Il mio primo caso

Quella che segue è la prima CTU in ambito separativo e di affidamento dei figli minori alla quale ho partecipato, come CTP della madre.

I figli minori sono tre, due maschietti e una femminuccia. La bambina era collocata dalla madre e rifiutava ogni rapporto con il padre; i due maschietti vivevano con il padre e la sua nuova compagna; non rifiutavano la relazione con la madre ma il padre vietava loro di avere rapporti con la madre. La CTU doveva rispondere ai motivi del rifiuto della bambina.

La bambina rifiutava la relazione con il padre accusandolo di abusi sessuali; il processo penale però si era concluso con l’assoluzione del padre perché la prova portata dalla madre (un filmato) venne ritenuta non genuina e quindi non utilizzabile nel processo; in seguito a ciò la madre venne denunciata per calunnia (1).

Come CTU erano incaricati uno psichiatra e uno psicologo.

LA MIA CTP

Preliminarmente si osserva che nel richiamare la documentazione in atti, i periti incaricati dal TdM di svolgere la CTU rispondendo ai quesiti posti dal Giudice, introducono in essa riferimenti a prove documentali, testimonianze, ecc, che, pur facendo parte del medesimo fascicolo processuale, non hanno attinenza con quanto in esame poiché trattasi di elementi probatori formatisi in occasione di altri procedimenti, sia civili sia penali, e che costituiscono verità processuale solo in quei procedimenti. Introdurli surrettiziamente, ovvero parzialmente, nel procedimento in essere porta al formarsi di pre-giudizi che rischiano di invalidare le operazioni peritali stesse.

La presente CTU, difatti, nasce dalla decisione assunta dal TdM in Camera di Consiglio in data …; nell’assumere la sua decisione il TdM aveva ovviamente contezza delle vicende giudiziarie precedenti, che non era il caso quindi di riprendere, più volte, nel corso della relazione di CTU. …

Un secondo preliminare rilievo riguarda la cosiddetta Sindrome da Alienazione Genitoriale, o Parentale (SAP, o PAS per gli autori americani), che dai CTU viene attribuita a XXX; questo disturbo non esiste nelle classificazioni internazionali dei disturbi mentali (DSM e ICD); questi due sistemi nosografici non sono il frutto del lavoro di un singolo ricercatore ma di migliaia di ricercatori in tutto il mondo e delle società scientifiche nazionali e internazionali, e per questi motivi sono utilizzati anche in ambito forense.

Il concetto di sindrome da alienazione genitoriale, pur in auge da una ventina d’anni circa, resta ancora solo un’ipotesi teorica che manca tuttora di validazione scientifica; l’unico studio che l’avrebbe validata è quello svolto da Gardner, che è lo stesso neuropsichiatra infantile (2) che l’ha proposta alla comunità scientifica; lo studio è basato su 16 citazioni bibliografiche delle quali 15 sono dello stesso Gardner, e pertanto è scopertamente autoreferenziale (questa è “pseudo-science”, secondo le parole di Paul Fink, Past-President della American Psychiatric Association, o addirittura junk-science – Carol S. Bruch, Parental Alienation Syndrome:Junk Science in Child Custody Determination, European Journal of Law Reform, vol 3, n 3).

Come già detto, questa cosiddetta “sindrome” non è compresa nelle classificazioni internazionali dei disturbi mentali (DSM e ICD); anche nei lavori preparatori per il prossimo DSM-V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione), che sono tuttora in corso, non ha ancora trovato una sua sistematizzazione, venendo relegata nell’appendice, tra le condizioni per le quali sono necessarie ulteriori ricerche; va aggiunto che, modernamente, l’inclusione di un fenomeno, o comportamento, o atteggiamento, in un sistema nosografico, e quindi la sua concettualizzazione come disturbo, o sindrome che dir si voglia, oltre all’esistenza di sintomi osservabili presuppone che gli stessi causino una sofferenza soggettiva ovvero un disagio “clinicamente significativo”, una compromissione del funzionamento psico-sociale a livello lavorativo, scolastico, della socializzazione, ecc. In assenza di ciò nessuno è legittimato a diagnosticare alcunché poiché significherebbe voler patologizzare ogni aspetto dell’esistenza umana.

