IL CRITERIO DELL’ACCESSO È UN CESSO DI CRITERIO

Cosa significa criterio dell’accesso?
Significa che sarebbe un buon genitore quello che, dopo la separazione coniugale, favorisce l’accesso dei figli all’altro genitore; cosiddetto friendly parent.
Naturalmente, nei casi di separazioni ‘tranquille’, non causate da violenza in famiglia o abusi sessuali sui figli minori, questo problema non si pone.
Diviene un problema, il cosiddeto accesso all’altro genitore, quando quest’ultimo sia un violento o un pedofilo.

I questi casi da parte dei figli c’è l’ovvio rifiuto di frequentare o anche semplicemente di telefonare, relazionarsi con il genitore che ha usato violenza, su di loro stessi o sul genitore col quale preferiscono convivere, o addirittura ha compiuto abusi sessuali sugli stessi figli.
Naturalmente, in questi casi si mobilita tutto il circo equestre della psicologia giuridica con le ben note ‘chiacchiere’, nel senso di Heidegger, (PAS alienazione parentale, disturbo relazionale, problema relazionale, piripacchio, ecc.) finalizzate a screditare la testimonianza del minore.

Ed ecco che si inventano quest’altra boiata: il criterio dell’accesso per valutare la responsabilità genitoriale.
Ma può mai il genitore cha ha subito violenza assieme a suo figlio, il genitore al quale il figlio ha confidato di aver subito abusi sessuali dall’altro genitore, facilitare l’accesso del figlio a questo genitore, costringere il figlio, che si rifiuta, di relazionarsi comunque con l’altro genitore perché alcuni parrucconi, senz’arte né parte, hanno deciso che dev’essere così?
Questa è follia pura e semplice.

Ma al di là della mia opinione, riporto quanto scritto da una giurista statunitense, Margaret Dore, che è stata anche giudice della Corte Suprema dello Stato di Washington.

Margaret K. Dore, The “Friendly Parent” Concept: Anything But Friendly, Washington StateBar Association, Newsletter della sezione di diritto di famiglia, autunno 2001: «Il concetto di genitore amichevole espone i bambini a un rischio maggiore di abuso, violenza e abbandono da parte di un genitore. Questo perché un genitore che solleva queste preoccupazioni può essere percepito come “ostile” per giustificare un cambio di affidamento, ad esempio, al genitore abusivo, violento o negligente. Con una posta in gioco così alta, i genitori con queste preoccupazioni possono scegliere di rinunciare a rivelarle… Il concetto di genitore amichevole ha quindi un effetto agghiacciante su questioni che mettono a rischio i bambini. Ostacola la protezione dei bambini».

Dore, Margaret K. (2004), The “Friendly Parent” Concept: A Flawed Factor for Child Custody, Loyola Journal of Public Interest Law, 6, 41-56: «A un attento esame, il concetto di genitore amichevole presenta un paradosso. Questo perché in una controversia per l’affidamento dei figli, i genitori sono in causa l’uno contro l’altro. Lo scopo di questo contenzioso è togliere l’affidamento all’altro genitore, che per definizione non favorisce il rapporto dell’altro genitore con il figlio. Il concetto di genitore amichevole, tuttavia, richiede che i genitori dimostrino il contrario, che “molto probabilmente promuoveranno … il rapporto dell’altro genitore con il bambino”. Con questa contraddizione intrinseca, i risultati di un’analisi amichevole dei genitori sono imprevedibili e, a volte, bizzarri. Il concetto di genitore amichevole incoraggia anche controversie e conflitti tra genitori; rende i genitori incapaci di proteggere se stessi e i propri figli da abusi, violenze e negligenze da parte dell’altro genitore. A causa di questi problemi, questo articolo sostiene che il concetto di genitore amichevole dovrebbe essere eliminato dalla pratica della custodia dei figli e che le disposizioni legali esistenti sui genitori amichevoli dovrebbero essere abrogate o ribaltate giudizialmente».

Lavori, rispettivamente del 2001 e del 2004; Venti anni fa!!C’è bisogno di aggiungere altro? La riproposizone di questo concetto, quello di friendly parent, oggi (ved. recenti indicazioni per le CTU firmate a Milano), già criticato oltre vent’anni fa dalla comunità scientifica internazionale e cancellato dalle normative degli Stati che l’avevano adottato, dà l’idea dell’arretratezza culturale e scientifica in cui versa il Diritto minorile e della famiglia in Italia, fermo all’età della clava, contro donne e bambini. Prima con la PAS, poi alienazione parentale, poi disturbo/problema relazionale, poi distribuito nella pagine del DSM-5 in forma di spirito, poi piripacchio, ecc.

E ci sono pure alcuni di questi soggetti che hanno il coraggio di ritenersi parte della comunità scientifica. Ma di quale comunità scientifica, quella dell’uomo di Neanderthal?

Solo degli scriteriati possono oggi riproporre il criterio dell’accesso.

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