Di questa condizione me ne sono già occupato1; di recente è stata trattata dal Prof. Ugo Fornari2 e di essa c’è anche l’aggiornamento del DSM-53.
Cominciamo da quest’ultimo.
Il capitolo è quello del “Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati” (pag 357), paragrafo del “Disturbo fittizio” (pag. 375).
Non è più chiamata sindrome di Münchausen per procura ma Disturbo fittizio provocato ad altri (precedentemente disturbo fittizio per procura); la denominazione ufficiale è quindi quest’ultima e non più quella di sindrome di Münchausen per procura. I criteri diagnostici sono i seguenti:
A. Falsificazione di segni o sintomi fisici o psicologici, o induzione di un infortunio o di una malattia in un altro individuo, associato a un inganno accertato.
B. L’individuo presenta un’altra persona (vittima) agli altri come malata, menomata o ferita.
C. Il comportamento ingannevole è palese anche in assenza di evidenti vantaggi.
D. Il comportamento non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale, come il disturbo delirante o un altro disturbo psicotico.
Il DSM aggiunge che la prevalenza del disturbo è di circa l’1% in ambito ospedaliero, l’esordio avviene nella prima età adulta (e non dopo la separazione coniugale) spesso dopo il ricovero di un figlio, e come esempi riporta la presenza di falsi sintomi neurologici, la contraffazione di un test di laboratorio, la falsificazione di cartelle cliniche, l’ingestione di sostanze per simulare una malattia (insulina, warfarin), ecc.
Se stiamo alla lettera dei criteri diagnostici, chi nelle separazioni presenta i figli come malati di un disturbo fittizio, la cosiddetta alienazione parentale, non sono le madri ma i padri, ma sorvoliamo.
Vediamo cosa aggiunge il prof. Fornari.
Questa condizione viene trattata a pag 673 del testo citato, e risulta “caratterizzata da patologie multiple (ipoevolutismo somatico, dismorfismi di varia natura, manifestazioni ematiche, respiratoria, gastrointestinali, otorinolaringoiatriche, disfunzioni a carico di vari organi e apparati) denunciate come presenti nella storia clinica del bambino, da una sintomatologia persistente o ricorrente (sepsi, diarree, febbri, crisi epilettiche, esami di laboratorio artatamente alterati, ecc.) raccontata dalla madre (più frequentemente) o dal padre e da un conseguente accanimento terapeutico, che non trova giustificazione clinica alcuna”.
“Di solito” prosegue il Prof. Fornari, “il bambino, che è accompagnato da diversi medici con frequenza eccessiva e immotivata e con richieste prescrittive e angoscianti da parte di un genitore erroneamente convinto che il proprio figlio sia malato, collude con il genitore e simula la malattia, i cui sintomi scompaiono quando il bambino è separato dal genitore che ‘fabbrica’ e ‘manipola’ la sua condizione di malattia”.
Cosa accade nelle separazioni cosiddette conflittuali4?
Il bambino, o la bambina, presenta dei comportamenti sessualizzati precoci, oppure confida alla madre di essere stato/a oggetto di attenzioni particolari da parte del padre.
La madre, preoccupata da tutto ciò, fa vedere il figlio, o la figlia, da uno psicologo o da un ginecologo per essere rassicurata su quanto ha osservato o le è stato rivelato.
A questo punto, da parte dei consulenti del padre, viene fatta la diagnosi di sindrome di Münchausen per procura con l’obiettivo di screditare il comportamento della madre, dimostrare che si tratta di un genitore patologico, inaffidabile. Naturalmente, quanto più vere sono le accuse dei figli tanto maggiore sarà l’accanimento del padre e dei suoi consulenti per screditare le accuse di abusi sessuali.
Il Prof. Fornari conclude scrivendo che “La storia clinica del minore è quindi il principale documento di cui deve entrare in possesso il consulente, prima di procedere nelle sue indagini e di formulare giudizi tanto pesanti quanto errati definendo come maltrattanti e patologici, e quindi non idonei nelle loro funzioni, certi genitori che tali non sono”.
Come procedono invece certi consulenti?
Avendo come unico obiettivo quello di difendere il padre pedofilo (cosa per la quale si fanno pagare a peso d’oro) devono in ogni modo screditare la testimonianza del minore; per cui, senza mai sottoporre a visita madre e bambino, senza conoscere la storia clinica, si lanciano in ardite ricostruzioni diagnostiche virtuali che incantano gli operatori del Diritto, soprattutto quando sostenute da una marea di titoli ostentati nella loro carta intestata, che occupano mezza pagina.
Di seguito un esempio emblematico.
In questa vicenda, che risale a qualche anno fa, c’era già stata una CTU che aveva escluso la presenza della PAS. Poiché occorreva screditare la testimonianza del minore il padre si rivolse a un consulente che senza visitare né la madre né il minore, si lanciò in questa e altre ardite diagnosi virtuali, per cui alla fine la madre si trovò appioppate oltre questa diagnosi anche quella di madre malevola5 e di genitore alienante, e il minore quella di PAS e di essere uno smemorato (cosiddetta amnesia infantile6).
2Fornari U (2015), Trattato di Psichiatria Forense. UTET Giuridica, Milano.
3APA (2014), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore.
4Come già detto e scritto più volte, vengono spacciate per conflittuali quelle separazioni coniugali che fanno seguito a violenza in famiglia o abusi sessuali incestuosi sui bambini.