Alienación Parental de Gardner (SAP): terapia de la amenaza, Rev. Asoc. Esp. Neuropsiq. v. 28 n. 2, Madrid 2008. http://www.thelizlibrary.org/liz/Escudero-on-PAS.rtf e http://scielo.isciii.es/scielo.php?pid=S0211-57352008000200004&script=sci_arttext&tlng=es

I) Vaccaro S e Barea Payueta C, El pretendido Síndrome de Alienación Parental: un instrumento que perpetua el maltrato y la violéncia, Ed. Desclée Brower, Bilbao, 2009 (La presunta sindrome di Alienazione Genitoriale: uno strumento che perpetua il maltrattamento e la violenza, EdIt, Firenze, 2011).

J) Asociación Española de Neuropsiquiatría, Declaración en contra del uso clínico y legal del llamado Síndrome de Alienación Parental, marzo 2010. http://www.aen.es/docs/Pronunciamiento_SAP.pdf (3)

K) Mazzeo A, La Sindrome Di Alienazione Parentale (PAS): realtà clinica o argomento retorico?, Osservatorio per la Psicologia nei Media, 2011. http://www.osservatoriopsicologia.com/2011/01/29/la-sindrome-di-alienazione-genitoriale-pas/

A ulteriore disconferma della PAS e dei presunti danni psicologici che essa provocherebbe nei minori, si cita un lavoro del 2005 che ha confrontato un gruppo di minori cui era stata diagnostica la PAS con un gruppo di minori senza questa diagnosi; il lavoro dimostra in maniera inequivocabile che i minori cui, nei contesti separativi, viene diagnosticata la cosiddetta PAS non presentano ai test danni psicologici maggiori di quelli causati dalla stessa separazione genitoriale (Lavadera Lubrano A, Marasco M: La sindrome di alienazione genitoriale nelle consulenze tecniche d’ufficio: uno studio pilota. Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol 7, n. 3, dicembre 2005):

In entrambi i gruppi si evidenzia una condizione di disagio psichico per i minori coinvolti, senza differenziazioni tra i minori con PAS e quelli senza PAS (x2=.38; df=1; a=.538; N=43). Questo dato sembrerebbe indicare che la PAS non produce effetti più “dannosi” rispetto a quelle prodotti generalmente nei casi di separazione/divorzio conflittuali: in entrambe le situazioni il minore presenta una condizione di rischio evolutivo, relativo all’essere coinvolto in dinamiche conflittuali.

Ma se una cosa non provoca danni continuiamo a chiamarla malattia? Esistono malattie che non provocano danni? Non mi risulta.

E comunque, al di là delle controversie scientifiche, resta il dato insormontabile del non riconoscimento internazionale della PAS e della sua assenza nelle classificazioni, e quindi della sua non utilizzabilità in Tribunale.

Alla luce delle considerazioni su esposte occorre pertanto, anche e non solo per via delle considerazioni del Dr Gardner favorevoli alla pedofilia, più volte da lui espresse nei suoi scritti e da lui mai smentite essendosi limitato ad affermare in qualche intervista di essere stato frainteso (come si possano poi fraintendere affermazioni dal tenore inequivocabile quali: “il bambino deve essere aiutato ad apprezzare che noi abbiamo, nella nostra società, un atteggiamento esageratamente punitivo e moralistico, riguardo agli incontri sessuali adulto-bambino” o “[I bambini abusati sessualmente] si possono considerati fortunati per avere avuto un genitore che ha donato loro una tale gratificazione”, davvero non saprei), occorre, dicevo, che dalla CTU vengano espunti tutti i riferimenti alla falsa malattia chiamata PAS.

Occorre ripartire dai fatti nudi e crudi così come si presentano, senza interpretazioni forzose:

A pag. 9, nel riportare l’esame della madre, il CTU scrive che i due ex-coniugi, dopo che la donna è rimasta incinta, “Hanno deciso di sposarsi anche per le pressioni familiari”.

A pag. 17, nel riportare l’esame del padre, scrive invece che “Hanno deciso di sposarsi di comune accordo”.

