DAL BRASILE UNA GRANDE LEZIONE DI CIVILTÀ

Nel 2010 un’associazione di padri separati esultò alla grande per l’approvazione in Brasile di una legge che riconosceva l’alienazione parentale.

Adesso, dopo otto anni, il Brasile ha voltato pagina e ha approvato una legge per la protezione di donne e bambini dalla violenza e dagli abusi sessuali.

La legge modifica il Codice civile brasiliano prevedendo la perdita dell’affidamento e della custodia dei figli (potestà genitoriale) per il genitore violento o abusante.

«Lo scorso mercoledì il Senato ha approvato la PCL 13/18. La proposta, presentata dalla deputata Federale Laura Carneiro, determina che le persone che hanno commesso crimini contro il padre o la madre dei propri figli perderanno automaticamente il potere familiare – relativo alla custodia dei minori».

Il Sud-America non ha la Convenzione di Istanbul ma ha una Convenzione Interamericana per la prevenzione della violenza contro le donne, Convenzione di Belém che risale al 1994.
Ventiquattro anni per la sua applicazione.
Noi in Italia dobbiamo aspettare altrettanto per vedere applicata la Convezione di Istanbul?

In Brasile hanno voltato pagina sull’alienazione parentale perché in questi otto anni si sono resi conto del disastro sociale provocato dall’utilizzo di questo concetto nei processi di separazione e affidamento dei minori.
Si sono resi conto che stavano tutelando il genitore violento o abusante invece di tutelare realmente donne e bambini.
Si sono resi conto della mistificazione di Gardner e dei suoi seguaci, o ‘fedeli’, secondo la sua stessa dichiarazione alla Conferenza di Francoforte del 2002.

L’attuale Governo italiano invece, condizionato dalla presenza nella maggioranza di una forza politica razzista, omofoba e misogina, quindi sostanzialmente fascista, ha previsto nel contratto di governo norme per tutelare i padri violenti o abusanti, mistificandole come lotta all’alienazione parentale.
L’approvazione di queste norme, come dai primi Disegni di legge presentati (n° 45 e n° 735), ispirati dalle associazioni di padri separati, ci porterà al medesimo disastro sociale.

L’Italia non ha bisogno di una legge sull’alienazione parentale perché questa congettura, priva di basi logiche e scientifiche, mira solo a proteggere i genitori violenti o abusanti e a occultare le violenze su donne e bambini.
L’Italia ha bisogno di norme per l’applicazione della Convenzione di Istanbul.

AGGIORNAMENTO

Il suddetto progetto di legge è stato ratificato dal Presidente della Repubblica e pubblicato come Legge federale n. 13715 del 24/09/2018.

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DDL 735 – I

Ovvero “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di
bigenitorialità”; potete leggerlo qui.

Sottotitolo: un pastrocchio incredibile.

Le norme in materia di Diritto di famiglia vanno sicuramente aggiornate alla luce sia della violenza sempre crescente che emerge nelle relazioni familiari e affettive in genere sia della normativa comunitaria relativa alla violenza di genere e intrafamiliare. Invece i padri separati, che hanno ispirato il DDL, ci propongono il ritorno al codice del 1942, il ritorno al pater familias. Il nuovo che arretra.

La grande assente di questo DDL è proprio la violenza, come se questa parola sia interdetta e il suo solo pronunciarla, o scriverla, possa provocare disastri, maremoti, terremoti, il ritorno di Satana. Nel profluvio di parole di questo DDL, ben 10.537, di articoli, commi e sottocommi, la parola violenza compare solo tre volte, una volta da sola, una nell’espressione ‘violenza domestica’ e una in quella di ‘violenza endofamiliare’. Tutto qui, egregi Senatori che avete sottoscritto questo DDL? Il DDL dei padri separati?

Nel 2011 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha emanato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, detta per brevità Convenzione di Istanbul (CdI) per il semplice motivo che è stata approvata nella città di Istanbul.

Forse alcuni padri separati leggendo la parola Istanbul si saranno allarmati temendo un’invasione islamica, ma coraggio, leggetela, non è una cosa turca, nonostante il nome. Non può nuocere alla vostra salute.

La CdI è stata ratificata dall’Italia con la Legge n. 77 del 2013 e quindi è a tutti gli effetti una legge dello Stato italiano che chiunque ha l’obbligo di osservare e di farla osservare; a maggior ragione i Senatori dello Stato italiano che si apprestano ad apportare modifiche al Diritto di famiglia, dato che la CdI si occupa precipuamente di violenza intra-familiare.
Invece di applicare la CdI e quindi apportare al Codice Civile le modifiche richieste dalla CdI alcuni Senatori presentano un DDL fuorilegge, nel senso che non tiene nel minimo conto quanto previsto dalla CdI in termini di affidamento dei minori, mediazione familiare, ecc. Non solo, per alcuni aspetti, come si vedrà di seguito, è in aperto contrasto con le norme introdotte dalla Legge 77/13.

