Un quarto parere

Un altro caso singolare. La madre, che mi contattò per avere il mio parere, prima di questi fatti aveva avuto in affidamento dal Tribunale dei minori una bambina che proveniva da una famiglia problematica. Era quindi seguita dai Servizi sociali che relazionavano periodicamente al Tribunale e non erano mai state segnalate sue mancanze in ordine alla capacità genitoriale verso la bambina che le era stata affidata.

Successivamente intervenne la separazione coniugale, l’ex-marito conviveva con una donna straniera, le figlie erano collocate dalla madre.

Ebbene, lo stesso Tribunale che le aveva affidato una figlia non sua adesso metteva in dubbio la capacità genitoriale verso una figlia sua. Il paradosso divenne chiaro quando mi disse che l’ex-marito era un magistrato.

Preliminarmente lo scrivente rappresenta che il CTU non ha assolto compiutamente l’incarico affidatogli dal Magistrato (“effettuati gli esami personali dei coniugi e della minore e di quanti altri ritenuti necessari ed opportuni”); le persone che ruotano intorno alla minore non sono, infatti, solo i due genitori ma anche l’attuale compagna e i due figli del padre (… e …) oltre alla prima figlia (…) e la figlia affidata alla madre, anch’ella di nome … (…). Di queste persone l’unica a essere stata ascoltata dal CTU è stata la figlia affidata, … (…), in data …, ma nella CTU non vi è traccia alcuna del suo esame.

Tali gravi omissioni rendono la CTU “zoppa”, per così dire, poiché essa non consente a chi la legge di farsi un’idea globale della vicenda ma rappresenta solo una visione parziale della stessa.

Mancando un esame del contesto familiare nel quale la minore dovrebbe inserirsi, qualora si seguano le indicazioni finali del CTU, non è possibile affermare che la decisione di far riprendere gradualmente i contatti di XXX col padre sino a prevedere dei pernottamenti presso di lui, sia “nell’esclusivo interesse della minore” (punto 2 di pag. 27).

Né si può affermare (punto 1 di pag. 27) che, sempre “nell’esclusivo interesse della minore”, sia proponibile l’affido condiviso in questo caso, visto che la conflittualità tra i due ex-coniugi è lungi dall’essere sopita.

Credo sia appena il caso di ricordare una delle tante sentenze che in presenza di elevata conflittualità genitoriale negano l’affido condiviso (Tribunale di Novara, Sentenza n° 827 del 24/08/2010: «… – tuttavia, non si ritiene concretamente percorribile, nel caso di specie, il regime dell’affidamento condiviso, in quanto la sua concreta attuabilità postula un basso grado di conflittualità tra i coniugi, una buona capacità di comunicazione e un elevato spirito di collaborazione nei confronti dell’educazione e della formazione dei figli: tutti elementi che, allo stato non sussistono essendo ancora pienamente in atto una fase di alto contrasto e di sofferenza diretta dei genitori, e riflessa dei figli; sì che, nel caso di specie, la forzata applicazione di un regime di affidamento congiunto sarebbe addirittura suscettibile di cagionare ulteriori disagi e sofferenze ai minori; …».

Anche una recente pronuncia della suprema Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile, N° 17191/2011) sancisce che in presenza di conflittualità genitoriale non può essere concesso l’affido condiviso.

Le modalità indicate dal CTU rischiano infatti di alimentare ulteriormente la conflittualità genitoriale e quindi di avere ripercussioni sfavorevoli sullo sviluppo di XXX.

Il CTU riconosce che lo sviluppo personologico di XXX è adeguato (Pag. 5: “XXX … ha pienamente raggiunto una ottima capacità di adattamento sociale – sottolineato nella CTU – … sia nella sua componente di interiorizzazione delle norme sociali sia nella componente della capacità di lettura delle aspettative sociali dei singoli interlocutori e del gruppo.”). Concedere l’affido condiviso sarebbe, letteralmente, un gettare la minore nel bel mezzo del conflitto genitoriale; non mi pare affatto che ciò sia rispettoso del diritto della minore.

Lo stesso CTU riporta una frase significativa del padre che la dice lunga sul suo concetto di genitorialità: “a me bastava una moglie per pensare di aver costruito una famiglia” (pag. 13). Il CTU mostra di non avere colto affatto il senso di questa frase quando nelle conclusioni (pag. 21) afferma: “A carico del sig. … le indagini peritali non hanno evidenziato aspetti ostativi all’espletamento della sua funzione paterna”; e mostra di confondere la paternità biologica (“È semplicemente il padre di XXX”) con la funzione genitoriale.

Anche dal rapporto attuale del sig. … con … (…), che è a tutti gli effetti una componente della famiglia, si ha la conferma del suo singolare concetto di famiglia, visto che intende escluderla dalla frequentazione della sua casa, del tutto dimentico che la ragazza lo ha visto per anni come padre e ora si vede emarginata al ruolo di estranea. Se il sig. .. è “il padre di XXX”, … (…) è la sorella di XXX; le due ragazze condividono molti aspetti della loro vita e sarebbe pericoloso per lo sviluppo psicologico di entrambe la discriminazione che il sig. … vorrebbe introdurre (XXX può frequentare la mia casa mentre … (…) no).