Come si vede le due versioni sono stridenti, contraddittorie, né il CTU si sforza di comprendere il perché di questi due punti di vista radicalmente opposti; aderisce in maniera pedissequa alla visione edulcorata che ne dà il padre senza compiere il minimo sforzo di comprendere la realtà dei rapporti all’interno della coppia prima e dopo il matrimonio.

Ciò conferma il pregiudizio del CTU nei confronti della madre.

Ovviamente, a distanza di 15 anni dai fatti riportati è difficile averne un’idea realistica, ma circostanze oggettive possono consentire una ricostruzione che si avvicini alla realtà.

Il sig. … conosce la sig.a …nel …, durante un suo viaggio all’estero; inizia la frequentazione e, verosimilmente, la sig.a … rimane incinta nell’… del … (e non “durante le vacanze del …” come riferito dal sig. … – pag. 17 – il padre viveva in Italia, la madre nel suo paese) visto che i due gemelli sono nati nel … … con un mese di anticipo (normalmente le gravidanze hanno una durata di 9 mesi; il fatto di avere datato l’inizio della gravidanza a un’epoca anteriore dimostra quanto grande fosse l’interesse del sig. … per la sua compagna).

Il matrimonio viene celebrato nell’… del …, a distanza cioè di ben 4 mesi dall’inizio della gravidanza; ciò porta a pensare più che a un comune accordo (in tal caso il matrimonio si sarebbe celebrato prima e non a pochi mesi dal parto) alla veridicità di quanto riferito dalla sig.a … circa le pressioni familiari per giungere al matrimonio.

Né il CTU mostra minimamente di cogliere le sfumature che si leggono tra le righe di quanto riferito nel corso delle operazioni peritali sia dalla sig.a … sia dal sig. … in merito alla gravidanza e al parto.

Si legge infatti (…) “Il padre ha visto per la prima volta i figli quando avevano un mese di vita … Poi è rientrato in Italia non vedendoli per altri sei mesi” (pag. 10) e il sig. … “spiega di non essere potuto partire subito per via del lavoro anche se ‘ho cercato di fare il possibile’” (pag. 18).

Francamente desta sconcerto il comportamento di questo padre che pur in presenza di una gravidanza difficile della moglie (pag. 10) tanto che il parto avviene prematuramente, non solo non si reca mai a trovare la moglie durante la gravidanza della stessa, ma nemmeno trova il tempo per una telefonata ogni tanto (pag. 10), e quando la moglie partorisce nemmeno si reca a trovarla, sostenerla durante il parto, ma addirittura va a visitare i figli gemelli dopo un mese dalla loro nascita. Ma che comportamento di padre è mai questo?

E desta ancora più sconcerto l’adesione acritica del CTU a queste affermazioni del padre, l’incapacità di cogliere, come già detto, ciò che si legge tra le righe della narrazione del sig. …, e cioè il suo totale disinteresse per la moglie e per i figli, tanto che pur sapendo di una gravidanza difficile non solo non si precipita a trovarla per avere notizie del suo stato di salute ma nemmeno trova il tempo per una telefonata ogni tanto, per farle sapere che lui esiste ancora (credo non sia nemmeno il caso di osservare che se un uomo ama una donna, la madre dei suoi futuri figli, le telefona ogni giorno per avere notizie del suo stato di salute e di come procede la gravidanza); né addirittura, al momento della nascita dei figli, che per ogni padre è un momento di immensa felicità, trova il tempo per prendersi qualche giorno di permesso dal lavoro e stare vicino alla moglie per condividere quei momenti unici e irripetibili, nella vita di una persona, rappresentati dalla nascita di un figlio.

Non solo, ma pur avendo presente il quadro chiaro di questo disinteresse del sig. … verso i figli e la loro madre, pur in presenza di un test di Rorschach della madre sostanzialmente normale (“Unico indice psicopatologico positivo è il DEPI=5 che mette in luce una attuale situazione di tristezza e malessere” – lo scrive lo stesso CTU a pag. 13, prime due righe) al contrario di quello del padre che presenta molteplici criticità:

La lettura del protocollo mette in luce la presenza di difficoltà nella gestione della sfera interpersonale (CDI=5) che si correlano a un problema di natura affettiva (DEPI=6). Si rileva, dunque, una immaturità … vulnerabilità verso i problemi quotidiani e una marcata incapacità nell’instaurare relazioni mature e durature nel tempo. Questa problematicità nel creare e mantenere effettive e gratificanti relazioni interpersonali genera un problema a livello affettivo, che è connotato da vissuti di insicurezza nel fronteggiare le relazioni con gli altri e i diversi aspetti della vita … È probabile, dunque, che il signor … fatichi a comprendere in maniera adeguata le persone e non consideri in maniera positiva i legami sociali per cui tende a rimanere in disparte durante le interazioni di gruppo, non partecipandovi in maniera attiva … A livello affettivo si osserva una condizione di squilibrio e tensione. Non si tratta di un disturbo affettivo cronico, ma di una tendenza a cambiare umore ed emozioni … Si ritiene, infatti, che il signor … si senta molto a disagio quando ha a che fare con le emozioni e gli affetti … Emerge una chiara difficoltà nelle relazioni con l’altro, espressione non di timidezza, come potrebbe sembrare, bensì di slabbrature che riguardano il proprio Sé” – pagg 20 e 21.

Il CTU non si astiene dall’etichettare spregiativamente la madre come aggressiva (pag. 15), irruenta (pag. 12), svalutante (pag. 15); francamente più che comportamento da CTU questo sembra allo scrivente il comportamento del secondo CTP del padre.

Senza eccessivamente dilungarmi nell’ulteriore analisi di questa CTU, rilevo solo che nelle conclusioni il CTU non ha tenuto affatto conto di quanto emerso durante le operazioni peritali, in particolare dalla somministrazione dei test di personalità. Ora, o i test si fanno per poi tenerne conto al momento delle conclusioni, altrimenti rappresentano solo un orpello inutile, una cornice barocca con la quale impreziosire il quadro all’interno del quale si disegna a mano libera oppure secondo i propri pre-giudizi.

Tale pare infatti allo scrivente la conclusione sull’esistenza della cosiddetta PAS (pag. 42); pur richiamando integralmente la propria contrarietà, espressa in apertura, all’uso di questo concetto ampiamente screditato dalla letteratura specialistica più recente, il sottoscritto non può mancare di far rilevare l’assoluta incongruenza tra quanto espletato in sede di operazioni peritali (colloqui clinici, test psicologici, ecc) e le conclusioni.

In nessun punto della relazione di CTU viene esaminato il caso come un caso di PAS, in nessun punto della relazione di CTU vengono discussi i cosiddetti otto sintomi della PAS che sia il CTU sia la CTP del padre dovrebbero ben conoscere essendo fervidi ‘sostenitori’ della PAS (i quali cosiddetti ‘sintomi’ comunque sintomi non sono ma solo descrizioni obiettive di comportamenti, poiché i sintomi in medicina sono manifestazioni soggettive di sofferenza).

Per quanto abbia esaminato la relazione di CTU in lungo e in largo, in nessun punto della stessa ho trovato l’analisi dei cosiddetti otto sintomi; e senza l’analisi di quelli che dovrebbero essere i sintomi o i segni di una malattia in che modo si può concludere per l’esistenza di tale malattia?

Tale diagnosi sta a questa CTU come i classici cavoli a merenda.

Non è questo il modo di procedere della medicina, non è questo il modo di giungere a formulare un giudizio diagnostico!

Tali conclusioni sono frutto, purtroppo, di un pregiudizio in base al quale ogni volta che i figli rifiutano il rapporto col padre è perché sono ammalati di PAS insieme alla madre (o viceversa); in virtù di tale pregiudizio le conclusioni sono già scritte prima ancora di dare avvio alle operazioni peritali le quali hanno la funzione, come già detto, di rappresentare la cornice barocca che impreziosisce la crosta che si vuole spacciare per un quadro di valore.

Ma al di là delle considerazioni su esposte vi è un dato oggettivo che il CTU non ha tenuto nel debito conto; una maggiore attenzione avrebbe evitato alla madre e ai suoi figli tante sofferenze provocate loro da questa CTU.

Nella sua costituzione nel processo dal quale è scaturita la CTU la madre non si è opposta alla frequentazione dei figli da parte del padre ma ha chiesto “L’introduzione della frequentazione dei minori col padre solo previa CTU e in modo graduale e protetto”; ciò perché, memore dei precedenti atteggiamenti del padre verso i figli, ha voluto proteggerli mediante l’intervento di specialisti che mediassero tra il padre e i figli.

