Un secondo parere

Per il caso seguente venni contattato da una madre alla quale il Tribunale aveva collocato il figlio in una comunità per minori. Mi chiese di redigere un parere terzo, da consegnare al suo legale per una eventuale azione contro i servizi sociali.

Le chiesi di inviarmi la documentazione del caso in maniera da valutare se potevo impegnarmi nel redigere una relazione del genere.

In effetti, leggendo i vari atti mi resi conto che i servizi sociali erano responsabili di questo disastro; ebbi l’impressione netta che intento dell’assistente sociale sia stato sin all’inizio, da quando il tribunale affidò il bambino ai servizi sociali, di lavorare per farlo rinchiudere in comunità.

Per redigere la presente relazione, che è fatta sugli atti esistenti, mi sono avvalso della consultazione dei documenti allegati e di informazioni fornitemi dalla sig.a ….

Come emerge dai documenti in atti, dopo un breve periodo di armonia i rapporti tra i due coniugi, … e …, sono ben presto divenuti estremamente conflittuali (“dal … al … ho condotto una vita infernale da reclusa con maltrattamenti fisici e psicologici – sottrazione dei documenti, imposizione assoluta del … sulla mia vita con orari per mangiare, per uscire e lavorare; portando a casa la paga ero obbligata a consegnarla a lui, non potendo mai disporre del mio stipendio per le necessità personali e del bambino; … sceglieva i posti di lavoro, mi seguiva, sceglieva i luoghi dove potevo andare anche a prendere un caffè”).

Nel … la sig.a … decise si separarsi dal coniuge e nel … …, con la sentenza di separazione, il bambino venne dato in affido esclusivo alla madre. Da questa epoca la sig.a … è stata fatta oggetto di continue molestie da parte dell’ex-coniuge (“continue persecuzioni giornaliere consistenti in telefonate continue ad ogni ora del giorno e della notte, minacce di ogni genere, inseguimenti in auto ed in motorino ad ogni mio spostamento, minacce e diffide ai miei amici anche scritte. Lo stesso atteggiamento il sig. … lo pone in essere col proprio figlio YYY, operando nei suoi confronti un totale lavaggio del cervello”) che, per le modalità dalla stessa descritte, si configura come un vero e proprio comportamento di stalking.

Nel … la sig.a …, preoccupata per le ripercussioni dei comportamenti paterni sullo sviluppo psicologico del figlio YYY, chiese aiuto ai Servizi Sociali del Comune di …, i quali tentarono, nella figura della D.ssa …, un’opera di mediazione familiare ma si trovarono di fronte al rifiuto opposto dal sig. … a ogni mediazione e dialogo.

Nel … ha avuto inizio la causa di divorzio, che è stato giudiziale su richiesta del sig. …, e che si è protratta per ben quattro anni che vengono così descritti dalla sig.a …: “sono stati quattro anni di grandissima belligeranza in cui il sig. … ha proposto ben 8 ricorsi in corso di causa per la modifica delle condizioni di separazione e di modifica delle condizioni temporanee ed urgenti assunte in sede presidenziale nonché un appello”.

In questo periodo il minore, continuando a subire l’opera di manipolazione da parte del padre che ad ogni incontro gli parlava male della madre, ha cominciato a presentare segni di disagio psicologico (“sempre più agitato, con abbassamento del rendimento scolastico, e iniziava ad avere conflitti terribili verso di me apostrofandomi con termini come ‘brutta russa di merda’ ed altri epiteti, presentava inoltre aggressività, insonnia e continue crisi di pianto”) che hanno portato la madre a richiedere insistentemente ai Servizi Sociali una consulenza da parte di un neuropsichiatra infantile per il piccolo ed una valutazione psicologica sul comportamento dell’ex-coniuge. I Servizi Sociali non solo non si sono attivati per garantire al minore tale consulenza neuropsichiatrica infantile ma hanno anche omesso di segnalare al Tribunale la condizione di maltrattamento psicologico che il minore subiva ad opera del padre; omissione censurabile dato che i maltrattamenti psicologici vengono a configurarsi come reato (art. 572 CP) che i Servizi Sociali erano tenuti a segnalare al Tribunale.

