Ancora la PAS

Un altro caso nel quale venne tirata in ballo la PAS.

Come CTU era stata incaricata una psicologa nota sostenitrice della PAS, quindi la vicenda si presentava in salita sin dall’inizio.

I quesiti posti dal Giudice sono i seguenti:

Accerti il CTU e descriva il profilo di personalità delle parti e dei figli minori (44), valutandone lo stato di benessere psicologico laddove sussistente, ovvero le eventuali condizioni di disagio indicandone, in quest’ultimo caso, le cause;

Valuti il CTU quale sia la qualità della relazione di ciascuno dei figli/delle figlie minori con le figure genitoriali ed il personale vissuto nei riguardi delle stesse, nonché dei componenti delle rispettive famiglie ricostruite;

Valuti il CTU se ed in quale misura la conflittualità manifestata dai genitori ed il reciproco disconoscimento di valore genitoriale, quale già emerso dagli atti di causa, condizioni negativamente il benessere psicologico dei figli/figlie minori;

Valuti il CTU, tenuto conto del preferenziale paradigma normativo dell’affidamento dei figli ad entrambi i genitori, derogabile solo allorché lo stesso possa risultare pregiudizievole per il loro interesse, quale sia nella fattispecie la formula di affidamento più idonea che, nel tutelare l’interesse dei figli/delle figlie al mantenimento di un continuativo rapporto con ciascuno dei genitori, realizzi, in concreto, questo interesse e protegga i minori/le minori dalla conflittualità genitoriale;

Indichi il CTU i tempi di permanenza presso ciascuno dei genitori nonché gli eventuali interventi di sostegno che risultino necessari individuando, altresì, le strutture alle quali i coniugi dovranno fare riferimento, con l’obiettivo di ripristinare i necessari rapporti padre/figlio ed il potere di sperimentare, con l’accordo delle parti, forme d’incontro che possano favorire tale … (rapporto?).

Le operazioni peritali hanno avuto inizio il … presso lo studio della CTU in …, e sono terminate il ….

IL DATO STORICO

La presente CTU nasce sulla base del ricorso, presentato l’… dal sig. …, nel quale il legale di parte si è spinto, temerariamente, in un campo non di sua competenza, sostenendo che il minore soffrisse di una patologia chiamata sindrome di alienazione parentale (PAS), e per questo motivo richiedendo al giudice, addirittura, la nomina di un consulente medico-legale esperto in PAS.

Lo scrivente ritiene di esprimersi in questi termini per i seguenti motivi:

1) In primo luogo questa presunta sindrome (PAS) non è mai stata presa in considerazione dalla scienza ufficiale che sin dalla sua ‘invenzione’ l’ha bollata come pseudo-scienza o scienza spazzatura; è per questi motivi che non è mai stata ricompresa nelle due principali classificazioni delle malattie, il DSM, dell’Associazione Psichiatrica Americana, e l’ICD, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

2) In secondo luogo, visto che nonostante fosse stata bollata come pseudo-scienza si è continuato a utilizzarla nei processi di affidamento dei minori, nel 2012 è stata fatta un’interrogazione parlamentare al Ministro della Salute chiedendogli di esprimersi in merito; il Ministro della Salute, per voce del Sottosegretario alla Salute dell’epoca, Prof. Adelfio Elio Cardinale, già vice-presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, si è espresso in maniera inequivocabile affermando che “l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici.”

3) Infine, è del marzo 2013 una sentenza della suprema Corte di Cassazione che, ancora una volta, si è espressa sull’utilizzo in ambito giudiziario di concetti scientifici, con la massima seguente: “Di certo non può ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare.” (Cassazione Civile – sezione prima – Sentenza 20 marzo 2013 n° 7041).

Le operazioni peritali hanno consentito in primo luogo di smentire quanto affermato dal legale di parte paterna nel suo ricorso, e cioè l’instaurarsi della presunta sindrome di alienazione genitoriale (per brevità PAS) a carico del minore; a parte l’ovvia considerazione della non scientificità di questo concetto e quindi della impossibilità di utilizzarla in ambito giuridico, il legale di parte paterna ha inopinatamente introdotto nel processo questo concetto non tenendo conto di un fondamentale elemento anamnestico.