Non è certo questo il comportamento di una madre che ha manipolato i figli mettendoli contro il padre, o li ha alienati secondo la terminologia gardneriana; la madre ‘alienante’ si oppone ad ogni frequentazione dei figli col padre e come si vede non è certo questo il comportamento tenuto dalla sig.a ….

Ma c’è un ulteriore elemento che induce a pensare non solo a comportamenti di colpa grave del CTU (per negligenza e imperizia) ma addirittura a un comportamento doloso laddove, nella replica alle affermazione sulla PAS del Dr …, CTP della madre, si lascia trascinare dall’entusiasmo sino ad affermare che a breve la PAS sarà compresa nella futura classificazione del DSM-V.

Il CTU sa benissimo, o perlomeno dovrebbe sapere e se non lo sa ha il dovere di essere aggiornato, che la pubblicazione del DSM-V è prevista per il 2013 e che quindi non è affatto “a breve”; ma, cosa ancora più grave, nella bozza del futuro DSM-V, disponibile per la consultazione gratuita in internet sul sito della Associazione Americana di Psichiatria, la cosiddetta PAS, ribattezzata PAD (Parental Alienation Disorder), non è affatto presa in considerazione come patologia ma è relegata nell’appendice, come “condizione proposta da fonti esterne e in attesa di ulteriori studi”.

Il CTU dichiara quindi il falso quando afferma che è imminente il riconoscimento della PAS da parte degli estensori del DSM.

I due ragazzi sono rimasti con la madre, sono ormai adulti alle soglie della laurea.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. Il sito è stato aggiornato e il documento non è più reperibile; sono riuscito trovarlo sul webarchive e attualmente si trova a questo link: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/update-16-6.pdf
  2. C.s.: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/update-16-7.pdf
  3. C.s.: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/aen_sap.pdf

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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Secondo caso

Riporto di seguito una seconda CTU nella quale venni incaricato dalla madre del bambino perché i servizi sociali avevano inviato una relazione al tribunale dei minori parlando esplicitamente di PAS e la madre temeva che il figlio venisse nuovamente rinchiuso in comunità.

Preliminarmente, il sottoscritto sente il dovere di precisare all’Ill.mo Tribunale che la cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale (PAS), di cui alla relazione del Servizio Sociale del Comune di … del giorno…, lungi dall’essere una patologia acclarata e unanimemente accettata dalla comunità scientifica è, al contrario, un concetto molto controverso che non ha ancora un riconoscimento ufficiale nelle classificazioni internazionali delle malattie. Un giudizio che si basi su concetti estranei alla scienza ufficiale sarebbe pertanto viziato a priori.

Non credo che un tribunale civile baserebbe un giudizio, es. in cause di lavoro o di interdizione, su malattie che non siano comprese nelle classificazioni ufficiali; men che meno in sede penale si procederebbe per la non imputabilità dell’autore di reato basata su malattie non previste dalla scienza ufficiale. Non si comprende pertanto perché, in questa sede, si debba tirare in ballo una presunta malattia che non esiste nelle classificazioni ufficiali dei disturbi mentali, né nel DSM, classificazione dell’Associazione Americana di Psichiatria, né nell’ICD, classificazione della Organizzazione Mondiale di Sanità.

Qualsiasi accenno a tale presunta sindrome è privo quindi di qualsivoglia valore scientifico, per i motivi suesposti.

Tutto il lavoro svolto dagli operatori dal Servizio Sociale del Comune di … appare viziato da questo pre-giudizio antiscientifico.

Un modo di agire sconsiderato, un esprimere concetti senza valutarne le conseguenze, mostrando scarsa conoscenza della materia e soprattutto ignorando che già dal lontano 2005 è stato dimostrato che i minori cui viene diagnosticata la cosiddetta PAS non presentano danni psicologici maggiori di quelli causati dalla separazione genitoriale (Lavadera Lubrano A, Marasco M: La sindrome di alienazione genitoriale nelle consulenze tecniche d’ufficio: uno studio pilota. Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol 7, n. 3, dicembre 2005).