Qualora il DDL 735 venisse approvato senza le necessarie modifiche richieste dalla normativa comunitaria andrebbe sicuramente incontro a censure da parte della Comunità europea.

Per taluni aspetti presenterebbe profili di incostituzionalità:
– Art 10, comma 1: L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
– Art. 117, comma 1: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Inoltre verrebbe disapplicato in sede giudiziaria come da Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite Penali: «L’obbligo di interpretazione conforme è ancora più pregnante riguardo alle norme elaborate nell’Unione Europea, atteso che il principio del primato del diritto comunitario impone al giudice nazionale l’obbligo di applicazione integrale per dare al singolo la tutela che quel diritto gli attribuisce, disapplicando di conseguenza la norma interna confliggente, sia anteriore che successiva a quella comunitaria. Ove sorgano questioni di conflitto con una norma interna, il giudice deve disapplicare la norma interna» (Sentenza 29 gennaio 2016 n. 10959).

Come dicevo in apertura, un incredibile pastrocchio.
Ma, onestamente, si può mai ritenere che chi ha sfasciato la propria famiglia in malo modo (violenza o abusi sessuali incestuosi) possa costruire qualcosa di buono per la società?

Mi permetto di consigliare ai sigg.i Senatori della Commissione Giustizia di documentarsi meglio su tali questioni, non su Wikipedia o sui blog dei padri separati ma su testi seri:

A) Sulla violenza in famiglia: “Nozze di sangue. Storia della violenza coniugale“, di Marco Cavina, Professore Ordinario di Storia del diritto medievale e moderno all’Universtià di Bologna.

B) Sulla violenza di genere: “Crimini contro le donne“, del giudice Fabio Roia.

C) Sui conflitti tra padri e figli: “Non sei più mio padre” e “Come uccidere il padre“, di Eva Cantarella, storica dell’antichità e del Diritto antico.

D) Sugli abusi sessuali incestuosi sui minori: “Rompiamo il silenzio“, dell’avv. Girolamo Andrea Coffari, Presidente del Movimento per l’Infanzia; “Abuso sessuale sui minori. Scenari, dinamiche, testimonianze“, di Giuliana Olzai.

Come ha scritto Norbert Wiener, il padre della Cibernetica, «Per rispettare il futuro bisogna essere consapevoli del passato; e se le ragioni dove questa consapevolezza del passato è reale si sono ridotte a una punta di spillo, tanto peggio per noi, per i nostri figli e per i figli dei nostri figli» (Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica, Universale Scientifica Boringhieri, 1970).
Chi ha scritto quel DDL mostra di non avere nessuna consapevolezza della storia della famiglia e del Diritto di famiglia e ci porterà al disastro sociale.

VAI ALLA SECONDA PARTE

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LA SVOLTA EPOCALE

Sta circolando in rete la bozza dell’ennesima, e inutile, proposta per modificare la Legge n. 54/2006 sull’affido condiviso. A ogni legislatura le associazioni di padri separati (ovvero associazioni di stalker, alcuni con condanne definitive, e di presunti pedofili sfuggiti al carcere grazie alla PAS) ripropongono sempre la medesima solfa (monotoni, eh? ma i narcisisti patologici sono fatti così), in passato la PAS adesso l’alienazione parentale (che sono la stessa cosa), in passato la residenza alternata adesso il collocamento paritario sul quale si stanno sbizzarrendo sparando numeri percentuali che farebbero invidia alla Ragioneria dello Stato (come se l’affetto verso i figli si misuri a percentuali e non in qualità della relazione), e poi l’onnipresente mediazione familiare che stando ad alcuni dovrebbe diventare obbligatoria.

Ma questa allucinazione della mediazione familiare obbligatoria da dove viene fuori?
Un primo grande fautore della mediazione familiare è il Dr Marino Maglietta, padre separato, laureato in Fisica, che per allietare la sua vecchiaia si è inventato il mestiere di mediatore familiare; eh, sì perché lui fa il mediatore familiare, anzi, addirittura è arrivato a insegnare Diritto di famiglia nei corsi di formazione per mediatori familiari. La associazioni forensi non hanno proprio nulla da dire su questo obbrobrio tipicamente italiano? Un fisico che insegna Diritto!!