Non è quindi il caso di prendere in considerazione una mera ipotesi priva di validità scientifica e che non ha ancora trovato ufficialità nella manualistica psichiatrica e neuropsichiatrica infantile corrente; ciò perché, in una questione di estrema delicatezza che può cambiare per sempre il destino dei minori coinvolti (e secondo alcuni autori causarne anche la morte, nel caso di modifica dell’affidamento), occorre procedere con estrema cautela e fornire al magistrato che dovrà giudicare elementi di certezza scientifica, o perlomeno di ragionevole certezza, e quindi riferimenti scientifici inoppugnabili, provenienti dalla nosografia ufficiale accettata dalla comunità scientifica internazionale.

Recentemente, nel marzo 2010, l’Associazione Spagnola di Neuropsichiatria si è pronunciata contro l’uso clinico e giudiziario della “cosiddetta Sindrome da Alienazione Parentale”, definita un “castillo en el aire” (castello in aria), documento allegato alla presente CTP. Le società scientifiche italiane non hanno ancora assunto una propria posizione su questa problematica e anche per questo andrebbe suggerita cautela, invocando solo quello che, oggi, è scientificamente acclarato.

Il sottoscritto, nominato CTP dall’Avv. …, ha partecipato a tutte le operazioni peritali a esclusione delle fasi di somministrazione dei test psicologici ai periziandi.

LA MADRE

In data … alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione della madre.

Si presenta al colloquio comprensibilmente tesa e ansiosa, tranquillizzandosi nel corso dello stesso. Riferisce i dati anamnestici.

Per nulla condivisibile è l’affermazione dei CTU che la madre “tenda a squalificare il comportamento dell’ex-convivente” (pag 28 della CTU) poiché ciò non risulta dal resoconto della seduta e quindi non si comprende su quali basi tale giudizio sia stato formulato; ovvero, nella CTU non vengono riportati frasi e/o comportamenti che possano avallare questa ipotetica squalifica del comportamento dell’ex-convivente da parte della madre; tale affermazione sembra essere una inferenza dei CTU non supportata dai dati obiettivi; una mera impressione soggettiva, e come tale di scarso valore scientifico.

Si riportano i dati salenti, come riferiti dalla medesima. …

IL PADRE

In data …, alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione del padre.

Si presenta al colloquio tranquillo e riferisce i dati anamnestici con notevole precisione e dettagli, anche in relazione alle date di certi eventi (l’impressione che se ne trae è quella di una buona lezione mandata a memoria). …

IL FIGLIO ULTIMOGENITO

In data …, alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione del minore.

Il ragazzo è vivace, spontaneo, pronto nelle risposte, con comportamento, nel corso dell’intervista, adeguato all’età cronologica. Circa la conflittualità genitoriale ricorda che “litigavano” sin da quando lui era piccolo, e mostra un certo distacco emotivo dal clima di conflittualità dei suoi genitori (“sono problemi loro”). Vorrebbe incontrare la sorellina, visto che sinora i loro colloqui si sono svolti nei tribunali.

Dal test somministrato (Tavole di Blacky) si evince un vissuto traumatico della sua separazione dalla madre (risposta alla tavola II); non è stata somministrata la tavola X.

IL FIGLIO PRIMOGENITO

In data …, alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione del minore.

Il ragazzo appare ipercontrollato, mostra una certa latenza nel rispondere alle domande (come se avesse necessità di elaborare la risposta che lui ritiene più corretta, temendo di sbagliare), rigido anche nella postura, poco spontaneo, come “ingessato” in un ruolo di “piccolo adulto” (che si è dato o che gli altri hanno deciso per lui e lui si è adeguato). Nel corso del colloquio emerge una certa labilità emotiva, espressa dall’incrinarsi della voce a tratti e dal distogliere lo sguardo dall’interlocutore, quando il discorso tocca la conflittualità genitoriale.

Significativa mi sembra la conclusione cui sono pervenuti i CTU, e cioè che il ragazzo “è adultizzato” e si avverte la presenza di un “falso Sé” (pag 40 della CTU).

LA FIGLIA, SECONDOGENITA

In data …, alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione della minore XXX.

In apertura si precisa che l’osservazione di XXX avrebbe dovuto avere luogo, come da calendario stabilito dai CTU, in data … alle ore …, ma che non avvenne poiché XXX, accompagnata dalla madre in auto dinanzi a …, ebbe un malessere, rappresentato ai CTU dal sottoscritto e verificato dall’Avv.ssa …, Curatore speciale dei minori.