Il sottoscritto, per motivi legati alla distanza della sua residenza dal luogo in cui si è svolta la CTU non ha potuto partecipare a tutti gli incontri; ha partecipato all’incontro preliminare con la madre e il padre (…), a quello con il minore e la madre (…); a questo incontro il padre, pur regolarmente convocato dal CTU, non si è presentato, così come non si è presentato all’incontro del giorno …; ha partecipato inoltre all’incontro con il padre e nuovamente con la madre e il minore (..).

Nel corso delle operazioni peritali è parso chiaro che non vi è, da parte della madre, alcuna opposizione all’esercizio del diritto alla genitorialità del padre ma vi è una incapacità del padre a far fronte alle sue responsabilità di genitore, una inadeguatezza dello stesso sul piano educativo verso il minore con il quale non riesce a rapportarsi secondo una sana modalità genitoriale ma declinandosi secondo registri autoritari e violenti, che ovviamente non vengono accettati dal minore.

Né sono emersi elementi tali da far pensare alla messa in atto da parte della madre di processi di ipercura nei confronti del figlio, di cui alla già citata relazione del Servizio Sociale del Comune di ….

Come definita dal prof. Francesco Montecchi nel suo libro “Dal bambino minaccioso al bambino minacciato – Gli abusi sui bambini e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevazione e trattamento” con questo termine (pag. 79) s’intende “la cura eccessiva dello stato fisico del bambino, caratterizzata da una persistente e dannosa medicazione”.

Nella forma più classica di ipercura materna, la cosiddetta Sindrome di Münchausen per procura, il bambino viene fatto “viaggiare tra medici e ospedali, sottoponendolo ad accertamenti clinici inutili e a cure inopportune”; le altre forme minori, descritte proprio dal Prof. Montecchi, sono state denominate Chemical abuse (eccessiva somministrazione di farmaci al bambino ma anche di altre sostanze chimiche) e Medical shopping (vengono continuamente consultati medici per presunte malattie del bambino).

Dagli accertamenti effettuati nel corso della CTU non è emersa alcuna forma di ipercura materna, nessun sintomo o segno di tali condizioni. Si ritiene pertanto che gli operatori del Servizio Sociale del Comune di … abbiano preso un abbaglio parlando di condizioni di natura medica, che oltretutto non compete a loro accertare o rappresentare al Giudice Minorile che sulla base di tali relazioni assume le sue decisioni.

Il dato costante che si è posto nel corso delle operazioni peritali è quello della totale inaffidabilità del padre sotto molteplici punti di vista (ritardi o mancata presentazione alle convocazioni del CTU, estrema instabilità lavorativa, verbalizzazione di fantasie su lavori che gli venivano proposti ma che non gli sembravano adeguati, ecc).

La storia personale del padre conferma tale sua inaffidabilità, con i frequenti cambi di lavoro, adducendo a scusante suoi frequenti litigi con i datori di lavoro e giungendo ad affermare di aver avuto “difficoltà di lavoro a causa degli incontri con il figlio” che gli avrebbero impedito di lavorare costantemente.

Come ben noto al Tribunale, la separazione coniugale è intervenuta nell’… del …, dopo circa due anni dal matrimonio, celebrato nel … …; motivo della separazione sono state le violenze coniugali che la madre ha subito sin dall’inizio della convivenza. Dopo la separazione il bambino ha frequentato il padre ma appena è divenuto più grandicello e capace di esprimere la sua volontà ha cominciato a rifiutare di recarsi dal padre e dalla famiglia paterna, confidando alla madre che lì subiva dei maltrattamenti, che veniva picchiato dal padre (in una occasione, riferisce il minore in sede di CTU, ha addirittura riportato una ferita al labbro per uno schiaffo sferratogli dal padre; sulla ferita gli sarebbe pure stato messo del sale!!).

Non si tratta quindi, a leggere gli eventi con gli occhi sgombri da pregiudizi e dalle chimere di presunte malattie (queste cose lasciamole ai medici), della madre che ostacola il rapporto del figlio con il padre e la famiglia di lui, ma sono i comportamenti posti in essere da questi ultimi a portare il minore a rifiutare tale relazione.