Un altro fautore della mediazione familiare obbligatoria è il Dr Vittorio Vezzetti, pediatra a Varese, anch’egli padre separato; naturalmente ha pensato pro domo sua, prevedendo nella bozza della proposta di legge che possano diventare mediatori familiari anche i laureati in Medicina. Anche questo è un altro obbrobrio tipicamente italiano poiché il corso di laurea in medicina non ha nessun insegnamento sulla famiglia e le dinamiche familiari, prima e dopo la separazione.

Forse entrambi mettono in atto, in questo modo, una sorta di abreazione del trauma della propria personale separazione che evidentemente non hanno ancora metabolizzato; cercando cioè di riparare le famiglie altrui allucinano la riparazione della propria famiglia che hanno sfasciato in malo modo.

La bozza della proposta di legge viene caldamente sponsorizzata dal senatore leghista Avv. Simone Pillon, padre non separato.
Il Sen. Pillon è Direttore di un Consultorio familiare che svolge mediazione familiare ed egli stesso nei suoi studi di Perugia e Brescia svolge mediazione familiare. Tutto regolare, per carità, la mediazione familiare è competenza di avvocati con specifica formazione.

Ma non si ravvisa uno stridente conflitto di interessi nel fatto che un mediatore familiare, Direttore di un centro di mediazione familiare, proponga, abusando dei suoi poteri di Senatore della Republbica, di rendere obbigatoria la mediazione familiare mediante una legge dello Stato da lui stesso formulata?
Come si chiamava la cosa ai tempi del sig. B.? Leggi ad personam?

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MA GARDNER PROPRIO NON VI FA SCHIFO?

Non dico molto, ma almeno un pochino; mi riferisco ai tanti, psicologi-psichatri-neuropsichiatri infantili in primo luogo, ma anche avvocati, giornalisti, ecc., che ancora lo santificano e sostengono la PAS oggi riesumata come alienazione parentale.

Sto leggendo il libro dell’Avv. Coffari; conoscevo già le opinioni di Gardner sulla pedofilia,  ma leggere quello che di Gardner riporta l’Avv. Coffari davvero dà i brividi.

E ripeto la domanda di cui sopra: egregi colleghi (mi riferisco a psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili), egregi avvocati ed egregi giornalisti/blogger/opinionisti che esaltate Gardner e la sua alienazione parentale, ma qualcosa del pensiero folle di questo personaggio l’avete mai letta? O parlate a vanvera? Tanto per dare aria al cervello ogni tanto?

Ed eccellenti magistrati che con alcune sentenze sull’affidamento dei minori mostrate di aderire acriticamente al pensiero dei sostenitori di Gardner perché non provate a leggere il libro dell’Avv. Coffari? Potreste cominciare a cacciare dai Tribunali chiunque parli ancora di alienazione parentale.
La mia prima nota su Facebook, quando ancora sapevo poco della faccenda, si intitolava “Un orco si aggira per i tribunali dei minorenni”; non posso che riconfermarla adesso con  maggiore forza. Ogni volta che in una CTU si parla di PAS o alienazione parentale, ogni volta che vengono citati Gardner o i fautori nostrani di questo folle concetto, l’orco è già entrato in Tribunale e non ve ne siete accorti.

Ma cosa ho letto di tanto sconvolgente nel libro del’Avv. Coffari?
Dalla pagina 453 in poi l’Avv. Coffari riporta i criteri che Gardner suggeriva di utlizzare per distinguere le denunce vere di abusi sessuali sui minori da quelle false. Questo è materiale che non conoscevo e che l’Avv. Coffari ha trovato acquistando e facendo tradurre i libri di Gardner.

Un primo criterio è questo: se la madre si è rivolta all’autorità giudiziaria o ai Servizi sociali per segnalare/denunciare gli abusi, significa che gli abusi non ci sono mai stati, che la denuncia è falsa. Se invece la madre tace, parla con il marito, cerca un chiarimento, allora vuol dire che gli abusi sono veri.

Gardner ha ancora il coraggio di scrivere: “le madri dei bambini che sono stati realmente abusati sono più propense di apprezzare la relazione padre-bambino, al contrario, le madri che diffondono false accuse sono spesso arrabbiate e non apprezzano l’importanza della relazione padre-figlio”.

Altro criterio indicato da questo autentico maiale è la religiosità della madre; per Gardner se la madre è religiosa, frequenta la chiesa, vuol dire che è una moralista che lancia facilmente false accuse.

Se la madre aderisce o condivide campagne per la prevenzione degli abusi sessuali nell’infanzia, promosse dalle scuole, è una calunniatrice che lancia false accuse.

