Un primo parere

Riporto adesso un parere che mi venne richiesto dalla madre dei minori (due ragazzi di 16 anni).

La CTU si era già svolta e a carico della madre era stata fatta la diagnosi di PAS; la madre temeva quindi conseguenze negative, e cioè un collocamento in una comunità per minori dei suoi figli in seguito a questa diagnosi.

Uno di quei casi in cui pur essendo palese l’incapacità genitoriale del padre dei due ragazzi, il CTU ha voluto penalizzare la madre con questa diagnosi, colludendo con la CTP del padre.

I quesiti posti dal Giudice sono stati i seguenti:

Dica il CTU, esaminati gli atti di causa, valutata la personalità dei genitori nonché dei minori, anche alla luce delle specifiche accuse, quale sia la attuale situazione dei minori e la relazione con ciascun genitore, nonché la capacità dei bambini di rapportarsi con la realtà, di conoscerla, di ricordarla nella mente e di rappresentarla con le parole.

Dica inoltre quale siano le competenze genitoriali sia del padre sia della madre, quale il regime di affidamento più adatto ai bambini al fine di garantire agli stessi una sana ed equilibrata crescita psico-fisica, quale la collocazione più idonea e la modalità di frequentazione con il genitore eventualmente non affidatario e non collocatario, indicando altresì se e quali interventi di supporto ai genitori ed ai minori siano necessari a tutela di quest’ultimi.

Corre l’obbligo preliminare, da parte dello scrivente, di far osservare a codesto spett.le Tribunale che la cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale (PAS) lungi dall’essere una patologia acclarata e unanimemente accettata dalla comunità scientifica è, al contrario, un concetto molto controverso che non ha ancora un riconoscimento ufficiale nelle classificazioni internazionali delle malattie. Un giudizio che basato su concetti estranei alla scienza ufficiale è pertanto viziato a priori.

Non credo che un tribunale civile baserebbe un giudizio, es. in cause di lavoro o di interdizione, su malattie che non siano comprese nelle classificazioni ufficiali; men che meno in sede penale si procederebbe per la non imputabilità dell’autore di reato basata su malattie non previste dalla scienza ufficiale. Non si comprende pertanto perché, in questa sede, si debba tirare in ballo una presunta malattia che non esiste nelle classificazioni ufficiali dei disturbi mentali, né nel DSM, classificazione dell’Associazione Americana di Psichiatria, né nell’ICD, classificazione della Organizzazione Mondiale di Sanità.

Qualsiasi accenno a tale presunta sindrome è privo quindi di qualsivoglia valore scientifico, per i motivi suesposti.

Si tratta pertanto di un mero parere personale del CTU espresso su un suo personale pre-giudizio formulato sulla scorta di un ragionamento tautologico (“se un figlio esprime il rifiuto di vedere un genitore lo fa perché è stato manipolato dall’altro genitore”).

Non avendo conoscenza di prima mano dei fatti per cui è causa e delle persone coinvolte, non sono ovviamente in condizioni di esprimere una valutazione su questa presunta manipolazione psicologica dei minore da parte della madre; ma se così fosse, ovvero se si abbia il fondato sospetto che la madre ha messo in atto comportamenti manipolatori nei confronti dei figli minori, ciò integra il reato di maltrattamento psicologico. Reato sul quale deve essere chiamato ad esprimersi il Giudice Penale in un regolare processo con diritto della madre a difendersi da questa accusa.

Come è possibile difendersi dall’accusa di avere una malattia, la PAS, peraltro inesistente per la scienza ufficiale? Come è possibile difendersi dall’accusa di avere provocato la stessa malattia inesistente nei figli minori?

Praticamente il CTU, sulla scorta della sua autorevolezza, sostiene la presenza nella madre e nei minori di una malattia inesistente, non assumendosi minimamente l’onere di provare la scientificità di quel che esprime e lasciando l’onere alla controparte di dimostrare che tale malattia non esiste.

Francamente è un po’ troppo; davvero questo modo di procedere è un insulto all’intelligenza di chi legge e forse anche oltraggioso verso il Tribunale al quale il tecnico, in veste di CTU, ma anche di CTP o comunque di consulente di una delle parti in causa, ha l’obbligo di fornire dati scientifici certi, riconosciuti e riconoscibili, con elementi che consentano al Magistrato di potere con facilità risalire alle fonti originarie citate (es. nel caso di riferimento a malattie il medico ha l’obbligo di indicare accanto al nome della malattia anche il relativo codice nosologico, come da classificazione internazionale delle malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – classificazione ICD – o, se si vuole, del DSM per i disturbi psichiatrici, dato che le codifiche dei due sistemi nosografici internazionali sono sovrapponibili).

