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IL QUESITO STANDARD

Circola in rete la notifica di un prossimo convegno nel corso del quale sarà presentato il «quesito standard da utilizzare per le consulenze tecniche psicologiche nei procedimenti di separazione e divorzio con affidamento di figli nati sia all’interno che al di fuori del  matrimonio (ed eventuali, relative modifiche), con l’obiettivo di sottoporre ai CTU richieste omogenee per le valutazione da compiere, pur nella diversità delle specifiche situazioni familiari», sottoscritto da «La Prima Sezione Civile del Tribunale di Roma, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e l’Ordine degli Psicologi del Lazio, all’esito di un lungo lavoro condiviso».

STANDARD
Una delle definizioni di standard è la seguente: «Modello, tipo, norma cui si devono uniformare, o a cui sono conformi, tutti i prodotti e i procedimenti, tutte le attività e le prestazioni, di una stessa serie».
In questa logica le famiglie separande o già separate, pur nella riconosciuta «diversità delle specifiche situazioni familiari», verranno uniformate, alla stregua di prodotti dell’industria, l’industria delle CTU nello specifico, in maniera da pervenire a una artificiosa uniformità.
In che misura tale standardizzazione sia nell’interesse della Giustizia non è, ovviamente, materia di mia competenza.
Non è comunque una novità perché proprio a Roma, in situazioni nettamente differenti, mi sono trovato di fronte a quesiti formulati con il copia-incolla.

Tra l’altro, in due di queste situazioni diverse non vi erano più figli da affidare ma un solo figlio; ma si sa la standardizzazione qualche sacrificio lo richiede. Quesito unico = pensiero unico, valido per tutte le situazioni.

Poi, se si perde qualcosa in termini di giustizia e umanità, pazienza.
Che poi il lungo lavoro condiviso abbia visto la partecipazione di psicologhe use a concludere i propri compitini (leggasi relazioni psicodiagnostiche) aggiungendo, per esempio, all’elaborato di undici pagine una dodicesima pagina come la seguente, lascio al lettore ogni valutazione e considerazione.

Si possono accentuare, si può insistere. In base a quali criteri? Quello del maggior offerente?

A ogni buon conto allego un mio vecchio scritto circa l’utilità o meno di disporre CTU nei casi di affidamento dei minori.

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DA UNA CTU DI UNO PSICHIATRA E UNA PSICOLOGA DEL CENTRO-ITALIA

«Riteniamo che per descrivere la situazione di questo sistema familiare possiamo utilizzare i termini di alienazione parentale dove non intendiamo riferirci ad una sindrome ma ad una problematica individuale del figlio legata ad una difficoltà relazionale tra i tre membri della famiglia: bambino, madre e padre, alla quale possono contribuire i membri della famiglia allargata. Anche se in misura che può essere diversa come intenzioni, motivazioni e comportamenti, ognuno dei componenti il gruppo familiare fornisce il proprio personale contributo in misura variabile da caso a caso. I segni di tale condizione sono il rifiuto ingiustificato e comunque talora solo parzialmente motivato da parte del figlio di frequentare uno dei due genitori Infatti, da quello che emerge nella famiglia sottoposta a consulenza c’è un profondo disturbo relazionale. La recente pubblicazione del DSM V e ICD 11 sono orientati a farlo rientrare e definirlo all’interno della categoria dei “Disturbi Relazionali”. Il Prof. Giovanni Battista Camerini suggerisce una serie di considerazioni da utilizzare nelle CTU nei casi in cui si riscontrasse quella che è stata precedentemente definita “PAS – Sindrome di Alienazione Genitoriale” alla luce dell’uscita del nuovo DSM 5. Tra i Problemi Relazionali, il DSM-V descrive i Problemi legati all’Educazione Genitoriale e, all’interno di questi, il Bambino affetto da Distress da Relazione Genitoriale (V61.29): “Questa categoria dovrebbe essere usata quando il focus dell’attenzione clinica è rappresentato dai negativi effetti della discordia nella relazione tra i genitori (per esempio alti livelli di conflittualità, di distress, o di denigrazione) su un bambino della famiglia, inclusi gli effetti sui disturbi mentali o su altre condizioni mediche nel bambino”.
Qualora la relazione tra i genitori sia contraddistinta soprattutto da un’azione di denigrazione dell’uno nei confronti dell’altro, questa condizione corrisponde alla nozione di Parental Alienation secondo la definizione di Bernet (2008) ripresa da Cavedon e Magro (2010) a partire dalla originaria teorizzazione di Gardner (1985). Si tratta quindi, nel presente specifico caso, di indicare i comportamenti della signora XX coerenti con l’ipotesi in questione. Quanto riportato in precedenza a proposito dell’incontro successivo alla frequentazione del minore presso l’abitazione paterna descrive bene questi aspetti. – sollecitazione di un’alleanza – legame simbiotico – suggestione nel minore del disagio psicologico legato alla frequentazione con il padre. Sul piano clinico, va rilevato quanto il DSM-V specifica a proposito dei Problemi Relazionali: “Un problema relazionale può sollecitare un’attenzione clinica in ragione del fatto che il soggetto cerca un’assistenza sanitaria o per un problema che riguarda il decorso, la prognosi o il trattamento di un disturbo mentale o di un’altra condizione medica”. Questi problemi richiedono spesso un intervento psicosociale in una prospettiva clinica e preventiva. Si rimanda a tale proposito al documento redatto dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) – maggio 2013 -: “La comunità scientifica è concorde nel ritenere che l’alienazione di un genitore non rappresenti di per sé un disturbo individuale a carico del figlio ma piuttosto un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicoaffettivo del minore stesso”. La Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ritiene opportuno esprimere il proprio parere in merito ad affermazioni disconfermanti in alcuni procedimenti legali circa la nozione di PAS (Parental Alienation Syndrome). In primo luogo, al di là dell’opportunità che l’autorità giudiziaria si sostituisca alla comunità scientifica nel rilasciare giudizi su argomenti altamente specialistici, si ritiene che il problema relativo all’esistenza o meno di una “sindrome” legata all’alienazione di una figura genitoriale venga posto in modo incongruo.