Tale precisazione, forse superflua, si rende necessaria in quanto il padre colse l’occasione per l’ennesimo esposto al TdM, denunciando un presunto comportamento ostruzionistico della madre verso le operazioni peritali; cosa come si vede, da quanto sopra riportato, non corrispondente al vero, in quanto il malessere fisico di XXX era reale, verosimilmente da ansia somatizzata, e comparso nel momento in cui la ragazza doveva scendere dall’auto della madre per recarsi dai periti, cosa che probabilmente l’ha riportata ai traumi del passato per situazioni analoghe, temendo di essere staccata dalla madre.

La ragazza è vivace, spontanea e dopo i primi momenti di timore verso la situazione di osservazione, già da lei vissuta più volte, si apre e dialoga volentieri. È disponibile a incontrare i fratelli ma non vuole incontrare il padre, chiudendosi improvvisamente quando si parla del padre; non fornisce spiegazioni e nessuno ritiene di chiederle il perché, vedendo il profondo turbamento che presenta.

Dal test somministrato (Tavole di Blacky) emerge che il suo ideale dell’io e oggetto d’amore è la madre (risposta alla tavola XI); anche in questo caso non è stata somministrata la tavola X.

MINORI CON LA MADRE

In data …, alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione dei tre minori con la madre.

L’imbarazzo iniziale è superato dalla madre, che chiede ai due figli maschi di poterli abbracciare e baciare, ottenendo però un rifiuto dal primogenito, al quale l’ultimogenito si accoda passivamente. L‘impressione è che l’ultimogenito si faccia influenzare dal primogenito. Successivamente la madre chiede al primogenito notizie sulla sua vita, sulla scuola, le amicizie, gli interessi; il primogenito risponde, correttamente ma con una certa freddezza.

Segue una interazione tra XXX e il primogenito, nel corso della quale XXX si dice risentita per il contenuto di alcune mail che il fratello le ha inviato.

La madre si informa anche dall’ultimogenito sulla sua vita.

Si parla poi dell’imminente compleanno di XXX e il CTU suggerisce che XXX inviti alla sua festa i fratelli, cosa che viene gradita dai tre fratelli e dalla madre.

Alla fine dell’incontro i due maschietti abbracciano la madre (i CTU scrivono “si lasciano abbracciare dalla madre” ma è scontato che chi si lascia abbracciare abbraccia a sua volta).

MINORI CON IL PADRE

In data …, alle ore …, presso …, si è svolta l’osservazione dei tre minori con il padre.

L’incontro si è svolto solo con il padre e i due figli maschi, … e …, per il rifiuto di XXX, nonostante le insistenze della madre e i tentativi di convincerla esperiti dai presenti (il sottoscritto e l’Avv. …, l’Avv.ssa – curatore della minore – e infine il CTU), di incontrare il padre.

Nel corso dell’incontro il Dr …, consulente di parte del padre, ha chiesto se conoscevamo i motivi di questo rifiuto di XXX e il padre gli ha risposto che “XXX non vuole vedermi perché è convinta che io l’abbia violentata”. Questo discorso non ha avuto seguito, e l’incontro si è concluso dopo breve tempo.

Gli accertamenti peritali effettuati consentono una risposta ai quesiti posti dal Tribunale.

1) Valutazione del livello di sviluppo emotivo, cognitivo e comportamentale conseguito dai minori in rapporto all’età cronologica.

Sulla scorta delle risultanze dell’esame clinico e dei test effettuati, il livello di sviluppo emotivo, cognitivo e comportamentale conseguito dai minori in rapporto all’età cronologica può ritenersi adeguato.

Qualche riserva potrebbe intravedersi per il primogenito, che è “adultizzato” e con “falso sé” secondo l’espressione usata dai CTU. Tale concetto esprimerebbe una qualche criticità nello sviluppo affettivo e comportamentale del primogenito, che potrebbe richiedere uno specifico intervento psicologico, o forse solo un minor carico di responsabilità da parte del padre e l’introiezione di una figura materna amorevole, cosa che evidentemente non ha trovato nell’attuale contesto familiare.

2) Valutazione della capacità dei minori di esprimere libere propensioni per l’uno o per l’altro genitore (ed in caso positivo indicare quale) in relazione al grado di sviluppo raggiunto dai minori e sul piano affettivo.