È questa la prassi corrente nella medicina legale e nella psichiatria forense; omettere questo codice potrebbe configurarsi come negligenza; citare malattie sprovviste di questo codice, e cioè non classificate, potrebbe configurarsi come imperizia, potendo addirittura rappresentare, a parere dello scrivente, oltraggio al Tribunale; oltraggio perché si cerca di spacciare per vero ciò che vero non è, rendendo in tal modo un pessimo servizio alla Giustizia.

Si tratta di aspetti formali ma non dimentichiamo che nel diritto la forma è sostanza; altrimenti non ci troviamo più nel solco del diritto ma in quello dell’arbitrio (come scrive Remo Bodei, in latino l’atto di andare fuori del solco si chiama de lira – Bodei R, Le logiche del delirio, Ed. Laterza, 2002).

Su questa presunta malattia vi è ampia e recente letteratura internazionale, giuridica e psichiatrica, che ne dimostra l’insussistenza e la pericolosità quando utilizzata nei processi di affidamento dei minori; si citano a titolo di esempio:

A) Bruch C, Parental Alienation Syndrome: Junk Science in Child Custody Determination, 3 European J L. Reform 383, 2001.

B) Bruch C, Parental Alienation Syndrome and Parental Alienation: Getting It Wrong in Child Custody Cases, 35 Family Law Quaterly 527, 2001. http://www.law.ucdavis.edu/faculty/Bruch/files/fam353_06_Bruch_527_552.pdf

C) Bruch C, Parental Alienation Syndrome and Alienated Children: Getting It Wrong in Child Custody Cases, 14 Child & Family Law Quarterly 381, 2002. http://www.law.ucdavis.edu/faculty/Bruch/files/bruch.pdf

D) Rivera Ragland E & Fields H, Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know Part 1 of 2, Update – NDAA’s American Prosecutors Research Institute – Volume 16, Number 6, 2003. http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no6.html (1)

E) Rivera Ragland E & Fields H, Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know Part 2 of 2, Update NDAA’s American Prosecutors Research Institute – Volume 16, Number 7, 2003. http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no7.html (2)

F) Bruch C, Sound Research or Wishful Thinking in Child Custody Cases? Lessons from Relocation Law, 40 Family Law Quarterly 281, 2006. http://www.law.ucdavis.edu/faculty/Bruch/files/BruchFLQSummer06.pdf

G) Hoult J, The Evidentiary Admissibility of Parental Alienation Syndrome: Science, Law, and Policy Children’s, Legal Rights Journal, 26, N° 1, Spring 2006. http://www.leadershipcouncil.org/docs/Hoult.pdf

H) Escudero A, Aguilar Redo L, de la Cruz LeivaL, La lógica del Síndrome de Alienación Parental de Gardner (SAP): terapia de la amenaza, Rev. Asoc. Esp. Neuropsiq. v. 28 n. 2, Madrid 2008. http://www.thelizlibrary.org/liz/Escudero-on-PAS.rtf e http://scielo.isciii.es/scielo.php?pid=S0211-57352008000200004&script=sci_arttext&tlng=es

I) Vaccaro S e Barea Payueta C, El pretendido Síndrome de Alienación Parental: un instrumento que perpetua el maltrato y la violéncia, Ed. Desclée Brower, Bilbao, 2009 (La presunta sindrome di Alienazione Genitoriale: uno strumento che perpetua il maltrattamento e la violenza, EdIt, Firenze, 2011).

J) Asociación Española de Neuropsiquiatría, Declaración en contra del uso clínico y legal del llamado Síndrome de Alienación Parental, marzo 2010. http://www.aen.es/docs/Pronunciamiento_SAP.pdf (3)

K) Mazzeo A, La Sindrome Di Alienazione Parentale (PAS): realtà clinica o argomento retorico?, Osservatorio per la Psicologia nei Media, 2011. http://www.osservatoriopsicologia.com/2011/01/29/la-sindrome-di-alienazione-genitoriale-pas/