Il Tribunale di … con decreto del … conferma l’affido esclusivo alla madre negando l’affido condiviso, richiesto dal padre.

Nel corso dello stesso anno, preoccupata per la salute del figlio, la sig.a … informava i Servizi Sociali della sua decisione, quale genitore affidatario, di far visitare il piccolo da uno specialista di sua fiducia, nella persona del Dr …, psicoterapeuta; il Dr … invitava più volte il padre perché collaborasse al trattamento intrapreso ma come risposta otteneva un rifiuto e la minaccia di deferimento all’Ordine dei Medici; cosa che effettivamente venne messa in atto successivamente ma l’Ordine dei Medici non ravvisò nel comportamento del Dr … elementi deontologicamente censurabili.

Il trattamento psicoterapeutico intrapreso sortì dei risultati positivi tanto che il minore migliorò il suo comportamento, riprese il sonno fisiologico, si mostrò meno ansioso e più sereno.

Nonostante le migliorate condizioni psichiche del minore, le segnalazioni dei Servizi Sociali portarono il Tribunale dei minori di … ad emettere, il …, un decreto di affidamento del minore ai Servizi Sociali del Comune di …; minore che non versava, però, in stato di abbandono e che, grazie alle cure del Dr … iniziava a migliorare sul piano psicologico. Quindi, lo stato di affidamento alla madre e la collocazione presso di essa si dimostravano già protettivi per il minore.

Il Tribunale per i Minori di …, in data … emanò un proprio decreto nel quale testualmente si legge: “… – dagli atti emerge un disagio importante del minore, collegato ad una possibile (se verificata, grave) sindrome da alienazione genitoriale con riferimento alla madre …”. Pur non entrando, in questa sede, nel merito di codesta molto discutibile presunta sindrome non si può non rilevare un errore di valutazione del Tribunale che, forse, ha condizionato tutto l’iter successivo della vicenda, e cioè l’attribuzione della sindrome di alienazione genitoriale alla madre.

Il Dr …, psicoterapeuta che ha avuto in trattamento il minore dal …, sin dall’inizio ha parlato di sindrome di alienazione genitoriale provocata nel minore dal padre e non dalla madre (relazione Dr … del …); dal … … al … … questa sindrome si “trasferisce” dal padre alla madre.

Da questo errore di valutazione, e cioè l’attribuzione della suddetta sindrome alla madre piuttosto che al padre, scaturisce la decisione del Tribunale di … di affidare il minore ai servizi Sociali del Comune di …; un errore di valutazione meritevole di approfondimento nelle sedi opportune (errata interpretazione delle relazioni del Dr …? intenzionale rappresentazione al Tribunale dei Minori di … di una realtà non corrispondente alla situazione effettiva? è per caso intervenuto nella vicenda un altro medico specialista che ha visitato il minore e la madre e ribaltato la diagnosi? e se nella vicenda non è intervenuto, come di fatto non è intervenuto, nessun altro specialista che ha visitato il minore e la madre da chi è stata formulata la diagnosi di “sindrome di alienazione genitoriale riferita alla madre”? e se è intervenuto, si può fare una diagnosi senza una preventiva vista medica del paziente?).

Con successivi decreti il Tribunale dei Minori di … ad … … sospende la potestà genitoriale alla madre e a … … interrompe la psicoterapia da parte del Dr … dispone che il Servizio Sociale collochi “il minore in idoneo luogo protetto” e “convoca il minore accompagnato dai Servizi avanti il Giudice onorario D.ssa … il giorno …”.

Tutto questo in un quadro generale che vedeva invece le condizioni del minore migliorare sempre più.

