Ah, no, non era inverno ma circa metà mese di un disperato aprile, non ancora caldo come maggio ma non più freddo come marzo. E non era nemmeno notte.
Circumnavigando per il web m’imbattei (no, non mi battei, mi imbattei) in un centro studi; uno di quelli che hanno studiato poco, però.
Non esiste, infatti, un ‘art. 473 bis 6’ nel codice civile; nel codice civile c’è un art. 473 ma si riferisce ad altro, non al rifiuto del minore di frequentare un genitore.
L’art. 473 bis 6 di cui parla il centro studi che ha studiato poco, non è nel Cc (Codice civile) ma è nel Cpc (Codice di procedura civile); e se confondi il cc con il cpc stai messo proprio male.
Eccolo qua, l’art 473 bis 6 del cpc.
Dispositivo dell’art. 473 bis 6 Codice di procedura civile
“Quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all’ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l’abbreviazione dei termini processuali.
Allo stesso modo il giudice procede quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”
Né si può affermare, come il centro studi fa, che il rifiuto genitoriale sia una “situazione codificata dall’art 473 bis 6”; codificare, nel Diritto, significa “dare un ordine sistematico a un complesso di norme giuridiche”.
Il rifiuto non è certo una norma giuridica!
Né, tanto meno, la frase successiva (“Fanno eccezione le ipotesi … ecc) è presente nel Cpc, art. 473
bis 6. Quindi è inventata.
A che pro questa disinformazione e mistificazione?
Questo articolo del Cpc sancisce che, contrariamente alla prassi corrente:
a) il giudice, nel caso di rifiuto del minore verso un genitore, procede all’ascolto del minore stesso, senza ritardo;
b) il giudice assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto;
c) il giudice può disporre l’abbreviazione dei termini processuali;
d) il giudice procede allo stesso modo, cioè ascoltando il minore, quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare … ecc.
Il Cpc prescrive quindi al giudice di ascoltare senza ritardo la testimonianza del minore sia in caso di rifiuto sia quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il rapporto con l’altro genitore.
La prassi corrente invece qual è?
Nel caso di rifiuto il giudice dispone una CTU dalla quale si aspetta una risposta.
La riforma invece dispone che il giudice, in prima persona, effettui senza ritardo l’ascolto del minore e assuma sommarie informazioni sulle cause del rifiuto.
Che sia la volta buona? Che i minori, dodicenni o infradodicenni, vengano finalmente ascoltati?
Mi sia consentito di dubitarne.
Un po’ perché i giudici, non tutti per carità, hanno poca voglia di ascoltare i minori; un altro po’ perché pure se li ascoltano non danno loro retta.
È come ascoltare un testimone ma poi non tenere conto della sua testimonianza.
Infine perché è già partita la controffensiva dei professionisti della manipolazione per non far cambiare nulla; e il centro studi di quelli che non studiano ne è un fulgido esempio.
I nostalgici della PAS, riesumata poi come alienazione parentale (dopo la dichiarazione del Ministro della salute sulla non scientificità della PAS), si sono rifugiati adesso nel ‘rifiuto genitoriale’ (dopo le pronunce della Suprema Corte di Cassazione che ha parlato di “inammissibili valutazioni di tätertyp” e di “inammissibilità dell’uso del concetto di alienazione parentale e dei suoi corollari“.
E quindi?
Ci sarà ancora da lottare. La cosa non ci spaventa certo.
C’era una volta la PAS, la scienza spazzatura, la falsa malattia che colpiva solo le donne; ma non tutte le donne, solo quelle separate; ma non tutte le donne separate, solo quelle i cui figli rifiutavano la relazione con il proprio padre.
Dimostrammo l’inconsistenza di questo concetto e nel 2012 il Ministro della Salute gli ha rotto … il giocattolo della PAS.
Così la PAS divenne alienazione parentale, grazie alle loro manipolazioni di bassa lega. Molti allocchi ci cascarono.
Abbiamo svelato la grossolanità di questa manipolazione, ci sono voluti circa dieci anni, ma finalmente nel 2021 e nel 2022 la Suprema Corte di Cassazione ha dato il colpo finale all’alienazione parentale.
Ma non mollano.
La nuova mistificazione si chiama rifiuto genitoriale. E hanno pure la faccia tosta, per essere eleganti, di dire che è una situazione nuova, poco studiata sino al 2022.
Ma signor centro studi di quelli che studiano poco, cosa dite??
Nel 2018 il Centro di Studi Giuridici “Rosario Livatino”, di Roma, aveva già affermato che il rifiuto del minore verso un genitore è causato dalla paura che il bambino ha di quel genitore. E la paura è causata dai comportamenti di quel genitore nei confronti del figlio: violenza, abusi sessuali ecc.
La questione del rifiuto è stata ben chiarita negli anni scorsi; ostinarsi ancora con la faccenda del rifiuto immotivato è segno proprio di ignoranza delle cose della psicologia; anche qui e qui.
È tutto chiaro, tutto già definito, non c’è nulla da studiare. C’è solo da proteggere il bambino allontanando da lui il genitore violento o pedofilo.
Insistere con le mistificazioni e le manipolazioni vuol dire che non si vuole proteggere il bambino ma tutelare il genitore violento o pedofilo.
Trovo inquietante il sostegno che tanti professionisti continuano a dare a questi concetti-spazzatura; che abbiano davvero ragione i ricercatori che nel 2012 hanno scritto: «Unfortunately, to get a good sense of PAS’s support, one has only to follow the money trail.»?
Per comprendere il senso del sostegno alla PAS (e ai suoi corollari, aggiungo io) bisogna solo seguire la pista del denaro. Una grande quantità di denaro, esentasse, che cambia proprietario.