A ulteriore disconferma della PAS e dei presunti danni psicologici che essa provocherebbe nei minori, si cita un lavoro del 2005 che ha confrontato un gruppo di minori cui era stata diagnostica la PAS con un gruppo di minori senza questa diagnosi; il lavoro dimostra in maniera inequivocabile che i minori cui, nei contesti separativi, viene diagnosticata la cosiddetta PAS non presentano ai test danni psicologici maggiori di quelli causati dalla stessa separazione genitoriale (Lavadera Lubrano A, Marasco M: La sindrome di alienazione genitoriale nelle consulenze tecniche d’ufficio: uno studio pilota. Maltrattamento e abuso all’infanzia, Vol 7, n. 3, dicembre 2005):

In entrambi i gruppi si evidenzia una condizione di disagio psichico per i minori coinvolti, senza differenziazioni tra i minori con PAS e quelli senza PAS (x2=.38; df=1; a=.538; N=43). Questo dato sembrerebbe indicare che la PAS non produce effetti più “dannosi” rispetto a quelle prodotti generalmente nei casi di separazione/divorzio conflittuali: in entrambe le situazioni il minore presenta una condizione di rischio evolutivo, relativo all’essere coinvolto in dinamiche conflittuali.

Ma se una cosa non provoca danni continuiamo a chiamarla malattia? Esistono malattie che non provocano danni? Non mi risulta.

E comunque, al di là delle controversie scientifiche, resta il dato insormontabile del non riconoscimento internazionale della PAS e della sua assenza nelle classificazioni, e quindi della sua non utilizzabilità in Tribunale.

Alla luce delle considerazioni su esposte occorre pertanto, anche e non solo per via delle considerazioni del Dr Gardner favorevoli alla pedofilia, più volte da lui espresse nei suoi scritti e da lui mai smentite essendosi limitato ad affermare in qualche intervista di essere stato frainteso (come si possano poi fraintendere affermazioni dal tenore inequivocabile quali: “il bambino deve essere aiutato ad apprezzare che noi abbiamo, nella nostra società, un atteggiamento esageratamente punitivo e moralistico, riguardo agli incontri sessuali adulto-bambino” o “[I bambini abusati sessualmente] si possono considerati fortunati per avere avuto un genitore che ha donato loro una tale gratificazione”, davvero non saprei), occorre, dicevo, che dalla CTU vengano espunti tutti i riferimenti alla falsa malattia chiamata PAS.

Occorre ripartire dai fatti nudi e crudi così come si presentano, senza interpretazioni forzose:

A pag. 9, nel riportare l’esame della madre, il CTU scrive che i due ex-coniugi, dopo che la donna è rimasta incinta, “Hanno deciso di sposarsi anche per le pressioni familiari”.

A pag. 17, nel riportare l’esame del padre, scrive invece che “Hanno deciso di sposarsi di comune accordo”.

Come si vede le due versioni sono stridenti, contraddittorie, né il CTU si sforza di comprendere il perché di questi due punti di vista radicalmente opposti; aderisce in maniera pedissequa alla visione edulcorata che ne dà il padre senza compiere il minimo sforzo di comprendere la realtà dei rapporti all’interno della coppia prima e dopo il matrimonio.

Ciò conferma il pregiudizio del CTU nei confronti della madre.

Ovviamente, a distanza di 15 anni dai fatti riportati è difficile averne un’idea realistica, ma circostanze oggettive possono consentire una ricostruzione che si avvicini alla realtà.

Il sig. … conosce la sig.a …nel …, durante un suo viaggio all’estero; inizia la frequentazione e, verosimilmente, la sig.a … rimane incinta nell’… del … (e non “durante le vacanze del …” come riferito dal sig. … – pag. 17 – il padre viveva in Italia, la madre nel suo paese) visto che i due gemelli sono nati nel … … con un mese di anticipo (normalmente le gravidanze hanno una durata di 9 mesi; il fatto di avere datato l’inizio della gravidanza a un’epoca anteriore dimostra quanto grande fosse l’interesse del sig. … per la sua compagna).

Il matrimonio viene celebrato nell’… del …, a distanza cioè di ben 4 mesi dall’inizio della gravidanza; ciò porta a pensare più che a un comune accordo (in tal caso il matrimonio si sarebbe celebrato prima e non a pochi mesi dal parto) alla veridicità di quanto riferito dalla sig.a … circa le pressioni familiari per giungere al matrimonio.

Né il CTU mostra minimamente di cogliere le sfumature che si leggono tra le righe di quanto riferito nel corso delle operazioni peritali sia dalla sig.a … sia dal sig. … in merito alla gravidanza e al parto.