Se la madre registra ciò che le rivela il figlio significa che l’accusa è falsa.

Se i bambini parlando degli abusi subiti affermano di dire la verità vuol dire che l’accusa è falsa.

Nella sostanza, se gli abusi sono veri la madre non deve denunciarli; se vengono denunciati vuol dire che sono falsi.

Quanto tempo deve ancora trascorrere prima che questa spazzatura lurida e fetente venga gettata in qualche discarica?

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LA RESPONSABILITÀ DELLE VITTIME

Nel 1969 una bomba venne fatta esplodere in una banca milanese, ammazzando 18 persone.

Gli innumerevoli processi, forse non ancora terminati, si sono concentrati “solo sulle vittime senza mai guardare, con rispetto, se (avessero) qualche responsabilità“.

Nel 1992 sull’autostrada che dall’aeroporto di Capaci porta a Palermo, venne fatta esplodere una bomba che uccise cinque persone. Anche in questo caso i processi si sono concentrati “solo sulle vittime senza mai guardare, con rispetto, se (avessero) qualche responsabilità“.

E si potrebbe continuare con questa solfa all’infinito.

Chiaramente, questo modo perverso di ragionare suscita semplicemente orrore in chi legge.

Ma c’è un campo in cui si ragiona esattamente in questo modo senza suscitare orrore alcuno in chi legge, anzi si raccolgono consensi che si sa che verranno raccolti proprio con articoli spazzatura di quel tipo. Ma chi può aderire a una narrazione così perversa dei fatti criminali?

Il campo cui mi riferisco è quello della violenza contro le donne e dei femminicidi; e l’articolo cui mi riferisco è quello pubblicato il 9 giugno da un giornale italiano, la cui qualifica, quale organo … di stampa, lascio alla sensibilità di chi legge questo post.

C’è scritto esattamente questo.

Su giornali e giornalismo rimane sempre valido questo passo, tratto da un autore il cui nome è ancora interdetto.

«Quanti servi che non parlano ci sono nel giornalismo! Noi non siamo esseri che vivono nella vita. Noi siamo sul margine della vita; dobbiamo sostenere un’opinione che non abbiamo, e imporla al pubblico; trattare questioni che non conosciamo, e volgarizzarle per la platea; noi non possiamo avere un’idea nostra; dobbiamo avere quella del direttore del giornale; ma nemmeno il direttore del massimo giornale ha il diritto di pensare col suo cervello, perché quando è chiamato dal consiglio di amministrazione deve soffocare la sua opinione, quando ce l’ha, e sostenere quella degli azionisti…».

Evidentemente …

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LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DELLA SINPIA

OGGETTO: Sindrome di alienazione genitoriale. Linee guida SINPIA e comunicato stampa.

Egregia Presidente,
Le Linee guida SINPIA sull’abuso dei minori riportano alla pagina 19 quanto segue: «Un’ulteriore forma di abuso psicologico può consistere nell’alienazione di una figura genitoriale da parte dell’altra sino alla co-costruzione nel bambino di una “sindrome di alienazione genitoriale” (Gardner, 1985).»
Tali Linee guida risalgono al 2007; all’epoca era già noto che la PAS non aveva alcun fondamento scientifico, non era inserita nelle classificazioni delle malattie (ICD) né in quella dei disturbi mentali (DSM); lo stesso Paul Fink, professore di Psichiatria alla Temple University di Philadelphia, Presidente dell’APA e capo della task-force per il DSM-III-R, si era già espresso sulla PAS definendola senza tanti giri di parole come junk-science (scienza spazzatura).
Era noto anche, all’epoca, che si trattava dell’opinione personale di un medico statunitense, tale Richard Alan Gardner, espulso dalla Columbia University di New York, ove era medico volontario, nel 1985 dopo la pubblicazione in una rivista di opinioni della sua congettura sulla PAS, con la motivazione che era ignorante nella disciplina di pschiatria e incapace di ragionare secondo il metodo scientifico.
Gardner, inoltre, era vicino ad ambienti pedofili tanto da avere più volte espresso nei suoi scritti opinioni favorevoli alla pedofilia, da lui considerata un’antica tradizione.
Desta pertanto non poca sorpresa l’inserimento dell’opinone personale di un medico filo-pedofilo, la PAS, all’interno di Linee guida per la tutela dei minori dagli abusi sessuali, di una società scientifica prestigiosa come la SINPIA.
In aggiunta a tutto ciò si rappresenta che nell’ottobre del 2012, in Italia, il Ministro della Salute si è espresso sulla PAS dichiarandola priva di basi scientifiche.
Nonostante tutto ciò la PAS non è ancora espunta dalle Linee guida, ingenerando in chi le consulta l’idea che la SINPIA, società scientifica, diffonda concetti antiscientifici.
Non solo, ma risulta quantomeno imbarazzante che, nelle Linee guida ufficiali contro l’abuso sessuale all’infanzia, vengano citati articoli di un attivista della pedofilia.
Per di più, nel 2013, dopo che la Corte di Cassazione si è espressa sulla PAS dichiarando che non possono essere usati in Tribunale concetti privi di validità scientifica, è comparso sul sito della SINPIA un comunicato anonimo, redatto su un foglio banco privo di qualsiasi intestazione che possa ricondurlo alla SINPIA e privo di firma del responsabile, che critica tale sentenza e si esprime ancora in senso favorevole alla scienza spazzatura della PAS (https://www.sinpia.eu/atom/allegato/1063.pdf).
Tanto si comunica per i provvedimenti del caso.