Nel suo ricorso, difatti, dà atto che fino al … la frequentazione padre-figlio era regolare e senza intoppi; non è pertanto umanamente pensabile che in soli quattro mesi, quelli che decorrono da … a … …, data di deposito del ricorso, il minore, peraltro molto ben inserito nel gruppo di coetanei, come le operazioni peritali hanno dimostrato (uno dei requisiti della manipolazione psicologica è l’isolamento sociale della vittima), sia stato oggetto di tale manipolazione psicologica da parte dalla madre (ciò che l’avvocato chiama PAS) da non voler più avere rapporti col padre. I motivi, quindi, delle difficoltà nei rapporti padre-figlio, iniziate il …, sono da ricercare, pertanto, in altre cause.

LE OPERAZIONI PERITALI

Nel corso delle operazioni peritali si è avuto modo di osservare che nessun ostacolo alla frequentazione del padre è stata messa in atto dalla sig.a … verso il figlio ma che ciò che ha allontanato il figlio dal padre è stato proprio il comportamento di quest’ultimo verso il figlio stesso, come questi ha dettagliatamente scritto in una lettera al padre, datata ….

Sembra di sentire l’eco, leggendola, di una ben più famosa “Lettera al padre” che si apre con queste parole:

Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d’ostacolo la paura che ho di te e le sue conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di gran lunga la mia memoria e il mio intelletto” (45).

Forse è questa la chiave di lettura della vicenda: un padre ipercontrollante (pagg. 16-17 della CTU), diffidente, rigido, che a volte legge la realtà in maniera non corretta, e che per questi suoi atteggiamenti ha incusso un certo timore nel figlio che non lo riconosceva più come il padre affettuoso che ricordava. Si è aggiunta a tutto questo la delicata transizione del minore dall’infanzia alla pre-adolescenza, con le inevitabili, ma anche auspicabili, istanze di autonomia dalla famiglia, lo sviluppo della socialità con i coetanei, l’affermazione della propria personalità, l’oppositività e la ribellione all’adulto, la libertà di giudizio.

Lo scrivente CTP ritiene che la CTU abbia fornito risposte esaurienti ai quesiti posti dal magistrato e pertanto ne condivide le conclusioni.

Il ragazzo è rimasto con la madre; ormai è maggiorenne e sereno, studioso, socievole, pieno di vita.

La mia convinzione, allora come adesso che sto rileggendo gli atti, è che per questo ragazzo fosse già pronto un posto in una comunità per minori; perché in alcuni tribunali funziona così: rischio di PAS bambino in comunità per resettarlo, de-programmarlo (terapia della minaccia secondo Gardner e i suoi epigoni). Non ne ho la certezza, ovviamente, ma numerosi furono gli elementi che mi portarono a questa conclusione

La CTU di protrasse, inutilmente, per ben dieci sedute anche se la situazione era chiarissima sin dai primi incontri; la psicologa incaricata di somministrare i test al bambino parlò in un primo momento di gravi problemi psicologici, ma di fronte ai dati di realtà (bambino studioso, socievole, che svolgeva varie attività extra-scolastiche) dovette cambiare idea dicendo che si era sbagliata, che aveva letto i test di un altro bambino; infine la CTP del padre, nota sostenitrice della PAS, se ne venne fuori sostenendo che secondo lei il bambino aveva tendenze omosessuali. Insomma, ci provarono in tutti i modi ma gli andò male.

Un ulteriore elemento che mi porta a pensare che il mio intervento abbia fatto saltare il piano di rinchiudere il minore in comunità è il seguente. Sia l’avvocata della madre sia io abbiamo svolto questa CTU in regime di gratuito patrocinio, regolarmente autorizzato dall’Ordine degli avvocati; al termine delle operazioni peritali il giudice ha disposto il pagamento in favore dell’avvocata. Successivamente ho inviato al tribunale la mia istanza di pagamento, ma a quel punto il giudice non solo non ha disposto il mio pagamento ma ha sospeso anche quello dell’avvocata, già autorizzato. Una chiara ritorsione economica perché evidentemente abbiamo fatto saltare i loro piani.

E anche in questo caso, al di là della mia consulenza, il grande merito di questo risultato è dell’avvocata della madre, avv.a Simona D’Aquilio, che si è battuta in Tribunale per evitare la comunità a questo bambino.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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