Si legge infatti (…) “Il padre ha visto per la prima volta i figli quando avevano un mese di vita … Poi è rientrato in Italia non vedendoli per altri sei mesi” (pag. 10) e il sig. … “spiega di non essere potuto partire subito per via del lavoro anche se ‘ho cercato di fare il possibile’” (pag. 18).

Francamente desta sconcerto il comportamento di questo padre che pur in presenza di una gravidanza difficile della moglie (pag. 10) tanto che il parto avviene prematuramente, non solo non si reca mai a trovare la moglie durante la gravidanza della stessa, ma nemmeno trova il tempo per una telefonata ogni tanto (pag. 10), e quando la moglie partorisce nemmeno si reca a trovarla, sostenerla durante il parto, ma addirittura va a visitare i figli gemelli dopo un mese dalla loro nascita. Ma che comportamento di padre è mai questo?

E desta ancora più sconcerto l’adesione acritica del CTU a queste affermazioni del padre, l’incapacità di cogliere, come già detto, ciò che si legge tra le righe della narrazione del sig. …, e cioè il suo totale disinteresse per la moglie e per i figli, tanto che pur sapendo di una gravidanza difficile non solo non si precipita a trovarla per avere notizie del suo stato di salute ma nemmeno trova il tempo per una telefonata ogni tanto, per farle sapere che lui esiste ancora (credo non sia nemmeno il caso di osservare che se un uomo ama una donna, la madre dei suoi futuri figli, le telefona ogni giorno per avere notizie del suo stato di salute e di come procede la gravidanza); né addirittura, al momento della nascita dei figli, che per ogni padre è un momento di immensa felicità, trova il tempo per prendersi qualche giorno di permesso dal lavoro e stare vicino alla moglie per condividere quei momenti unici e irripetibili, nella vita di una persona, rappresentati dalla nascita di un figlio.

Non solo, ma pur avendo presente il quadro chiaro di questo disinteresse del sig. … verso i figli e la loro madre, pur in presenza di un test di Rorschach della madre sostanzialmente normale (“Unico indice psicopatologico positivo è il DEPI=5 che mette in luce una attuale situazione di tristezza e malessere” – lo scrive lo stesso CTU a pag. 13, prime due righe) al contrario di quello del padre che presenta molteplici criticità:

La lettura del protocollo mette in luce la presenza di difficoltà nella gestione della sfera interpersonale (CDI=5) che si correlano a un problema di natura affettiva (DEPI=6). Si rileva, dunque, una immaturità … vulnerabilità verso i problemi quotidiani e una marcata incapacità nell’instaurare relazioni mature e durature nel tempo. Questa problematicità nel creare e mantenere effettive e gratificanti relazioni interpersonali genera un problema a livello affettivo, che è connotato da vissuti di insicurezza nel fronteggiare le relazioni con gli altri e i diversi aspetti della vita … È probabile, dunque, che il signor … fatichi a comprendere in maniera adeguata le persone e non consideri in maniera positiva i legami sociali per cui tende a rimanere in disparte durante le interazioni di gruppo, non partecipandovi in maniera attiva … A livello affettivo si osserva una condizione di squilibrio e tensione. Non si tratta di un disturbo affettivo cronico, ma di una tendenza a cambiare umore ed emozioni … Si ritiene, infatti, che il signor … si senta molto a disagio quando ha a che fare con le emozioni e gli affetti … Emerge una chiara difficoltà nelle relazioni con l’altro, espressione non di timidezza, come potrebbe sembrare, bensì di slabbrature che riguardano il proprio Sé” – pagg 20 e 21.

Il CTU non si astiene dall’etichettare spregiativamente la madre come aggressiva (pag. 15), irruenta (pag. 12), svalutante (pag. 15); francamente più che comportamento da CTU questo sembra allo scrivente il comportamento del secondo CTP del padre.

Senza eccessivamente dilungarmi nell’ulteriore analisi di questa CTU, rilevo solo che nelle conclusioni il CTU non ha tenuto affatto conto di quanto emerso durante le operazioni peritali, in particolare dalla somministrazione dei test di personalità. Ora, o i test si fanno per poi tenerne conto al momento delle conclusioni, altrimenti rappresentano solo un orpello inutile, una cornice barocca con la quale impreziosire il quadro all’interno del quale si disegna a mano libera oppure secondo i propri pre-giudizi.