Alla luce dei dati emersi, e della definizione data dal CTU del padre come di soggetto “schizoide”, lo scrivente non intravede molte possibilità di recuperare il rapporto del minore col padre perché oltremodo compromesso dai comportamenti incongrui di quest’ultimo, ma anche, si ritiene, per la scarsa volontà del padre di recuperare il rapporto con sul figlio. Al fine di non fare di YYY un nuovo adulto violento, come il padre, è necessario che venga tutelato proprio dalla violenza paterna e che possa avere un riferimento di vita certo e costante e questo riferimento può trovarlo solo nella madre e nella famiglia della madre. All’interno di questo contesto potrà trovare modelli di figure maschili positive alle quali rapportarsi.

Allo stato delle cose pertanto si ritiene del tutto ingiustificato il prosieguo dell’affidamento del minore ai Servizi Sociali, visto che YYY può contare su un nucleo familiare caloroso e amorevole, qual è quello materno.

Altamente controindicate in questo sono soluzioni di collocazione extra-familiare, sia perché non ne ricorrono le condizioni (abbandono, trascuratezza) sia perché il minore è già fortemente traumatizzato dalla precedente esperienza di inserimento in comunità.

Il bambino è intelligente, vivace, assertivo, ben sveglio, ha una sua volontà che esprime chiaramente; certi atteggiamenti come di sfida dell’adulto, fraintesi dal CTU, sono a parere dello scrivente reattivi al trauma riportato per l’inserimento in comunità, e suscettibili di miglioramento se a YYY viene consentito vivere in un ambiente sereno e non oppressivo né coercitivo.

OSSERVAZIONI SUI TEST PSICOLOGICI

I periziandi sono stati sottoposti a valutazione psicodiagnostica a cura della D.ssa ….

VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA DELLA MADRE

Un primo rilievo riguarda l’utilizzo del questionario SCID in quanto lo stesso è un questionario di screening, utile in contesti di ricerca ma i cui risultati devono essere validati dall’intervista clinica per assumere un valore psicodiagnostico.

In secondo luogo un disturbo di personalità non è una diagnosi clinica ma è un modo di essere di una persona, più o meno stabile, ovvero, citando il DSM-IV:

Un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione.

Al di là di ogni test, l’elemento dirimente ai fini della diagnosi di una condizione morbosa è che la stessa determini sofferenza soggettiva o una qualche forma di disadattamento sociale. Al di fuori di ciò non si può diagnosticare proprio nulla.

E del resto la stessa psicologa si contraddice quando da un lato formula una diagnosi ma poi afferma che “l’indagine … non ha rivelato una vera e propria patologia”; o più avanti quando nelle conclusioni del test ASQ-IPAT afferma che “Il punteggio ottenuto dalla madre rileva un livello di ansietà assente”.

Il cluster C dei disturbi di personalità di cui al DSM è proprio il gruppo delle personalità ansiose (DSM-IV) e se manca proprio l’elemento caratteristico di questo gruppo, l’ansia, non credo che si possa diagnosticare un bel nulla.

Circa i supposti problemi della madre con la figura paterna, di cui al test Wartegg, è la stessa psicologa ad affermare che il riquadro 4 del test, per molti è la figura paterna; per molti, appunto, ma non per tutti. Tale risultato non può pertanto essere generalizzato a tutti i soggetti in quanto non per tutti tale riquadro rappresenta la figura paterna.

Le conclusioni cui perviene la psicologa non sono pertanto condivisibili.

VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA DEL PADRE

Nel caso del padre, ferme restando le riserve su espresse circa il questionario SCID, vengono diagnosticati addirittura due disturbi di personalità, ma francamente, clinicamente parlando, mi riesce proprio difficile immaginare il padre come un soggetto ossessivo-compulsivo poiché il suo comportamento, per come si è manifestato nel corso delle operazioni peritali, è esattamente l’opposto (disordinato, impreciso, inaffidabile).

Si condividono comunque le conclusioni cui perviene la psicologa.

VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA DEL MINORE

Nella valutazione psicodiagnostica del minore, al test della figura umana, la psicologa scrive che “Disegnare più personaggi al Disegno della figura umana indica in letteratura …”; peccato però che si sia dimenticata di citare almeno un riferimento bibliografico della letteratura da lei consultata.