Cordiali saluti
Andrea Mazzeo, psichiatra
Maria Serenella Pignotti, pediatra, medico-legale

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NON È UNA PATOLOGIA

Il riferimento è alla cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale (PAS) ribattezzata alienazione parentale in seguito alla dichiarazione del Ministro della Salute e alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione; sulla stessa linea si pronunciò il Tribunale di Milano non ammettendo una CTU basata sulla PAS. Di recente, sempre il Tribunale di Milano si è pronunciato in un’altra vicenda affermando che il comportamento, cosiddetto, alienante della madre non è una patologia ma è un comportamento illecito.
Dopo tutte queste autorevoli pronunce, sia di parte medica sia di parte giuridica, dovrebbe essere chiaro a tutti, psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili, che la cosiddetta alienazione parentale non è una patologia.

Chiarito questo concetto fondamentale vediamo di chiarire alcune altre cose.
Una prima cosa che non si comprende è perché si continuino a disporre CTU nei casi di rifiuto del minore visto che quello che si tratta di accertare non è una eventuale patologia ma solo un comportamento illecito; una CTU psicologica o psichiatrica è comprensibile qualora ci sia la necessità, ai fini della decisione giudiziaria, di accertare eventuali patologie di cui siano portatrici le parti. È il caso, per esempio, della valutazione della capacità civile che può essere inficiata da una infermità psichica, o della valutazione di una invalidità lavorativa, del danno biologico risarcibile, o, nel penale, di accertare una infermità che escluda l’imputabilità.

In tutti questi casi la CTU, o perizia, ha un senso per fornire al Giudice l’ausilio di cognizioni tecniche che egli non possiede; è così nei casi di patologie da accertare. Ma se si tratta solo di accertare dei comportamenti illeciti? Qual è l’utilità del CTU? Cosa può dire un CTU in merito a comportamenti illeciti? A meno che non sia specializzato in “illecitologia”, mi si consenta il neologismo. Ma questa specializzazione non fa parte degli ordinamenti accademici attuali né è oggetto di insegnamento nelle facoltà mediche e psicologiche.

Parlando di comportamento illecito siamo quindi in un ambito squisitamente giuridico.

Ma a questo punto s’impongono una serie di punti fermi dai quali non si può debordare, pena la commissione di altri e più gravi illeciti.

Il primo di questi punti è il seguente: il fatto che si osserva in alcune separazioni, impropriamente definite conflittuali, è il rifiuto del minore verso la relazione con un genitore (di solito il padre); dico impropriamente definite conflittuali perché queste sono separazioni che fanno seguito a violenza in famiglia o ad abusi sessuali sul minore.
Entrambe queste due ultime situazioni ricadono nell’ambito di applicabilità della Convenzione di Istanbul, art. 26 e soprattutto art. 31 per il quale al momento di stabilire l’affidamento dei minori si devono tenere nel debito conto gli episodi di violenza che si sono verificati in costanza di matrimonio e dopo la separazione coniugale. Tenere nel debito conto significa che il genitore violento, sia come coniuge o ex-coniuge sia come genitore, non è un buon genitore.

In alcune di queste separazioni si osserva quindi il rifiuto del minore verso un genitore; questo è il fatto. Questo fatto trova la sua spiegazione nel comportamento illecito dell’altro genitore (alienazione parentale, condizionamento del minore, o altro) o può essere altrimenti spiegato?

In una nota sentenza, che rappresenta un vero trattato di logica, la Suprema Corte di Cassazione chiarisce che un evento (il fatto) «può trovare la sua causa alternativamente in diversi fattori» (Cass. Pen., n. 43786/2010).
È quindi sbagliato, sul piano logico, affermare che il rifiuto del minore trova la sua causa solo ed esclusivamente nel comportamento illecito dell’altro genitore; non prendo nemmeno in esame l’ipotesi di alcuni che parlano di rifiuto immotivato perché ipotesi del tutto insensata.