Una persona che afferma, nella sostanza, che non c’è bisogno di figli per costituire una famiglia mostra di avere delle grosse difficoltà a concepire, prima, ed espletare, poi, la funzione genitoriale; per lui i figli sono un di più nella famiglia, potrebbero, anzi possono non esserci, sono un accessorio superfluo. Ricollegando queste considerazioni all’impronta narcisistica del padre, di cui il CTU dà atto poco più avanti, è d’obbligo chiedersi se attraverso la figlia XXX, da lui ritenuta un elemento superfluo della famiglia, secondo le sue stesse parole (“a me bastava una moglie per pensare di aver costruito una famiglia” – pag. 13), egli non voglia in realtà continuare a mantenere il controllo sull’ex-coniuge.

E ancora: il CTU dà atto che quando “la possibilità di esercitare un certo grado di controllo e di potere nelle relazioni interpersonali” viene a mancargli, il padre “può arrivare ad esprimersi attraverso moti di rabbia ed anche di aggressività psicologica” (pag. 21); arrampicandosi poi sugli specchi, il CTU, per dimostrare – ma non dimostra nulla a parte sue considerazioni personali – che tale rabbia viene sublimata nella creatività letteraria. Ora, sublimare significa elevare spiritualmente; in psicanalisi sublimare una pulsione aggressiva, come il CTU ben sa, significa orientarla verso attività socialmente positive. La creatività letteraria può essere una di queste, ma se anche nella creatività letteraria si confessano uxoricidi è da ritenere che il processo di sublimazione abbia fallito il suo scopo, quello dell’abreazione della pulsione aggressiva.

Il tribunale deve valutare che l’ampliamento delle modalità di visita e frequentazione del padre, come prospettato dal CTU, esporrebbe la minore al rischio concreto di divenire strumento di ritorsione per la conflittualità tuttora esistente tra gli ex-coniugi e per il persistere delle “controversie di natura economica” la cui risoluzione lungi dall’essere rapida potrebbe protrarsi ancora per anni.

Se la minore deve frequentare la casa paterna è d’obbligo un’attenta valutazione della natura dei rapporti tra tutte le persone che comunque sono coinvolte nella vicenda, a cominciare dai due figli dello stesso, e dal tenore dei loro rapporti con XXX, visto che gli interessi economici, i pretesi diritti di abitazione, ecc., non rendono certo il clima favorevole all’armonioso sviluppo della personalità della minore; su questi fatti la CTU nulla dice come invece avrebbe dovuto dire visto che molte di queste cose sono state rappresentate al CTU nel corso delle operazioni peritali, e riportate dal CTP della madre, Dr ….

Il quadro reale dei rapporti tra il sig. …, i suoi due figli, … e …, e la sua attuale convivente, con la sig.a … e le sue figlie non è stato minimamente rappresentato dal CTU che ne dà una versione edulcorata, cloroformizzata, mentre è tuttora di una conflittualità estrema, con la messa in atto da parte del sig. … e dei suoi due figli di una serie di ripicche e ritorsioni (più o meno gravi a seconda della personalità di ciascuno) che se messe a fuoco secondo un’ottica psichiatrica, fanno davvero pensare a rilevanti problemi personologici di ciascuno di loro, stando a quanto si legge nella CTP e a quanto riferitomi dalla sig.a … (anche a voler scremare queste notizie dalla fisiologica quota di rabbia e dolore accumulati, esse fanno seriamente preoccupare circa la possibilità della minore di incontrare nella casa del padre un ambiente sereno a ben disposto nei suoi confronti).

Come si può pensare di gettare una minore in questo inferno di rabbie, rancori ed egoistici interessi per nulla sopiti anzi ancora accesi!

Nessun accenno poi si legge in questa CTU sui comportamenti violenti verso le cose (distruzione della casa al mare sino a renderla inabitabile), o le situazioni (ripetuto intervento coi carabinieri contro la moglie e la figlia) reiteratamente messi in atto dal sig. …; reiterazione che porta a pensare che non si tratti dello sfogo momentaneo di sentimenti di rabbia, per certi versi fisiologici in situazioni di aspro conflitto coniugale, ma di un preciso disegno volto a terrorizzare l’“altro” (ex-moglie e figlia) mostrando di cosa si è capaci; un vero e proprio comportamento persecutorio che deve essere approfondito.

Nella casa paterna XXX dovrà inoltre necessariamente interagire con la nuova compagna del padre, di nazionalità giapponese e quindi, si presume, di cultura e formazione differente da quella occidentale e sulla quale la CTU, ancora, nulla dice come invece avrebbe dovuto dire. Come sarà accolta XXX da questa donna?

Tutti questi sono elementi validi per mantenere l’affidamento esclusivo alla madre, almeno fino a quando i motivi più gravi di conflittualità, e cioè le pendenze economiche, non abbiano trovato soluzione soddisfacente per entrambi i nuclei familiari in modo da far cadere almeno questo motivo di conflittualità.

Solo dopo il venir meno di questi motivi di grave conflittualità si potrebbe procedere ad una rivalutazione della situazione finalizzata alla ripresa dei rapporti di XXX con il padre, ampliamento del diritto di visita ed, eventualmente, frequentazione della casa paterna.

Anche in questo caso era palese l’incapacità genitoriale del padre ma il CTU non ne tenne conto, svolgendo un lavoro estremamente superficiale e di parte.

La ragazza comunque è rimasta con la madre.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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