I minori, sia pure con i condizionamenti per la situazione di conflittualità genitoriale, che permane tuttora, mostrano di saper esprimere libere propensioni per la convivenza con l’uno o l’altro genitore; in particolare i due maschietti, pur non avendolo espressamente affermato, mostrano maggiore propensione per la convivenza con il padre, mentre XXX è molto legata alla madre e mostra esclusiva propensione per la convivenza con la madre.

3) Valutazione del senso di appartenenza dei minori nei confronti di uno dei due contesti sociali frequentati.

La risposa al quesito n° 3 ricalca quella al quesito precedente: i due maschietti mostrano maggiore senso di appartenenza al contesto sociale rappresentato dal padre e dalla famiglia allargata; XXX mostra spiccato ed esclusivo senso di appartenenza al contesto sociale rappresentato dalla madre.

L’interazione fra i minori alla festa di compleanno di XXX ha mostrato che i due maschietti non disdegnano la partecipazione al contesto sociale della sorellina.

4) Valutazione della percezione che i minori hanno di sé e dei loro genitori conviventi.

L’impressione che si può trarre dalle operazioni peritali è che i minori abbiano una buona percezione di sé e dei loro genitori conviventi.

5) Valutazione degli eventuali elementi di anomalia nei rapporti con le figure adulte conviventi specie per quanto concerne il ruolo dei genitori.

L’unico elemento di anomalia riscontrato concerne il rapporto del primogenito con il padre; quel suo essere “adultizzato” secondo l’espressione usata dai CTU, e il “falso sé” farebbero pensare a qualche problema educativo che ha influenzato negativamente il ragazzo; ma poiché lo stesso si è mostrato capace, in contesti di tipo ludico-edonistico (festa di compleanno di XXX) di saper dismettere questa maschera, tale aspetto non riveste caratteri francamente patologici.

Non condivisibile è l’affermazione dei CTU di una “collusione” di XXX e della madre contro il padre, poiché ciò non emerge in nessun punto delle operazioni peritali svolte. Né è condivisibile la tautologia che sembra guidare questa deduzione: “se non vuoi vedere tuo padre è perché sei collusa con tua madre contro di lui”.

6) Valutazione in entrambi i genitori degli atteggiamenti affettivi ed educativi nei confronti dei minori, evidenziando eventuali messaggi espliciti o anche impliciti (3) che gli stessi possano inviare ai figli con riguardo al genitore assente.

Gli unici messaggi espliciti inviati ai figli da un genitore con riguardo al genitore assente si leggono nelle mail del primogenito a XXX, fortemente denigratori verso la madre; poiché il primogenito ha mostrato nei fatti di non pensare quelle cose della madre (abbracciandola alla fine dell’incontro, partecipando entusiasta alle festa di compleanno di XXX, ove era presente la madre, dialogando con la madre e chiedendole di poter andare in vacanza con lei) è chiaro che il contenuto di quelle mail non è farina del suo sacco ma di qualcuno che conosceva in dettaglio le vicende processuali della madre e che fosse in grado di indurre il primogenito a scriverle.

7) Valutazione della personalità di entrambi i genitori mettendo in evidenza:

7.1) le rispettive capacità educative relativamente a ciascun figlio in riferimento all’acquisizione di regole, abitudini, norme;

7.2) la progettualità di costruzione familiare di ognuno e le corrispondenti capacità di garantire il benessere psichico dei minori.

Dall’insieme delle operazioni peritali svolte (inchieste e test mentali) emergono buone capacità educative di ciascun genitore verso ciascun figlio convivente, in riferimento all’acquisizione di regole, abitudini, norme.

Una qualche criticità deve rilevarsi nel processo educativo del primogenito da parte del padre, alla luce della denigrazione manifestata da quest’ultimo verso la madre, nelle mail inviate a XXX, come già evidenziato al punto precedente. Questa strumentalizzazione da parte del padre del figlio primogenito è negativa per il processo educativo di quest’ultimo, poiché potrebbe portarlo a formarsi idee errate sul rapporto con la madre, o con le figure femminili in genere. Pur tuttavia, tali atteggiamenti non raggiungono livelli patologici, e le buone capacità di resilienza del primogenito (durante la festa di compleanno di XXX) mostrano che è capace di “lasciarsi andare”, ovvero di dismettere l’abito di piccolo adulto e ritornare ragazzo, ritrovando il suo vero sé. Il rafforzamento del legame con la sorellina porterebbe il primogenito a superare le sue difficoltà affettive contingenti.