Di fronte al fatto-rifiuto deve quindi darsi luogo a un’indagine causale che, per citare ancora la Cassazione, deve necessariamente essere «quella della pluralità delle cause».

Il secondo punto attiene alla teoria dell’attaccamento, di Bowlby.
Secondo la teoria dell’attaccamento, sinora non confutata, il bambino possiede una predisposizione biologica a sviluppare un legame di attaccamento nei confronti di chi si prende cura di lui. L’organizzazione del sistema dell’attaccamento comincia nelle fasi precoci della vita e raggiunge la sua piena maturazione al termine del primo anno di vita. La figura principale di attaccamento è la madre seguita poi dal padre e da altre persone che ruotano intorno alla vita del bambino.
Il bambino ha la predisposizione biologica a stabilire legami di attaccamento con gli adulti che gli danno sicurezza; ma se il comportamento dell’adulto verso il bambino è ambivalente, il legame di attaccamento ne risentirà.
La maggior parte degli studi sull’attaccamento riguardano il legame madre-bambino ma è indubbio che esiste anche un legame di attaccamento padre-bambino e che un comportamento poco consono del padre avrà delle ripercussioni negative sul legame di attaccamento dei figli, che può giungere anche al rifiuto della relazione con il padre.
Ecco, su questo dovrebbero impegnarsi gli psicologi invece di andare alla ricerca di malattie inesistenti.

Il terzo punto è quello che riguarda la sostanza del presunto condizionamento del minore, altrimenti detto alienazione parentale; dovrebbe essere ormai acclarato che non si tratta di una malattia, di una patologia. Assodato questo, vediamo di capirci qualcosa di più.

La Corte Costituzionale nella storica sentenza che portò all’abrogazione del reato di plagio così si espresse: «La formulazione letterale dell’art. 603 prevede pertanto un’ipotesi non
verificabile nella sua effettuazione e nel suo risultato non essendo né individuabili
né accertabili le attività che potrebbero concretamente esplicarsi per ridurre una
persona in totale stato di soggezione, né come sarebbe oggettivamente qualificabile
questo stato, la cui totalità, legislativamente dichiarata, non è mai stata giudizialmente accertata. Presupponendo la natura psichica dell’azione plagiante è chiaro che questa, per raggiungere l’effetto di porre la vittima in stato di totale soggezione, dovrebbe essere esercitata da persona che possiede una vigoria psichica capace di compiere un siffatto risultato. Non esistono però elementi o modalità per potere accertare queste particolari ed eccezionali qualità né è possibile ricorrere ad accertamenti di cui all’art. 314 c.p.p. (oggi art. 220 cpp) non essendo ammesse nel nostro ordinamento perizie sulle qualità psichiche indipendenti da cause patologiche. Né è dimostrabile, in base alle attuali conoscenze ed esperienze, che possano esistere esseri capaci di ottenere con soli mezzi psichici l’asservimento totale di una persona» (Corte Cost., sentenza n. 96/1981).

Per chi sa leggere, i concetti sono abbastanza chiari.
Nel commentare questa sentenza il Prof. Giovanni Flora, Docente di Diritto penale, esaminando la cosiddetta azione plagiante ha scritto: «Specificando ulteriormente, questa non potrà che assumere veste di continuità ed essere dolosamente indirizzata a determinare un vero e proprio stato di isolamento dagli altri del soggetto passivo con impedimento ad attingere a fonti diverse da quelle imposte dallo stesso soggetto attivo e con deterioramento della capacità di autodeterminazione».

I bambini che sarebbero alienati dalle madri sino al punto di rifiutare la relazione con il padre sono bambini isolati dai coetanei, dal contesto di vita scolastico, ludico, ecc? O sono bambini socievoli, con ottimo inserimento scolastico ed extra-scolastico, e come tali non condizionabili, non manipolabili, non alienabili?

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COS’È L’ALIENAZIONE PARENTALE? – I

È una bufala, una fake news, e chi la diffonde è un bufalaro, un illusionista della psicologia. Di recente è comparso su un blog l’ennesimo post che propaganda la fake news; vedo di esaminarlo.

