Secondo caso

Riporto di seguito una seconda CTU nella quale venni incaricato dalla madre del bambino perché i servizi sociali avevano inviato una relazione al tribunale dei minori parlando esplicitamente di PAS e la madre temeva che il figlio venisse nuovamente rinchiuso in comunità.

Preliminarmente, il sottoscritto sente il dovere di precisare all’Ill.mo Tribunale che la cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale (PAS), di cui alla relazione del Servizio Sociale del Comune di … del giorno…, lungi dall’essere una patologia acclarata e unanimemente accettata dalla comunità scientifica è, al contrario, un concetto molto controverso che non ha ancora un riconoscimento ufficiale nelle classificazioni internazionali delle malattie. Un giudizio che si basi su concetti estranei alla scienza ufficiale sarebbe pertanto viziato a priori.

Non credo che un tribunale civile baserebbe un giudizio, es. in cause di lavoro o di interdizione, su malattie che non siano comprese nelle classificazioni ufficiali; men che meno in sede penale si procederebbe per la non imputabilità dell’autore di reato basata su malattie non previste dalla scienza ufficiale. Non si comprende pertanto perché, in questa sede, si debba tirare in ballo una presunta malattia che non esiste nelle classificazioni ufficiali dei disturbi mentali, né nel DSM, classificazione dell’Associazione Americana di Psichiatria, né nell’ICD, classificazione della Organizzazione Mondiale di Sanità.

Qualsiasi accenno a tale presunta sindrome è privo quindi di qualsivoglia valore scientifico, per i motivi suesposti.

Tutto il lavoro svolto dagli operatori dal Servizio Sociale del Comune di … appare viziato da questo pre-giudizio antiscientifico.

Un modo di agire sconsiderato, un esprimere concetti senza valutarne le conseguenze, mostrando scarsa conoscenza della materia e soprattutto ignorando che già dal lontano 2005 è stato dimostrato che i minori cui viene diagnosticata la cosiddetta PAS non presentano danni psicologici maggiori di quelli causati dalla separazione genitoriale (Lavadera Lubrano A, Marasco M: La sindrome di alienazione genitoriale nelle consulenze tecniche d’ufficio: uno studio pilota. Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol 7, n. 3, dicembre 2005).

Il sottoscritto, per motivi legati alla distanza della sua residenza dal luogo in cui si è svolta la CTU non ha potuto partecipare a tutti gli incontri; ha partecipato all’incontro preliminare con la madre e il padre (…), a quello con il minore e la madre (…); a questo incontro il padre, pur regolarmente convocato dal CTU, non si è presentato, così come non si è presentato all’incontro del giorno …; ha partecipato inoltre all’incontro con il padre e nuovamente con la madre e il minore (..).

Nel corso delle operazioni peritali è parso chiaro che non vi è, da parte della madre, alcuna opposizione all’esercizio del diritto alla genitorialità del padre ma vi è una incapacità del padre a far fronte alle sue responsabilità di genitore, una inadeguatezza dello stesso sul piano educativo verso il minore con il quale non riesce a rapportarsi secondo una sana modalità genitoriale ma declinandosi secondo registri autoritari e violenti, che ovviamente non vengono accettati dal minore.

Né sono emersi elementi tali da far pensare alla messa in atto da parte della madre di processi di ipercura nei confronti del figlio, di cui alla già citata relazione del Servizio Sociale del Comune di ….

Come definita dal prof. Francesco Montecchi nel suo libro “Dal bambino minaccioso al bambino minacciato – Gli abusi sui bambini e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevazione e trattamento” con questo termine (pag. 79) s’intende “la cura eccessiva dello stato fisico del bambino, caratterizzata da una persistente e dannosa medicazione”.

Nella forma più classica di ipercura materna, la cosiddetta Sindrome di Münchausen per procura, il bambino viene fatto “viaggiare tra medici e ospedali, sottoponendolo ad accertamenti clinici inutili e a cure inopportune”; le altre forme minori, descritte proprio dal Prof. Montecchi, sono state denominate Chemical abuse (eccessiva somministrazione di farmaci al bambino ma anche di altre sostanze chimiche) e Medical shopping (vengono continuamente consultati medici per presunte malattie del bambino).

Dagli accertamenti effettuati nel corso della CTU non è emersa alcuna forma di ipercura materna, nessun sintomo o segno di tali condizioni. Si ritiene pertanto che gli operatori del Servizio Sociale del Comune di … abbiano preso un abbaglio parlando di condizioni di natura medica, che oltretutto non compete a loro accertare o rappresentare al Giudice Minorile che sulla base di tali relazioni assume le sue decisioni.

Il dato costante che si è posto nel corso delle operazioni peritali è quello della totale inaffidabilità del padre sotto molteplici punti di vista (ritardi o mancata presentazione alle convocazioni del CTU, estrema instabilità lavorativa, verbalizzazione di fantasie su lavori che gli venivano proposti ma che non gli sembravano adeguati, ecc).