Per quanto concerne il quesito 7.2 qualche riserva va espressa sulla capacità del padre di garantire il benessere psichico dei minori, visto che il primogenito viene diagnosticato dai CTU come “minore adultizzato” e con un “falso sé”; queste due situazioni rilevate nel ragazzo sono sicuramente conseguenza di errori educativi, e non testimoniano certo uno stato di benessere psichico.

Altra riserva riguarda la capacità del padre di assicurare benessere psichico a XXX, visto che sinora, con l’esecuzione forzata, ha causato a XXX solo grave sofferenza psichica espressa dagli stati d’ansia, crisi di panico e somatizzazioni.

8) Valutazione dei comportamenti personali della minore XXX, stabilendo se costei manifesti indici rilevatori del disagio lamentato nel corso dell’esecuzione del provvedimento di affidamento al padre.

Quel che si è osservato è che ogni volta che si è prospettata a XXX l’eventualità di incontrare il padre, la piccola ha presentato uno stato di acuto malessere, inquadrabile come crisi di panico (rossore in viso, sofferenza soggettiva, somatizzazione addominale). Né durante l’osservazione di XXX da sola, né nell’incontro con la madre e i fratelli, né durante la somministrazione del test (Tavole di Blacky) che avrebbe potuto slatentizzare problematiche psicologiche di una qualche natura, XXX ha presentato disagio; anzi ha affrontato tali situazioni senza problemi. Durante la sua festa di compleanno è stata felicissima per la presenza dei fratelli, socializzando con loro.

L’unica condizione di disagio compare quando XXX deve confrontarsi con il padre.

I CTU, seguendo l’ipotesi di Gardner, hanno parlato a tale proposito di sindrome di alienazione parentale; senza ripetere cose già dette in apertura su questa fantomatica entità, scorrendo il resoconto delle operazioni peritali, si scopre che nel suo esame è stato proprio il padre a parlare per primo di questa ipotetica sindrome, affermando che XXX soffre di “sindrome da alienazione paterna e fraterna”. Diagnosi, questa del padre, ben singolare, visto che è stata fatta a distanza (lui stesso ha affermato che non vede XXX da qualche anno); come si possa diagnosticare una qualche cosa ad una persona che non si vede da tempo mi risulta ben strano, se vogliamo seguire una metodologia clinica oggettiva.

Diagnosi che, oltretutto, potrebbe specularmente essere formulata anche per i due figli maschi (anzi nel caso del primogenito sarebbe ancora più plausibile vista l’aperta denigrazione della madre emersa dalle mail, che è proprio uno dei “sintomi” di questa sindrome), e che sarebbe riuscita più agevole avendo i due “pazienti” con sé ogni giorno e quindi potendo osservarli nel loro comportamento.

Ma, come già detto in apertura, questa sindrome è inesistente, per la psichiatria ufficiale italiana e mondiale, per cui meglio lasciar perdere; ciò che esiste invece, presente nella manualistica psichiatrica corrente, è lo stato fobico di XXX.

Stato fobico di XXX verso la situazione di convivenza, o addirittura di solo incontro, con il padre, inquadrabile come “Fobia Specifica, Tipo Situazionale”, secondo il DSM-IV (Codice F40.2).

Così il DSM-IV definisce la Fobia Specifica:

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica essenziale della Fobia Specifica è la paura marcata e persistente di oggetti o situazioni chiaramente discernibili, circoscritte (Criterio A). L’esposizione allo stimolo fobico provoca quasi invariabilmente un’immediata risposta ansiosa (Criterio B). Questa risposta può prendere la forma di un Attacco di Panico causato dalla situazione o sensibile alla situazione. Mentre gli adolescenti e gli adulti con questo disturbo riconoscono che questa paura è eccessiva o irragionevole (Criterio C), questo può non essere il caso nei bambini. …(4).