Ciò che scrive la psicologa non ha nulla a che vedere con quanto scritto da Karl Jaspers (Psicopatologia Generale, Il Pensiero Scientifico Editore, 2000) che riporta la pseudologia fantastica (o mitomania, pur se le due cose sono differenti e Jaspers nel suo trattato non usa mai il termine di mitomania né quello di fabulazione, che invece si ritrova sui blog di internet), a casi di psicosi endogene (schizofrenia – e non esiste una schizofrenia all’età di cinque anni) o di demenza organica (patologia dell’età senile).

Nella valutazione inoltre non viene tenuto conto dell’incidenza sui vissuti di YYY del trauma psichico riportato per il forzoso inserimento in comunità e del fatto che le operazioni peritali possono avere in lui risvegliato l’angoscia del trauma e quindi falsato in qualche modo i risultati ai test.

Pertanto le conclusioni cui perviene la psicologa non sono per nulla condivisibili.

CONCLUSIONI

Ai quesiti posti dal Magistrato:

Dica il CTU, visti gli atti, esaminati i genitori del minore ed il minore stesso, effettuati gli eventuali test, avvalendosi, eventualmente anche dell’ausilio di una testista, se il minore YYY sia portatore di patologie, nonché se i genitori abbiano una diminuita capacità genitoriale e se alle volte siano portatori di patologie. Indichi il CTU il miglior regime di vita e di rapporti fra il minore e i genitori.

si può così rispondere:

A) Il minore YYY non è portatore di alcuna patologia; l’asserita definizione data dal CTU come di un bugiardo cronico (che comunque non è una patologia) è un parere personale del CTU.

B) Il padre, …, presenta una ridotta capacità genitoriale; la ripresa dei rapporti col figlio deve necessariamente essere subordinata al recupero di tale capacità genitoriale. Le modalità per il recupero della propria capacità genitoriale, non potendosi imporre con un TSO, sono lasciate, ovviamente, alla libera autodeterminazione del padre.

C) La madre, …, presenta una capacità genitoriale intatta, non inficiata da patologie di sorta. Non è emerso da alcun dato oggettivo che la madre presenti dei problemi con i suoi genitori e pertanto anche questa rimane una illazione personale del CTU, priva di riscontri oggettivi.

D) Il miglior regime di visita e di rapporti fra il minore e i genitori è l’affidamento esclusivo alla madre con sospensione delle visite del padre, che potranno riprendere all’accertato recupero da parte di costui, della propria capacità genitoriale.

Si è espressa in tal senso in passato la Cassazione con sentenza che così recita:

«Tuttavia il diritto di visita del coniuge non affidatario non ha carattere assoluto, ma resta viceversa subordinato ai preminenti interessi morali e materiali dei minori. Sicché ben può essere limitato od anche disconosciuto (nel senso di poter essere sospeso) dal Giudice ove ricorrono gravi e comprovate ragioni di incompatibilità del suo esercizio con la salute psico-fisica del minore stesso»(cfr: Cass. Civ. Sez. I 9.7.1989 n. 3249; Cass. Civ. Sez. I 22.9.1999 n. 6312).

Sulle conclusioni cui perviene il CTU vi è il totale disaccordo del sottoscritto.

Non ha alcun senso il mantenere l’affido ai Servizi sociali visto che non esistono situazioni di pregiudizio per lo sviluppo psico-fisico del minore, né dagli esiti della CTU emergono a carico della madre condizioni limitative della potestà genitoriale.

Non ha alcun senso un percorso terapeutico per la madre per superare le resistenze verso il padre di YYY poiché ciò dovrebbe comportare una sorta di lavaggio del cervello.

Non ha senso il prospettato percorso terapeutico per il bambino poiché nessun percorso terapeutico potrà servire a convincere YYY di avere un buon rapporto col padre finché non sarà il padre a mostrare nei fatti di essere cambiato nei confronti di suo figlio.

Non ha alcun senso rivedere la situazione tra un anno poiché tra un anno nulla potrà essere cambiato se il padre non decida seriamente di effettuare un percorso per recuperare la sua capacità genitoriale. E alla luce della incostanza dimostrata nel corso delle operazioni peritali si ha motivo di dubitare di ciò.

Non ho più avuto notizie di questo caso.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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