La storia personale del padre conferma tale sua inaffidabilità, con i frequenti cambi di lavoro, adducendo a scusante suoi frequenti litigi con i datori di lavoro e giungendo ad affermare di aver avuto “difficoltà di lavoro a causa degli incontri con il figlio” che gli avrebbero impedito di lavorare costantemente.

Come ben noto al Tribunale, la separazione coniugale è intervenuta nell’… del …, dopo circa due anni dal matrimonio, celebrato nel … …; motivo della separazione sono state le violenze coniugali che la madre ha subito sin dall’inizio della convivenza. Dopo la separazione il bambino ha frequentato il padre ma appena è divenuto più grandicello e capace di esprimere la sua volontà ha cominciato a rifiutare di recarsi dal padre e dalla famiglia paterna, confidando alla madre che lì subiva dei maltrattamenti, che veniva picchiato dal padre (in una occasione, riferisce il minore in sede di CTU, ha addirittura riportato una ferita al labbro per uno schiaffo sferratogli dal padre; sulla ferita gli sarebbe pure stato messo del sale!!).

Non si tratta quindi, a leggere gli eventi con gli occhi sgombri da pregiudizi e dalle chimere di presunte malattie (queste cose lasciamole ai medici), della madre che ostacola il rapporto del figlio con il padre e la famiglia di lui, ma sono i comportamenti posti in essere da questi ultimi a portare il minore a rifiutare tale relazione.

Alla luce dei dati emersi, e della definizione data dal CTU del padre come di soggetto “schizoide”, lo scrivente non intravede molte possibilità di recuperare il rapporto del minore col padre perché oltremodo compromesso dai comportamenti incongrui di quest’ultimo, ma anche, si ritiene, per la scarsa volontà del padre di recuperare il rapporto con sul figlio. Al fine di non fare di YYY un nuovo adulto violento, come il padre, è necessario che venga tutelato proprio dalla violenza paterna e che possa avere un riferimento di vita certo e costante e questo riferimento può trovarlo solo nella madre e nella famiglia della madre. All’interno di questo contesto potrà trovare modelli di figure maschili positive alle quali rapportarsi.

Allo stato delle cose pertanto si ritiene del tutto ingiustificato il prosieguo dell’affidamento del minore ai Servizi Sociali, visto che YYY può contare su un nucleo familiare caloroso e amorevole, qual è quello materno.

Altamente controindicate in questo sono soluzioni di collocazione extra-familiare, sia perché non ne ricorrono le condizioni (abbandono, trascuratezza) sia perché il minore è già fortemente traumatizzato dalla precedente esperienza di inserimento in comunità.

Il bambino è intelligente, vivace, assertivo, ben sveglio, ha una sua volontà che esprime chiaramente; certi atteggiamenti come di sfida dell’adulto, fraintesi dal CTU, sono a parere dello scrivente reattivi al trauma riportato per l’inserimento in comunità, e suscettibili di miglioramento se a YYY viene consentito vivere in un ambiente sereno e non oppressivo né coercitivo.

OSSERVAZIONI SUI TEST PSICOLOGICI

I periziandi sono stati sottoposti a valutazione psicodiagnostica a cura della D.ssa ….

VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA DELLA MADRE

Un primo rilievo riguarda l’utilizzo del questionario SCID in quanto lo stesso è un questionario di screening, utile in contesti di ricerca ma i cui risultati devono essere validati dall’intervista clinica per assumere un valore psicodiagnostico.

In secondo luogo un disturbo di personalità non è una diagnosi clinica ma è un modo di essere di una persona, più o meno stabile, ovvero, citando il DSM-IV:

Un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione.

Al di là di ogni test, l’elemento dirimente ai fini della diagnosi di una condizione morbosa è che la stessa determini sofferenza soggettiva o una qualche forma di disadattamento sociale. Al di fuori di ciò non si può diagnosticare proprio nulla.

E del resto la stessa psicologa si contraddice quando da un lato formula una diagnosi ma poi afferma che “l’indagine … non ha rivelato una vera e propria patologia”; o più avanti quando nelle conclusioni del test ASQ-IPAT afferma che “Il punteggio ottenuto dalla madre rileva un livello di ansietà assente”.

Il cluster C dei disturbi di personalità di cui al DSM è proprio il gruppo delle personalità ansiose (DSM-IV) e se manca proprio l’elemento caratteristico di questo gruppo, l’ansia, non credo che si possa diagnosticare un bel nulla.

Circa i supposti problemi della madre con la figura paterna, di cui al test Wartegg, è la stessa psicologa ad affermare che il riquadro 4 del test, per molti è la figura paterna; per molti, appunto, ma non per tutti. Tale risultato non può pertanto essere generalizzato a tutti i soggetti in quanto non per tutti tale riquadro rappresenta la figura paterna.

Le conclusioni cui perviene la psicologa non sono pertanto condivisibili.

VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA DEL PADRE

Nel caso del padre, ferme restando le riserve su espresse circa il questionario SCID, vengono diagnosticati addirittura due disturbi di personalità, ma francamente, clinicamente parlando, mi riesce proprio difficile immaginare il padre come un soggetto ossessivo-compulsivo poiché il suo comportamento, per come si è manifestato nel corso delle operazioni peritali, è esattamente l’opposto (disordinato, impreciso, inaffidabile).

Si condividono comunque le conclusioni cui perviene la psicologa.

VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA DEL MINORE

Nella valutazione psicodiagnostica del minore, al test della figura umana, la psicologa scrive che “Disegnare più personaggi al Disegno della figura umana indica in letteratura …”; peccato però che si sia dimenticata di citare almeno un riferimento bibliografico della letteratura da lei consultata.

Ciò che scrive la psicologa non ha nulla a che vedere con quanto scritto da Karl Jaspers (Psicopatologia Generale, Il Pensiero Scientifico Editore, 2000) che riporta la pseudologia fantastica (o mitomania, pur se le due cose sono differenti e Jaspers nel suo trattato non usa mai il termine di mitomania né quello di fabulazione, che invece si ritrova sui blog di internet), a casi di psicosi endogene (schizofrenia – e non esiste una schizofrenia all’età di cinque anni) o di demenza organica (patologia dell’età senile).

Nella valutazione inoltre non viene tenuto conto dell’incidenza sui vissuti di YYY del trauma psichico riportato per il forzoso inserimento in comunità e del fatto che le operazioni peritali possono avere in lui risvegliato l’angoscia del trauma e quindi falsato in qualche modo i risultati ai test.

Pertanto le conclusioni cui perviene la psicologa non sono per nulla condivisibili.

CONCLUSIONI

Ai quesiti posti dal Magistrato:

Dica il CTU, visti gli atti, esaminati i genitori del minore ed il minore stesso, effettuati gli eventuali test, avvalendosi, eventualmente anche dell’ausilio di una testista, se il minore YYY sia portatore di patologie, nonché se i genitori abbiano una diminuita capacità genitoriale e se alle volte siano portatori di patologie. Indichi il CTU il miglior regime di vita e di rapporti fra il minore e i genitori.

si può così rispondere:

A) Il minore YYY non è portatore di alcuna patologia; l’asserita definizione data dal CTU come di un bugiardo cronico (che comunque non è una patologia) è un parere personale del CTU.

B) Il padre, …, presenta una ridotta capacità genitoriale; la ripresa dei rapporti col figlio deve necessariamente essere subordinata al recupero di tale capacità genitoriale. Le modalità per il recupero della propria capacità genitoriale, non potendosi imporre con un TSO, sono lasciate, ovviamente, alla libera autodeterminazione del padre.

C) La madre, …, presenta una capacità genitoriale intatta, non inficiata da patologie di sorta. Non è emerso da alcun dato oggettivo che la madre presenti dei problemi con i suoi genitori e pertanto anche questa rimane una illazione personale del CTU, priva di riscontri oggettivi.

D) Il miglior regime di visita e di rapporti fra il minore e i genitori è l’affidamento esclusivo alla madre con sospensione delle visite del padre, che potranno riprendere all’accertato recupero da parte di costui, della propria capacità genitoriale.

Si è espressa in tal senso in passato la Cassazione con sentenza che così recita:

«Tuttavia il diritto di visita del coniuge non affidatario non ha carattere assoluto, ma resta viceversa subordinato ai preminenti interessi morali e materiali dei minori. Sicché ben può essere limitato od anche disconosciuto (nel senso di poter essere sospeso) dal Giudice ove ricorrono gravi e comprovate ragioni di incompatibilità del suo esercizio con la salute psico-fisica del minore stesso»(cfr: Cass. Civ. Sez. I 9.7.1989 n. 3249; Cass. Civ. Sez. I 22.9.1999 n. 6312).

Sulle conclusioni cui perviene il CTU vi è il totale disaccordo del sottoscritto.

Non ha alcun senso il mantenere l’affido ai Servizi sociali visto che non esistono situazioni di pregiudizio per lo sviluppo psico-fisico del minore, né dagli esiti della CTU emergono a carico della madre condizioni limitative della potestà genitoriale.

Non ha alcun senso un percorso terapeutico per la madre per superare le resistenze verso il padre di YYY poiché ciò dovrebbe comportare una sorta di lavaggio del cervello.

Non ha senso il prospettato percorso terapeutico per il bambino poiché nessun percorso terapeutico potrà servire a convincere YYY di avere un buon rapporto col padre finché non sarà il padre a mostrare nei fatti di essere cambiato nei confronti di suo figlio.

Non ha alcun senso rivedere la situazione tra un anno poiché tra un anno nulla potrà essere cambiato se il padre non decida seriamente di effettuare un percorso per recuperare la sua capacità genitoriale. E alla luce della incostanza dimostrata nel corso delle operazioni peritali si ha motivo di dubitare di ciò.

Non ho più avuto notizie di questo caso.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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