Tale pare infatti allo scrivente la conclusione sull’esistenza della cosiddetta PAS (pag. 42); pur richiamando integralmente la propria contrarietà, espressa in apertura, all’uso di questo concetto ampiamente screditato dalla letteratura specialistica più recente, il sottoscritto non può mancare di far rilevare l’assoluta incongruenza tra quanto espletato in sede di operazioni peritali (colloqui clinici, test psicologici, ecc) e le conclusioni.

In nessun punto della relazione di CTU viene esaminato il caso come un caso di PAS, in nessun punto della relazione di CTU vengono discussi i cosiddetti otto sintomi della PAS che sia il CTU sia la CTP del padre dovrebbero ben conoscere essendo fervidi ‘sostenitori’ della PAS (i quali cosiddetti ‘sintomi’ comunque sintomi non sono ma solo descrizioni obiettive di comportamenti, poiché i sintomi in medicina sono manifestazioni soggettive di sofferenza).

Per quanto abbia esaminato la relazione di CTU in lungo e in largo, in nessun punto della stessa ho trovato l’analisi dei cosiddetti otto sintomi; e senza l’analisi di quelli che dovrebbero essere i sintomi o i segni di una malattia in che modo si può concludere per l’esistenza di tale malattia?

Tale diagnosi sta a questa CTU come i classici cavoli a merenda.

Non è questo il modo di procedere della medicina, non è questo il modo di giungere a formulare un giudizio diagnostico!

Tali conclusioni sono frutto, purtroppo, di un pregiudizio in base al quale ogni volta che i figli rifiutano il rapporto col padre è perché sono ammalati di PAS insieme alla madre (o viceversa); in virtù di tale pregiudizio le conclusioni sono già scritte prima ancora di dare avvio alle operazioni peritali le quali hanno la funzione, come già detto, di rappresentare la cornice barocca che impreziosisce la crosta che si vuole spacciare per un quadro di valore.

Ma al di là delle considerazioni su esposte vi è un dato oggettivo che il CTU non ha tenuto nel debito conto; una maggiore attenzione avrebbe evitato alla madre e ai suoi figli tante sofferenze provocate loro da questa CTU.

Nella sua costituzione nel processo dal quale è scaturita la CTU la madre non si è opposta alla frequentazione dei figli da parte del padre ma ha chiesto “L’introduzione della frequentazione dei minori col padre solo previa CTU e in modo graduale e protetto”; ciò perché, memore dei precedenti atteggiamenti del padre verso i figli, ha voluto proteggerli mediante l’intervento di specialisti che mediassero tra il padre e i figli.

Non è certo questo il comportamento di una madre che ha manipolato i figli mettendoli contro il padre, o li ha alienati secondo la terminologia gardneriana; la madre ‘alienante’ si oppone ad ogni frequentazione dei figli col padre e come si vede non è certo questo il comportamento tenuto dalla sig.a ….

Ma c’è un ulteriore elemento che induce a pensare non solo a comportamenti di colpa grave del CTU (per negligenza e imperizia) ma addirittura a un comportamento doloso laddove, nella replica alle affermazione sulla PAS del Dr …, CTP della madre, si lascia trascinare dall’entusiasmo sino ad affermare che a breve la PAS sarà compresa nella futura classificazione del DSM-V.

Il CTU sa benissimo, o perlomeno dovrebbe sapere e se non lo sa ha il dovere di essere aggiornato, che la pubblicazione del DSM-V è prevista per il 2013 e che quindi non è affatto “a breve”; ma, cosa ancora più grave, nella bozza del futuro DSM-V, disponibile per la consultazione gratuita in internet sul sito della Associazione Americana di Psichiatria, la cosiddetta PAS, ribattezzata PAD (Parental Alienation Disorder), non è affatto presa in considerazione come patologia ma è relegata nell’appendice, come “condizione proposta da fonti esterne e in attesa di ulteriori studi”.

Il CTU dichiara quindi il falso quando afferma che è imminente il riconoscimento della PAS da parte degli estensori del DSM.

I due ragazzi sono rimasti con la madre, sono ormai adulti alle soglie della laurea.

NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

  1. Il sito è stato aggiornato e il documento non è più reperibile; sono riuscito trovarlo sul webarchive e attualmente si trova a questo link: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/update-16-6.pdf
  2. C.s.: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/update-16-7.pdf
  3. C.s.: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/aen_sap.pdf

(Dal testo “Contro la PAS e l’alienazione parentale – Consulenze e pareri tecnici)

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