Il minore, informato della decisione del Tribunale di inserirlo in comunità, ha una serie di crisi ansiose, che lo portano a due accessi al Pronto Soccorso, rispettivamente dell’Ospedale di … il … con ricovero di un giorno e dell’Ospedale di … il …, ed infine al ricovero, il …, presso il Reparto di Pediatria dell’Ospedale di …, in seguito ad una crisi di agitazione psicomotoria con idee autosoppressive, che ha richiesto l’intervento urgente del 118, dei Vigili del Fuoco e del suo terapeuta, Dr …, dato che si era barricato in bagno rifiutando di uscire e minacciando gesti estremi. Circostanza, quest’ultima, e cioè il motivo del ricovero, che i servizi Sociali del Comune di … omettono di relazionare al Tribunale.

Nella sua relazione dell’… l’Assistente Sociale riporta tali fatti minimizzandone la portata; i toni usati (“… nuovo accesso … nuova comunicazione telefonica …”) dall’Assistente Sociale nel relazionare tali fatti al Tribunale dei Minorenni sembrano allo scrivente (ma è una impressione meramente personale) quasi un voler vedere in questa escalation negativa dello stato di salute del minore una sorta di tentativo messo in atto dalla madre e dal Dr … per sottrarre il minore alle decisioni del Tribunale. Tra l’altro questa relazione presenta ulteriori aspetti da approfondire; nella relazione è scritto “la scrivente e la psicologa D.ssa … presente all’incontro…” ma poi la relazione è a firma della sola Assistente Sociale; anche qui meriterebbe approfondimento il motivo della mancata firma della psicologa. L’affidamento del minore è all’Ente Servizi Sociali del Comune di …, quindi congiuntamente Psicologa ed Assistente Sociale o alla sola Assistente Sociale? Come mai fino a un certo punto le relazioni al Tribunale sono a firma congiunta e da un certo momento in poi a firma della sola Assistente Sociale, pur partecipando la psicologa alle attività del Servizio per questa vicenda?

Il giorno … il minore, ricoverato presso il Reparto di Neuropsichiatria dell’Ospedale di … viene dimesso per consentirgli di andare dal Giudice (almeno così gli viene riferito), ma l’Assistente Sociale, D.ssa …, recatasi a prelevarlo per accompagnarlo in comunità, di fronte al rifiuto del minore di seguirla, di fatto lo raggira, dicendogli che lo porterà dal Giudice mentre invece, una volta nel pulmino si avvia in direzione della comunità. Comportamento che non si può certo definire dall’etica cristallina. E anche qui la domanda: come mai la Psicologa, che pure ha seguito la vicenda sin dall’inizio non è presente in questa fase delicatissima, in cui la sua presenza avrebbe potuto essere di aiuto psicologico al minore per affrontare il trauma del distacco dalla madre e dell’inserimento in comunità? E con quelle modalità, poi.

Tale vicenda presenta ulteriori aspetti poco chiari poiché mentre l’Assistente Sociale sosteneva che il Giudice, …, non avrebbe più sentito il minore, “avendoci ripensato” (sic!), il legale della sig.a … telefonava più volte nella stessa giornata in Tribunale ricevendo conferma invece che la D.ssa … (giudice onorario) era in attesa di parlare col minore; solo in seguito il legale è stata informata che il Tribunale aveva revocato l’udienza di ascolto del minore senza nemmeno comunicarlo alla D.ssa … (giudice onorario), che infatti ha atteso inutilmente il minore sino a tardi. Dagli atti risulta che è stata la stessa Assistente Sociale a chiedere al Tribunale di posticipare l’audizione del minore, ma di questo non ha informato, come avrebbe dovuto, né il minore né la madre né il suo legale.

Dall’esame della copiosa documentazione pare di dedurre che i rapporti tra i Servizi Sociali del Comune di … e la sig.a … si siano deteriorati a partire dal …, da quando cioè quest’ultima, vista l’inerzia dei Servizi Sociali, ai quali aveva più volte richiesto una visita specialistica neuropsichiatrica per suo figlio, per via del comportamento che lo stesso manifestava, ha deciso di rivolgersi a uno specialista di sua fiducia, nella persona del Dr …, scavalcando, in un certo, senso gli stessi Servizi (o almeno così deve essere stata vissuta questa decisione dalle operatrici), pur, correttamente, informandoli della sua decisione e del nominativo dello specialista prescelto per curare suo figlio.