Esaminando la storia personale di XXX emerge che la fobia verso il padre risale al …, quando XXX, che all’epoca aveva 3 anni, cominciò a non voler più andare a visitare il padre, cosa che faceva in precedenza ogni 15 giorni, come da disposizione del TdM. Da quell’epoca il padre ritenne di dover agire per ottenere l’affidamento esclusivo di XXX, arrivando, nel …, al provvedimento di esecuzione forzata della consegna di XXX, addirittura con l’ausilio di un ufficiale giudiziario.

Come si sono svolti i fatti è ben noto a codesto spett.le Tribunale; osservo solo che il comportamento del padre non pare, allo scrivente, quello di un padre amorevole che voglia riconquistare l’amore della figlia ma, piuttosto, quello di un creditore che attraverso l’ufficiale giudiziario vuole rientrare in possesso di un suo bene materiale, non rendendosi conto che tale modo di procedere non fa altro che aggravare la fobia di XXX nei suoi confronti.

La ragazza è fortemente traumatizzata dalla vicenda, ormai ha … anni e ha consapevolezza che il comportamento del padre nei suoi confronti esprime volontà di possesso più che amore, e la cosa la spaventa ancora di più. Credo sia oltremodo necessario seguire le indicazioni degli operatori del Consultorio di … sulla opportunità di “ripristinare gradualmente il rapporto con il padre e i fratelli”, evitando atti di forza che traumatizzerebbero ancora di più la bambina.

XXX è una ragazza di .. anni, sveglia, vivace, socievole, che frequenta con profitto la Scuola Media di primo grado a …, promossa con buoni voti dalla prima alla seconda media, curata nella persona e nell’abbigliamento, che vive da circa otto anni con la madre; staccarla ora dalla madre, dalle sue amichette e dai suoi amichetti, dai suoi giocattoli, dalla sua stanzetta, dalle sue abitudini, dalla sua scuola e dai suoi insegnanti e costringerla a vivere in un nuovo paese, in una nuova famiglia, con gente che non ha mai conosciuto (la moglie del padre e il figlio adulto di lei), con un genere di vita completamente nuovo e diverso avrebbe un’influenza negativa sul suo sviluppo psico-fisico e sulla sua personalità, potendo anche innescare processi psicotici di una certa gravità.

Le operazioni peritali svolte hanno confermato l’esistenza di una conflittualità genitoriale probabilmente insanabile, dalla quale i minori, ciascuno secondo le proprie caratteristiche di personalità, si sono in qualche modo tirati fuori, sia pur con qualche strascico di inevitabile invischiamento.

Il sottosistema “figli”, pertanto, sembra avere trovato un suo equilibrio che sarebbe opportuno non perturbare, da parte dei genitori, con richieste pressanti.

Circa il riavvicinamento dei minori al genitore non affidatario sembra allo scrivente opportuno non forzare la volontà degli stessi e, ove s’incontrino rifiuti netti (come nel caso di XXX), procedere con la necessaria gradualità, eventualmente con l’ausilio degli operatori delle strutture pubbliche territorialmente competenti (Consultorio di …).

Penso che i genitori debbano considerare che il loro diritto-dovere alla genitorialità deve contemperarsi con le istanze dei figli, nel rispetto dei principi contenuti nelle convenzioni internazionali sui diritti del fanciullo – segnatamente quella di New York (1989) e quella di Strasburgo (1996) – le quali sanciscono che “il minore deve considerarsi un soggetto di diritto autonomo, portatore di istanze personali a cui deve essere data voce”.

Una nota, come dire, di colore.

Quando mi venne trasmessa la bozza della CTU per le controdeduzioni, la madre era letteralmente terrorizzata per la frase ‘sindrome di alienazione genitoriale’; io non ne sapevo nulla ma lei temeva che la figlia potesse essere collocata in una comunità per minori. Mi chiese di rinunciare alla CTP e che avrebbe consultato un altro psichiatra, docente universitario, per le controdeduzioni alla CTU.

Mi ritelefonò dopo qualche giorno chiedendomi di assumere nuovamente l’incarico; il ‘professore’ le aveva chiesto 500 euro per ascoltarla e poi seimila (!!) euro per la relazione contro la PAS.

Nel frattempo mi ero documentato per cui fui in grado di controdedurre, come sopra riportato.

Il suo avvocato utilizzò la mia relazione per il ricorso in Cassazione avverso il decreto della Corte di Appello di prelievo coatto della bambina; la Cassazione annullò tutti gli atti, compreso l’attuale procedimento al Tribunale dei minori, e rinviò ad altra Corte di Appello.