Fenomeni come il mobbing, lo stalking ed il maltrattamento esistono ed assumono valenze giuridiche a prescindere dal riconoscimento di disturbi identificabili come sintomatici. Colpisce, inoltre, come la Suprema Corte di Cassazione abbia espresso il proprio parere secondo il quale ha stabilito i criteri di scientificità di una teoria tra cui la “generale accettazione” della teoria stessa da parte della comunità di esperti. Sotto questo profilo, si sottolinea come esista una vasta letteratura nazionale ed internazionale che conferma la scientificità del fenomeno della Parental Alienation, termine questo da preferirsi a quello di PAS; negli Stati Uniti ad esempio tale costrutto ha superato i criteri fissati dalle Frye e Daubert Rules per essere riconosciuti come scientificamente validi dalle competenti autorità giudiziarie. La nozione di Alienazione Parentale è inoltre riconosciuta come possibile causa di maltrattamento psicologico dalle Linee Guida in tema di abuso sui minori della SINPIA (2007). La SINPIA ribadisce come sia importante adottare le precauzioni e le misure necessarie, come impongono le recenti sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per garantire il diritto del minore alla bigenitorialità e tutelarlo dagli ostacoli che lo possono minacciare.»

Vediamo adesso le bestialità contenute in questa CTU.

La prima bestialità è l’utilizzo dell’espressione “sistema familiare” riferita a una famiglia separata; il concetto di sistema familiare è stato introdotto dalle teorie sistemico-relazionali con riferimento a famiglie non separate in cui c’era un membro (di solito un figlio) affetto da schizofrenia, quindi per definizione un soggetto adulto psicotico.

Seconda bestialità: il concetto di alienazione parentale. Precisano che non intendono più riferirsi alla vecchia PAS ma nelle considerazioni successive nominano la PAS almeno una decina di volte. La coerenza non è il loro forte, evidentemente. Su queste acrobazie linguistiche si è già scritto.

Terza bestialità: supportano la bestialità precedente con la citazione di scritti di psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili che sostengono tenacemente la PAS e l’alienazione parentale, ma nemmeno un cenno alla letteratura di segno contrario. Onestà scientifica vuole che parlando di concetti controversi si citino i pareri favorevoli e contrari e poi si spieghi, in maniera logica e razionale, la propria scelta per l’una o l’altra visione. Ma per la PAS o alienazione parentale non vi è alcuna controversia visto che è stata dichiarata priva di basi scientifiche dal Ministro della Salute nel 2012 (la CTU è del 2014).

Quarta bestialità: in un paragrafo questa alienazione parentale viene assegnata alla categoria dei Disturbi relazionali del DSM-5 (categoria che non esiste nel DSM-5), in un paragrafo successivo scompare il disturbo relazionale e compare il problema relazionale. Di una competenza professionale unica. Secondo me questi non sanno nemmeno cos’è il DSM-5.

Quinta bestialità: il pietoso copia-incolla fatto senza vergogna, per esempio dall’anonimo comunicato SINPIA, accatastando assieme concetti che non hanno nulla in comune (mobbing, stalking, ecc).

Arriviamo adesso al vero e propro falso in perizia e quindi alla frode processuale: vi si afferma che “negli USA il costrutto della Parental alienation ha superato i criteri delle Frye e Daubert rules”. Questo è del tutto falso, come ha dimostrato la D.ssa Jennifer Houlth nella sua tesi di dottorato in Diritto. Questa circostanza è stata ben evidenziata al Giudice, ma evidentemente le cose dovevano andare in un certo modo e a nulla valeva rimarcare le bestialità e le falsità.

Com’è finita, o meglio non è ancora finita, questa vicenda? Lo leggete qua.

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PERIZIE E CTU

Inauguro questa sezione del blog per parlare di perizie e CTU, in particolare quelle svolte in un particolare settore che riguarda nel penale i processi di abusi sessuali sui minori e nel civile le vicende di separazione e affidamento dei minori.

Nel corso della mia carriera professionale ne ho svolte tantissime di consulenze, preferibilmente di parte (per motivi che non sto qui a specificare non ho mai richiesto l’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici dei tribunali), in vari campi, dall’invalidità lavorativa al risarcimento danni per incidenti stradali, nel campo del mobbing, stalking, ecc.

Il particolare settore delle perizie e consulenze per abusi sessuali sui minori, separazioni e affidamento minori mi vede impegnato da alcuni anni e in questi pochi anni ho visto di tutto; superficialità, approssimazione, incoerenza, incompetenza, ignoranza, a volte vere e proprie falsità spacciate per scienza.

A questo punto credo sia il caso di cominciare a rendere pubbliche alcune di queste bestialità e soprattutto di organizzarsi per contrastare efficacemente questo tipo di CTU.

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