A … …, infatti, il Tribunale dei minori di … affida il minore ai Servizi Sociali del Comune di …; decisione che non sembra essere stata presa nell’interesse del minore che, affidato alla madre e grazie alle cure del Dr …, era decisamente migliorato rispetto al periodo precedente.

Sono numerose poi le relazioni al Tribunale Ordinario di … e a quello dei Minori di …, a firma della sola assistente sociale, prassi inusuale poiché tutte le altre sono a firma congiunta dell’Assistente Sociale e della Psicologa.

Nella relazione dei Servizi Sociali del giorno …, a firma della sola Assistente Sociale, pur riportando quanto disposto dal provvedimento del Tribunale dei Minori di … (“affida il minore al Servizio Sociale del Comune di … ovvero al Servizio Sociale competente in relazione al luogo ove dovesse in futuro trasferirsi”) afferma più avanti che, a suo parere evidentemente, “sia nell’interesse del minore … non cambiare lo stato della residenza del minore”, ponendo il proprio mandato al di là delle prescrizioni del Tribunale (che invece scrive “… ovvero al Servizio Sociale competente …”) e paventando in chiusura della relazione una sorta di timore che qualcuno voglia sottrarle il mandato (“Questo Servizio è intenzionato a portare a termine il proprio mandato”); volontà che nessuno ha mai espresso. Perché utilizzare quel concetto? Perché arrivare a dire alla sig.a … che non poteva trasferire la residenza del minore? Quale sarebbe stato il problema se la competenza del caso fosse passata ai Servizi Sociali del nuovo Comune di residenza del minore?

La relazione dei Servizi Sociali del …, trasmessa al tribunale con nota n° … di Prot. (nota di accompagnamento che porta però una data antecedente a quella della relazione stessa, e cioè …), è a firma della sola Assistente Sociale pur riportando anche il nominativo della psicologa ma senza la sua firma autografa. Vi si legge: “Rispetto al punto richiesto da codesto Tribunale di un percorso di mediazione familiare … Allo stato attuale non ci sono spazi né disponibilità per ritentarlo. Le scriventi (ma la relazione porta una sola firma) rilevano la difficoltà di gestire questa situazione per lo scarso spazio per una contrattazione e mediazione e le difficoltà di proseguire con obiettività il mandato …. YYY sembra mostrarsi coeso nei confronti della madre e del suo compagno che sembrano rappresentare per lui un elemento di stabilità …”.

Come spiegare il fatto che, pur riscontrando che il minore ha finalmente trovato un “elemento di stabilità” nella madre e nel suo compagno la vicenda abbia poi preso una piega nettamente in contrasto con tale constatazione e cioè la collocazione del minore in una comunità?

In che modo sono stati rappresentati i fatti al Tribunale dei Minori di … tanto da portarlo ad assumere nel … decisioni così drastiche, in assenza di uno stato di abbandono del minore o di maltrattamenti fisici o psichici da parte della madre?

La lettura degli atti porterebbe a ritenere che all’origine di tutto ciò vi sia la diagnosi della cosiddetta “sindrome di alienazione genitoriale riferita alla madre”; i passi effettuati (sospensione della potestà genitoriale, affido ai Servizi Sociali, inserimento del minore in comunità, interruzione dei rapporti con i genitori) sono infatti coerenti con la “terapia” di codesta presunta sindrome. Ma il Dr …, che è l’unico specialista ad averla nominata, ha chiaramente attribuito la causa di tale condizione, sin dalla sua prima relazione del …, al padre del minore e non alla madre. Come può una malattia causata dal padre essere poi attribuita alla madre? Su che basi? Chi lo ha determinato? Non certo il Tribunale dei Minori di …. E gli unici atti sui quali il Tribunale ha basato le sue decisioni sono le relazioni dei Servizi Sociali del Comune di …. Cosa è scritto in queste relazioni? I Servizi Sociali hanno frainteso la relazione del Dr …?