§ 1. Il Codice Civile
L’art. 337-ter comma 1 sancisce che «il minore ha il diritto» – MA NON IL DOVERE – «di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori», ecc, ecc. La legge è scritta chiaramente: il minore ha un diritto cui fa da contraltare il dovere di entrambi i genitori. Nella prassi psicogiudiziaria questo concetto è stato del tutto ribaltato, per cui il diritto è diventato degli adulti, in particolare dei padri, mentre per il minore quello che era un suo diritto è diventato un dovere, quello di mantenere rapporti anche con il genitore violento o che ha compiuto abusi sessuali sul figlio.

Perché la questione vera è tutta qui, la negazione delle violenze e degli abusi sessuali sui minori, che disperatamente la psicologia giuridica cerca di occultare con concetti ai limiti dell’oscenità (‘oscenità’ qui è intesa nel senso che a questa parola conferisce Jean Baudrillard), ribaltando il principio di realtà.

Il ricorso al concetto di alienazione parentale (in passato sindrome di alienazione genitoriale) si osserva ogniqualvolta una donna vittima/testimone di violenza in famiglia e violenza assistita sui figli minori, o a conoscenza di abusi sessuali del padre sui figli, fa istanza di separazione coniugale denunciando questi fatti, documentandoli con referti medici e/o psicologici, testimonianze, audio-videoregistrazioni, ecc.

Alla richiesta di separazione, e alle eventuali denunce in sede penale, l’ex-coniuge, quando non la ammazza, denuncia che la ex-moglie ostacola il suo rapporto con i figli, senza però produrre alcuna prova di questo ostacolo al rapporto con i figli; ovviamente i figli, a loro volta vittime/testimoni di violenza o di abusi sessuali, non hanno il minimo desiderio di continuare a relazionarsi con il loro carnefice, anche se si tratta del loro padre.

Con il concetto di alienazione parentale gli psicologi giuridici, e ovviamente gli avvocati che difendono i padri accusati di violenze e/o abusi, cercano in primo luogo di screditare la testimonianza dei minori ma anche la testimonianza delle madri che cercano di proteggere i figli dalle violenze e dagli abusi sessuali; in secondo luogo cercano di ribaltare, di falsificare la realtà, presentando il carnefice come vittima della cosiddetta alienazione e le vittime come carnefici che cercano di ostacolare il rapporto dei figli con i padri.

Naturalmente, non potendo provare questa ipotesi processuale, gli avvocati fanno richiesta di una CTU psicologica che possa dimostrare, trovare le prove di quanto da loro sostenuto. Ma una CTU, sia pure psicologica, non è un mezzo di prova, non può essere utilizzata da una parte processuale per sopperire alla mancanza di prove. L’invenzione della PAS da parte di Gardner aveva proprio questo scopo: sopperire alla mancanza di prove del presunto lavaggio del cervello dei minori tirando in ballo una malattia inesistente

«In materia di procedimento civile, la consulenza tecnica d’ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze», come riporta consolidata giurisprudenza.

È pur vero che esiste un orientamento giurisprudenziale di diversa natura: «In tema di consulenza tecnica di ufficio, il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), e in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche» (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2006, n. 3990).

Ma qui casca l’asino, come si suol dire.

La famigerata alienazione parentale altro non è che la riesumazione della defunta sindrone di alienazione genitoriale, per usare una felice espressione di Nadia Somma; non condivido questa visione tanato-psicologica della psicologia giuridica.

Il Ministro della Salute nel 2012 ha dichiarato che la PAS non ha alcun fondamento scientifico; di conseguenza privi di validità scientifica sono, analogamente, tutti quei concetti che fanno riferimento al medesimo costrutto, e cioè al concetto che i bambini che rifiutano un genitore siano condizionati dall’altro genitore. Si sta quindi parlando della stessa cosa.

Ma è possibile dimostrare questo presunto condizionamento? Come si fa a dimostrarlo sotto il profilo giuridico? E come si fa a dimostrarlo sotto il profilo psicologico?

Circa l’aspetto giuridico della questione ci viene in soccorso la sentenza della Corte Costituzionale n. 96 del 1981, sul reato di plagio (è indubbio che questa cosiddetta alienazione parentale ricalca il concetto di plagio che, se è giornalisticamente plausibile lo è molto meno sul piano giudiziario). Senza ripetere cose già scritte rimando alle stesse. Riporto solo un breve stralcio di questa sentenza: «Presupponendo la natura psichica dell’azione plagiante è chiaro che questa, per raggiungere l’effetto di porre la vittima in stato di totale soggezione, dovrebbe essere esercitata da persona che possiede una vigoria psichica capace di compiere un siffatto risultato. Non esistono però elementi o modalità per potere accertare queste particolari ed eccezionali qualità … Né è dimostrabile, in base alle attuali conoscenze ed esperienze, che possano esistere esseri capaci di ottenere con soli mezzi psichici l’asservimento totale di una persona».