La vicenda ebbe quindi un seguito nella nuova Corte di Appello, ove fui nuovamente CTP per la madre. Eccone uno stralcio.

____________________________________

La presente CTU scaturisce dal rinvio operato dalla suprema Corte di Cassazione …

I quesiti posti dal tribunale ai CCTTUU nell’udienza dell’… sono stati i seguenti: …

Le operazioni di CTU sono iniziate il giorno … presso lo Studio dei CCTTUU in … con l’incontro col padre e i due maschietti, … e …, e proseguite il giorno … presso la medesima sede con l’incontro con la madre e la minore XXX.

Pur sostanzialmente condividendo l’osservazione dei CCTTUU della riproposizione in questa sede delle “medesime dinamiche, atteggiamenti e posizioni già rilevati nel precedente accertamento” non si concorda (pag. 8) con il riportato “disagio emotivo” di XXX poiché non viene precisato che tale disagio della minore è in relazione solo e unicamente al prospettato riavvicinamento al padre e non si manifesta in altre circostanze.

XXX è ormai una adolescente di … anni (a breve) che frequenta con profitto la scuola media, capace di esprimere la sua volontà senza condizionamenti di sorta. Nel corso delle operazioni di CCTTUU si è potuto osservare come la ragazza risponda alle domande in maniera diretta, guardando in viso l’interlocutore; ha espresso con chiarezza i motivi per cui non vuole incontrare il padre e le sue risposte paiono genuine. È apparsa, in questo suo interloquire, molto più matura rispetto alla CTU del … quando era inibita dall’ansia.

Voler dare a questo atteggiamento di XXX il nome di alienazione parentale è, a mio parere, una forzatura visto che il concetto di alienazione presuppone una manipolazione psicologica della quale, nel caso in oggetto, non vi è prova alcuna (sulla presunta natura di “malattia” di questo concetto non mi dilungo rinviando a quanto in appendice).

In merito alle conclusioni si condividono quelle espresse dai CCTTUU.

Alla fine della vicenda, la bambina è rimasta con la madre. Ormai è adulta, serena e felice.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. Qui una sintesi: http://www.andreamazzeo.it/docu/Bianca.pdf
  2. All’epoca non sapevo nulla di Gardner, in vari blog veniva presentato come psichiatra infantile; solo in seguito ho saputo che non era specialista né in neuropsichiatria infantile, né in psichiatria, né tanto meno in medicina legale. Svolgeva l’attività medico-legale in quanto ufficiale medico dell’esercito americano, in congedo.
  3. Annotazione aggiunta attualmente: come è possibile individuare gli eventuali messaggi impliciti, come oggettivarli, come rappresentarli in tribunale visto che in tribunale devono essere portate prove concrete e oggettive e non ipotesi su cose non obiettivabili? Questo è un esempio dell’eccessiva psicologizzazione di questi procedimenti.
  4. Nella relazione riportai per intero il paragrafo del DSM-IV sulla fobia specifica, cosa che ho omesso per non appesantire il testo. All’epoca, come già detto, non sapevo proprio nulla di questa PAS e pervenni a quella ipotesi nel tentativo di dare una spiegazione al comportamento della bambina. Un confronto con la D.ssa Sonia Vaccaro che aveva scritto il libro sulla PAS – El pretendido Síndrome de Alienaçion Parental. Un instrumento que perpetúa el maltrato y la violencia -, insieme alla D.ssa Consuelo Barea Payueta, mi chiarì che non si trattava di fobia vera e propria ma della conseguenza del trauma e quindi inquadrabile nei disturbi post-traumatici da stress. Non conoscevo ancora bene questo libro, avevo l’edizione spagnola ma la mia conoscenza dello spagnolo era approssimativa e non lo avevo letto per intero. Il DSM-IV riportava, già da allora, che uno dei criteri diagnostici (o sintomi) per il riconoscimento del disturbo post-traumatico da stress, è proprio il provare “sentimenti di distacco e di estraneità verso gli altri”; ovvero ciò che gli psicologi giuridici chiamano alienazione. “Feeling of detachment or estrangement from others” nell’originale inglese (pag. 428); estrangement è la parola che ritornerà poi in seguito, malamente tradotta con alienazione, per sostenere che l’alienazione parentale sia descritta nel DSM-5.

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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