Si deve inoltre rilevare che l’atteggiamento svalutativo dei Servizi Sociali del Comune di … nei confronti della sig.a … è proseguito anche successivamente; nella relazione dell’…, infatti, si legge che “la madre ha continuato a porre quesiti e richieste ben lontane da quelle che potevano essere i bisogni di un ragazzino” citando fra questi, ad es., la richiesta di far visitare il figlio dal proprio medico di fiducia, come se una madre preoccupata per la salute del figlio (che a gennaio … aveva subito un ricovero ospedaliero in condizioni di urgenza per minaccia di suicidio) non abbia il diritto, costituzionalmente garantito, di far visitare il proprio figlio dal medico di sua fiducia. Richiesta che l’Assistente Sociale arriva a definire addirittura impropria.

Nel prosieguo della sua relazione l’Assistente Sociale lamenta l’atteggiamento di sfiducia della sig.a … verso il Servizio, sottovalutando però il fatto, a mio parere, che questa madre, rivoltasi ai Servizi Sociali per chiedere un aiuto per il figlio e per se stessa contro i maltrattamenti psicologici messi in atto dal padre, non solo non ha ricevuto l’aiuto richiesto (far visitare il figlio da un neuropsichiatra infantile) ma, nel momento in cui, da madre coscienziosa ha fatto visitare il figlio privatamente da uno specialista di fiducia e quando il figlio ha cominciato a presentare un miglioramento del suo comportamento si è vista togliere la potestà genitoriale e collocare il figlio in comunità.

E ancora si rileva come l’Assistente Sociale travalichi il suo ruolo di operatore sociale addebitando addirittura alla sig.a … i malesseri del minore, laddove esiste copiosissima documentazione medica specialistica che chiarisce che i comportamenti disturbanti del minore sono dovuti alla strumentalizzazione paterna contro la madre (maltrattamenti psicologici che i Servizi Sociali hanno omesso di segnalare al Tribunale); il ruolo paterno dal … al … non è stato affatto marginale tanto che proprio il Tribunale di … nel … ha riconfermato l’affidamento esclusivo alla madre del minore.

Circa gli accessi al Pronto Soccorso e il successivo ricovero risulta chiaramente dagli atti che gli stessi sono avvenuti in seguito alla comunicazione al minore del suo imminente ingresso in comunità; periodo in cui il minore era sì gestito dalla madre, collocataria, per gli aspetti attinenti la quotidianità, ma dimentica, l’Assistente Sociale, che il minore era affidato ai Servizi Sociali dal … … e che quindi, sono state proprio le azioni messe in atto dall’Ente affidatario a provocare i malesseri del minore del … … e del … …, che sono con esse in stretta relazione di causa-effetto.

Nella sua relazione del …, infine, il Dr …, psicologo dello … della ASL di …, segnala di aver rilevato nel minore “segni anedonici” reattivi alla istituzionalizzazione, “segni d’ansia attribuibili alla situazione di provvisorietà in cui si sente versato il minore”; indicatori questi che consigliano fortemente che il minore faccia ritorno ai suoi affetti familiari data anche la segnalata assenza di un “disturbo di salute mentale che giustifichi un inserimento residenziale prolungato”. E se le relazioni del Dr … (primo neuropsichiatra infantile del bambino) potrebbero essere considerate di parte, pur essendo molto obiettive, tale non può essere considerata quella del Dr …, psicologo del servizio pubblico.

Le perizie svolte su entrambi i genitori, finalmente espletate nel … del …, hanno sostanzialmente confermato quanto già noto sin dal …, e cioè gli aspetti tuttora problematici della personalità del padre e l’assenza di disturbi nella madre.

Si ritiene più che mai necessario, a questo punto, un approfondimento nelle sedi opportune dell’intera vicenda.

Non ho ulteriori notizie di questo caso. È evidente, dai fatti descritti, l’interesse dell’assistente sociale per rinchiudere il bambino nella casa famiglia.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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