Per gli aspetti psicologici è evidente che non esiste, a meno di essere in possesso di capacità divinatorie, cosa in cui gli psicologi giuridici sembrano essere particolarmente versati, la possibilità di dimostrare questo condizionamento psicologico; sono possibili illazioni, prive però di validità logica oltre che scientifica, ma non la certezza. E in tribunale si devono portare certezze non illazioni, non opinioni personali. Anche le risultanze dei test psicologici, che hanno un valore obiettivo ma non certo oggettivo, non sono in grado di dare certezze in merito al presunto condizionamento.

Mentre le violenze e, meno spesso, gli abusi sessuali sono fatti oggettivi e documentati, provati, il presunto condizionamento psicologico, altrimenti chiamato alienazione parentale, resta nell’ambito delle illazioni e delle opinioni soggettive.

Quindi, secondo il modo di ragionare degli psicologi giuridici, il giudice in presenza di prove di violenza e in assenza di prove del presunto condizionamento dovtebbe accantonare le prove delle violenze, o degli abusi, e presumere il condizionamento dal rifiuto; ma, come ancora già scritto più volte, il rifiuto non è la prova del presunto condizionamento ma ne è, eventualmente la conseguenza, così come può essere la conseguenza delle violenze e degli abusi sessuali. Dalla presenza del rifiuto si può, quindi, legittimamente presumere sia il condizionamento sia le violenze; del primo esistono illazioni, delle seconde esistono prove.

Logica vorrebbe  che le prove siano prevalenti sulle illazioni; nel mondo alla rovescia della psicologia giuridica le illazioni valgono più delle prove.

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LA SINPIA E LA PAS

La SINPIA è una società scientifica che raggruppa i medici specialisti in neuropsichiatria infantile; forse è la più importate società scientifica neuropsichiatrica infantile.

La PAS, oggi chiamata alienazione parentale, è la ormai ben nota, e famigerata, falsa malattia, la bufala di Gardner, la fake news diffusa da vari soggetti il cui unico scopo è quello di difendere e scagionare i padri dalle accuse di violenza in famiglia o di abusi sessuali sui figli minori.

Nel 2007 la SINPIA ha pubblicato le Linee guida sugli abusi nei confronti dei minori.
A pagina 10 è riportato quanto segue:
«Una ulteriore forma di abuso psicologico può consistere nella alienazione di una figura genitoriale da parte dell’altra sino alla co-costruzione nel bambino di una “Sindrome di Alienazione Genitoriale” (Gardner, 1984).»

Lasciando perdere per il momento tutte le polemiche sul concetto antiscientifico di PAS e sulla equivoca figura di Gardner, voglio ricordare ai colleghi della SINPIA che nell’ottobre 2012 il Ministro della Salute ha dichiarato che la PAS non ha alcun fondamento scientifico.

Sono passati quasi sei anni dalla dichiarazione del Ministro della Salute sulla non scientificità della PAS ma la SINPIA non ha ancora rimosso quella frase dalle sue Linee guida; la SINPIA non rende un buon servizio alla scienza continando a diffondere quella fake news.

Una ulteriore criticità sul rapporto tra la SINPIA e la PAS è rappresentata dalla presenza sul suo sito istituzionale di un documento anonimo che viene spacciato per un comunicato stampa della SINPIA e come tale ripreso in alcune CTU che hanno visto fortemente penalizzati i bambini che rifiutavano di incontrare il padre e condannate le madri perché ritenute causa di questo rifiuto.

Un esempio è il seguente dove la CTU ha fatto il copia-incolla del documento anonimo; il Tribunale è quello di Civitavecchia.


Queste autentiche scempiaggini, copia-incollate, sono entrate nel processo e hanno portato a questa sentenza.


Al di là delle autentiche sciocchezze scritte in questo documento anonimo, come già rilevato dal blog Infobigenitorialità, resta il fatto sconcertante della presenza sul sito istituzionale di una Società scientifica di un documento anonimo spacciato per un comunicato stampa della medesima Società scientifica; l’unica persona autorizzata a emettere comunicati stampa di una Società scientifica è il rappresentante legale della stessa, e cioè il suo Presidente, come si può vedere in questo comunicato stampa autentico che viene emesso su carta intestata della SINPIA e firmato dal Presidente o dall’Ufficio stampa.

Cosa ci fa un documento anonimo, spacciato per comunicato stampa, sul sito della SINPIA?
L’Ufficio stampa della SINPIA è stato occupato da qualche massone sostenitore della falsa malattia?

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